Alexis de Tocqueville, Uno Sguardo Realista e Dubbioso sulla Sicilia / di Emanuele Gentile
Nota biografica su Alexis de Tocqueville
Dopo aver
introdotto i più importanti viaggiatori francesi del Settecento e Ottocento nonché alcuni aspetti essenziali per capire meglio il loro
profilo psicologico; è il momento di conoscere Alexis de Tocqueville. In questo capitolo presento una
corposa nota biografica sul pensatore francese, mentre il prossimo è incentrato
sull’analisi degli Extraits du Voyage en Sicile.
Alexis de Tocqueville nacque a Verneuil, presso Parigi, nel 1805 e morì a Cannes nel 1859.
Era di origini aristocratiche, con la famiglia paterna
di origine normanna e la madre nipote del magistrato Malesherbes,
difensore di Luigi XVIII davanti alla convenzione. Con l’avvento del Terrore, i
genitori di Tocqueville vennero arrestati nel 1793 e liberati in seguito alla caduta di Robespierre. Nel 1820
le letture di Montesquieu, Voltaire, Rousseau e Buffon provenienti
dalla biblioteca paterna instaurarono in lui quello che più tardi definì dubbio
universale, che lo portò a prendere coscienza dell’anacronismo dei valori in
cui era cresciuto e a
focalizzare la sua analisi sul tramonto dell’aristocrazia e sull’avvento della
democrazia.
Il debutto professionale avviene verso la fine del secondo decennio del
secolo e con il passare
degli anni Alexis de Toqueville assumere incarichi sempre più prestigiosi in seno alla
pubblica amministrazione francese.
Divenuto
magistrato nel 1827, nel 1831 venne mandato negli
Stati Uniti a studiarvi il sistema penitenziario. Tornato in Francia nel 1832,
alla fine del 1833 iniziò la stesura de La democrazia in America, che venne pubblicata nel gennaio del 1835 dall’editore Gosselin. Nel 1838 venne eletto
all’accademia delle scienze morali
e politiche e lavorò
alla stesura della seconda parte de La democrazia in America, che uscirà
nell’aprile del 1840; nel 1839 venne eletto deputato nel collegio di Valognes. Alla camera sedette tra i banchi della sinistra
dinastica, in opposizione ai liberali di destra di Guizot,
conservatori e collusi con i
ceti possidenti, e all’opposizione centrista di Thiers,
la cui condotta era improntata al più bieco trasformismo. Ma l’opposizione più
dura era diretta verso l’astratto rivoluzionarismo di repubblicani e
democratici, le cui posizioni potevano preludere a
svolte autoritarie.
Nel contempo il pensatore francese sviluppa una fitta rete di conoscenze
all’estero.
Intanto si intensificavano i rapporti con John Stuart Mill e il 23 aprile
del 1848 venne eletto all’Assemblea Costituente, dopo che il 27 gennaio dellostesso anno aveva lanciato un accorato grido d’allarme
sulle incombenti minacce di una rivoluzione sociale a causa del divieto
governativo di tenere un banchetto e a seguito del quale venne proclamata
la Repubblica. Quella
rivoluzione scoppiò infatti poco più tardi, il 22
febbraio.
Tuttavia, la malattia inizia a svilupparsi costringendo Tocqueville a trasferirsi in Italia.
In
seguito ai primi segni di tubercolosi, si trasferì a Sorrento nel 1850 e vi
rimase fino al 1851, data in cui fece rientro in Francia, impegnandosi nella
commissione parlamentare per la revisione della
Costituzione, allo scopo di evitare un colpo di mano di Luigi Napoleone, allo
scadere del suo mandato parlamentare non rinnovabile. Ma il 2 dicembre dello
stesso anno Luigi Napoleone mise in atto
un colpo di Stato, sciogliendo il parlamento e facendo arrestare numerosi
deputati fra cui anche Tocqueville che rimarrà in
prigione per due giorni.
L’ascesa di Luigi Napoleone è avversata da Tocqueville che pone in essere comportamenti di netto rifiuto nei confronti del nuovo
regime.
Nel
1852 si dimise da Consigliere Generale della Manica per evitare di prestare
giuramento al nuovo
regime. La preoccupazione per l’involuzione in
atto gli fece indirizzare i suoi sforzi verso l’analisi
storica, in particolare sul nesso tra Rivoluzione francese e dispotismo napoleonico,
ma, col procedere dei suoi studi intuì che la chiave della comprensione di entrambi i fenomeni andava cercata nella struttura dell’Ancièn Regime e
fu così che nel 1854 Tocqueville dette inizio alla
stesura de l’Ancièn Regime e la Rivoluzione che vedrà la luce nel 1856 e
che rimase, però, incompiuto.
Inizia la fase finale della
sua vita.
Nel
1858, a causa
dell’aggravarsi della malattia, gli venne consigliato
un periodo di soggiorno al sud e fu così che il 28 ottobre partì con la moglie
per Cannes, dove fu assistito dai familiari e dagli amici più cari. Qui morì il
16 aprile del 1859, confortato dalla religione, che visse con profonda
esperienza spirituale.
