Alexis de Tocqueville, Uno Sguardo Realista e Dubbioso sulla Sicilia / di Emanuele Gentile
Hélène Tuzet e il
mondo dei viaggiatori in Sicilia
Per conoscere meglio il mondo del Grand Tour in riferimento alla
Sicilia, la consultazione dei libri pubblicati da Hélène Tuzet è d’obbligo; e
per due ordini di motivi: la completezza dell’analisi del fenomeno e la felice
descrizione della Sicilia a cavallo fra Illuminismo e Romanticismo. Infatti,
queste opere letterarie sono da considerarsi autentici livres de chevet indicando procedure metodologiche di ricerca inappuntabili ed esaustive.
I libri in questione sono La
Sicile au XVIII siècle vue par les voyageurs étrangers del 1955 e Voyageurs français en Sicile au temps du Romantisme (1802-1848) del
1945. La mole di informazioni presenti è tale che il loro utilizzo in seno
alla presente Tesi va sviluppato in maniera da renderle compatibili con
l’oggetto della medesima. In fin dei conti noi vogliamo capire cosa accomuna e
non Alexis de Toqueville con gli altri viaggiatori, sia essi antecedenti o
coevi.
Premetto di esser conscio che gli iniziatori del Grand Tour in Sicilia sono stati
il prussiano Barone di Riedesel e l’inglese Patrick Brydone, tuttavia
preferisco trattare esclusivamente dei viaggiatori francesi con l’intento di
sviluppare una lavoro meno dispersivo.
Un
precursore
Padre Labat
Un precursore assoluto è Padre Labat che la Tuzet definisce monaco
e filibustiere. Solo nel secolo scorso
abbiamo avuto contezza di questa particolare figura di viaggiatore grazie ad
una raccolta di brani tratti dai suoi Viaggi in Spagna
e in Italia, pubblicata nel
1927 da A.T. Serstevens.
Jean Baptiste Labat nasce nel 1663 e dopo diciannove anni diventa monaco
benedettino. Tuttavia non è proprio incline ad una predicazione metropolita ed
inizia subito a viaggiare nei Carabi. In quei luoghi si fa notare non per
conversioni effettuate, ma per un insieme di attività economiche e turbolente
al tempo stesso. Dopo dodici anni di intense avventure caraibiche ritorna in
Europa e nel 1705 intraprende il suo primo viaggio
in Italia, mentre è in Sicilia nel 1711. Dopo il 1716
rientra definitivamente in Francia e trascorre gli ultimi anni della sua vita all’insegna
della tranquillità. In contrasto con gli anni più giovanili. Proprio in questi
anni di pace assoluta inizia a pubblicare libri a ricordo dei suoi viaggi.
E’ un viaggiatore particolare nel senso che sviluppa il suo senso di
osservazione in base a
precisi immagini che vengono rielaborate con un’innata vena romanzesca, ma non
falsificando la realtà.
Infatti, comprende subito la realtà siciliana rimanendo basito dal fatto
che gli assassinii rimangono impuniti oppure dalla facilità con cui i doganieri
si lasciano corrompere od ancora dalle pesanti colpe degli ordini monacensi. Al
tempo stesso è un incredibile descrittore di cibi, la Tuzet indica come
fotografa la Melogena, oppure di persone. In pochi e felici tratti
riesce a sviluppare un’immagine quasi fotografica della realtà che lo circonda.
Interessante, inoltre, la sua descrizione delle Chiese di Messina utilizzate
quasi fossero centri di socialità aperti alle esigenza della città.
Un viaggiatore, in sintesi, per nulla disposto ad un’elaborazione pittoresca
e grottesca della Sicilia, ma, anzi, capace di sentire i sentimenti della
nostra Terra e elaborarli con felice prosa.
Il
Settecento
Roland de la Platiere
Capo girondino, Roland de
la Platiere nasce nel 1732 a
Villefrance vicino Lione. Appena diciannovenne lascia la casa paterna ed inizia
a girovagare per tutta la Francia lavorando, fra gli altri, a Nantes e Rouen.
Nel corso della Rivoluzione Francese, e cioè dodici anni dopo il suo viaggio in Sicilia, ricopre il ruolo di
ispettore al Commercio e delle Manifatture nella circoscrizione di Lione, viene
eletto alla Municipalità ed in seguito diviene deputato alla Costituente al
fine di rendere nota la pesante situazione lavorativa di quella città ove
ventimila persone non hanno un lavoro.
Tra il 1776 e il 1778,
Roland de la Platiere effettua un lungo viaggio di studi che doveva avere come
termine il matrimonio con Manon Jeanne Philipon. Proprio la corrispondenza fra
il de la Platiere e la
sua futura moglie costituì la base del suo diario di viaggio avente come titolo Lettere scritte dalla Svizzera, dall’Italia, dalla Sicilia e da Malta pubblicato in Amsterdam nel 1780. Alla Sicilia è dedicato una parte del secondo
volume e tutto il
terzo.
Il viaggio siciliano si
svolge massimamente lungo le coste e si accentra sui porti. Dall’analisi dei
suoi scritti sulla Sicilia possiamo cogliere alcune note caratteristiche della
sua indole. Infatti, nelle lettere alla sua amata si dilettava nella
composizione di versi in italiano, ma è anche un gaudente in quanto a de la
Platiere piace il buon vivere. Si interessa di tutto e di tutti; e non perde nessuna
occasione per analizzare un dettaglio o tratteggiare una persona che ha
incontrato.
Tuttavia, il suo spirito di
osservazione non si limita a cose leggere, ma anche alla descrizione di
attività lavorative. Gli alveari del siracusano, oppure la fabbricazione della
seta nei dintorni di Catania. Ogni aspetto della vita quotidiana trova nel
viaggiatore francese un occhio ben