L’aspetto centrale del pensiero di Tocqueville si fonda sull’analisi della democrazia di massa, di cui egli denuncia
contraddizioni e pericoli, il maggiore dei quali si identifica
nella tirannia della maggioranza che si differenzia dalle tirannie antiche in
quanto agisce sullo spirito e non sul corpo, non
usa la forza fisica ma l’emarginazione. Da quanto è scritto
su La Democrazia in America si evince che il pericolo
del dominio assoluto della maggioranza è insito nell’essenza stessa dei governi
democratici, poiché nelle democrazie non vi può essere nulla che possa
resistere fuori dalla maggioranza. Tocqueville diceva
che: "… l’impero morale della maggioranza si fonda, in parte, sull’idea
che vi sia più cultura e più saggezza in molti uomini riuniti che in uno solo, nel numero, più che nella
qualità dei legislatori”. La rivoluzione democratica in Francia quindi ha
inciso soltanto sull’assetto materiale della società, senza che si verificasse, nelle leggi, nelle idee, nelle abitudini e
nei costumi, quel cambiamento necessario per dare alla rivoluzione un carattere
utile e positivo. La mancata sostituzione del potere regio con le leggi si
accompagnava a un mutato atteggiamento del popolo
verso l’autorità; non più rispettata come in passato, ma disprezzata e temuta
come non mai.
Profetiche appaiono alcune delle considerazioni di Tocqueville in relazione all’avvento della democrazia di massa.
Persino
l’accorciarsi delle distanze tra povero e ricco, dovuta alla divisione delle
fortune, sembrava aver dato a entrambi più motivi per
odiarsi, poiché i poveri continuavano a conservare i pregiudizi e l’ignoranza
dei loro avi, ma non la loro fede e la loro virtù. Inoltre, nella società
aristocratica del passato, fondata sullo status, il fatto che l’individuo
occupasse per tutta la vita la medesima posizione lo
portava ad accettare anche le più vistose disuguaglianze, ma il confondersi dei
ranghi e la caduta di ogni barriera sociale acuiscono l’inquietudine del cuore
e l’invidia verso chi, partendo da eguali condizioni, ottiene più successo del
proprio vicino. Tali sentimenti Tocqueville li riscontrò anche negli Stati Uniti, benché lì avessero
compiuto grandi e felici sforzi per far fronte a tali debolezze mediante le
loro leggi municipali, che trattenevano in una sfera ristretta l’inquieta
ambizione dei cittadini e volgevano a profitto comune le stesse passioni democratiche
che avrebbero potuto rovesciare lo Stato.
Tra le novità che lo colpirono durante la sua esperienza americana vi fu quella dell’uguaglianza delle condizioni e
del suo estendersi oltre la vita politica e le leggi. In essa Tocqueville vide la forza generatrice di ogni fatto
particolare e fu proprio da questa intuizione che trasse spunto per quella che
sarebbe diventata la sua opera principale: La democrazia in America. Tocqueville attraverso lo studio e l’analisi della società
americana delinea alcune considerazioni fondamentali sugli assetti delle
società contemporanee.
La
passione per l’eguaglianza sembrava spingere gli abitanti d’oltreoceano a voler essere tutti egualmente forti e stimati, ad elevare i piccoli al rango dei
grandi. Ma ciò che egli temeva, riguardo dell’uguaglianza, era quel gusto
depravato per essa che porta i deboli a voler
degradare i forti al loro livello e che riduce gli uomini a preferire
l’eguaglianza nella schiavitù alla disuguaglianza nella libertà. E al venir meno d’ogni legame tra loro, sia questo di casta,
di classe, di corporazione e di famiglia, gli uomini ricevono un prepotente
impulso a non preoccuparsi che di se
stessi e dei loro interessi particolari e a rinchiudersi in
un gretto individualismo, dove ogni virtù pubblica è destinata a perire. Senza libertà, anche la democrazia rischia di avere gli stessi
effetti del dispotismo, il quale spoglia i cittadini d’ogni passione comune e d’ogni mutuo bisogno, sopprime qualunque necessità di vicendevole
comprensione e spegne qualunque occasione d’agire di concerto, murando così i
cittadini nella loro vita privata, isolandoli ulteriormente l’uno dall’altro.
Solo la libertà e lo spirito d’associazione possono sottrarre i cittadini
all’isolamento dovuto alle loro stesse condizioni di vita, per costringerli a
riaccostarsi l’uno all’altro
e per strapparli alle meschine faccende giornaliere dei loro affari privati. Tocqueville sosteneva che "Dovunque, dove alla testa
di una nuova iniziativa vedete, in Francia il governo
e in Inghilterra un gran signore, state sicuri di vedere negli Stati Uniti
un’associazione. Le società democratiche, ma non libere, possono essere ricche,
raffinate, piene di buoni padri di famiglia e onesti commercianti, ma ciò che
non si vedrà mai in queste società sono i grandi cittadini e, soprattutto, un grande popolo. Il comune livello delle menti e degli animi
non s’arresterà mai, nel suo abbassamento, fino a che
l’uguaglianza e il dispotismo andranno insieme congiunti.
Ma ai sostenitori del dispotismo Tocqueville disse che "se la democrazia non esegue ogni sua impresa con la stessa
perfezione del dispotismo illuminato, a lungo andare,
però, produce di più; fa meno bene ogni cosa, ma fa più cose. Sotto il regime
democratico è grande non ciò che l’amministrazione pubblica esegue, ma ciò che
si fa senza e al di fuori di essa. Se il fine principale di un governo non è di dare al corpo intero della nazione la
maggior forza o la maggior gloria possibile, ma di procurare a ciascuno degli
individui che lo compongono il maggior benessere sociale e di evitargli la
maggior miseria possibile, allora uguagliate le condizioni e stabilite il governo della
democrazia”
Tocqueville attribuiva particolare importanza
alla religione, sottolineando la necessità di credere
per l’uomo moderno, perché altrimenti "il dubbio si impadronisce delle più
alte sfere dell’intelligenza e paralizza in gran parte le altre",
infiacchendo gli animi e preparando così i cittadini alla servitù. L’esperienza
americana mostrò come la minor potenza ridusse la religione alle sue sole
forze, ma rese la sua influenza più duratura, poiché "Quando una religione
cerca di fondare il suo regno soltanto sul desiderio d’immortalità, che
tormenta il cuore di tutti gli uomini, può aspirare all’universalità; ma quando
si unisce a un governo, deve adottare delle massime
applicabili solo a certi popoli. Così, alleandosi con il potere politico, la
religione aumenta il suo potere su alcuni e perde la speranza di regnare su
tutti". Inoltre, ispirando sentimenti diametralmente opposti all’amore
smisurato per i piaceri materiali, la religione "pone i desideri umani al
di là e al di sopra dei beni terreni, elevando l’anima
verso regioni superiori a quelle dei sensi" e impone all’individuo doveri verso
la specie umana, allontanandolo così, di tanto in tanto, dalla contemplazione
di se stesso. Non è certo tenero nei
confronti della rivoluzione francese esprimendosi al riguardo con termini
decisi e definitivi.
L’altro
aspetto fondamentale del pensiero di Tocqueville fu
la critica alla rivoluzione francese e alla filosofia settecentesca da cui
scaturì, asserendo che molti aspetti di questa erano frutto di quell’ancièn regime che la rivoluzione spazzò via.
Secondo Tocqueville, la rivoluzione ha lasciato
immutate molte più cose di quanto si creda e una di
queste, particolarmente importante, era l’accentramento amministrativo. Se
l’accentramento del potere politico è fondamentale per la conservazione di uno
Stato, quello amministrativo "non serve ad altro
che a snervare i popoli che vi si sottomettono, perché tende incessantemente a
diminuire in loro lo spirito di cittadinanza.
Illuminanti alcune riflessioni sulla differenza fra la
Francia e l’Inghilettera.
Nel
caso della Francia ciò fu particolarmente grave in
quanto, diversamente dall’Inghilterra che fondava le sue istituzioni politiche
sul self-government, il processo di accentramento amministrativo spogliò
l’aristocrazia di ogni responsabilità, riducendola, a differenza di quella
inglese, a un ceto puramente parassitario dal punto di vista economico e
totalmente irresponsabile sotto l’aspetto politico. Dopodiché creò una casta di intellettuali privi di ogni responsabilità amministrativa
e dediti unicamente alla speculazione, in modo che la loro totale mancanza di
contatto con le difficoltà pratiche del mondo reale rendesse il loro spirito
dogmatico e intollerante, così come lo furono lo spirito della rivoluzione e
del successivo Terrore.
E’ inoltre un luogo comune quello della rivoluzione scoppiata in un
momento di crisi economica; anzi, l’economia era in una fase talmente espansiva
che offrì la possibilità a un gran numero di contadini
di diventare proprietari, così che una volta divenuti tali scontarono sulla
propria pelle il parassitismo di certe classi, come la nobiltà e il clero, per
il mantenimento delle quali dovevano pagare imposte, balzelli e gabelle di ogni
tipo.
Altre caratteristiche della rivoluzione francese furono la sua
irreligiosità e la voglia di far tabula rasa di tutto, facendo scempio di ogni tradizione, e non è un caso che in Francia, con
l’attenuarsi degli echi violenti della stessa rivoluzione, lo spirito religioso
sia via via rifiorito.
Purtroppo, a Tocqueville toccò il ruolo di cassandra del XIX secolo, naturalmente inascoltato come tutte le cassandre di ogni epoca, ma
tra i suoi lasciti, potremmo eleggere a simbolo questa frase tratta da La
democrazia in America: "Le nazioni moderne non possono evitare che le
condizioni diventino uguali; ma dipende da loro che l’eguaglianza le porti alla
schiavitù o alla libertà, alla civiltà o alla barbarie, alla prosperità o alla
miseria”
Contesto
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Alexis de Tocqueville, Uno Sguardo Realista e Dubbioso sulla Sicilia, di Emanuele Gentile
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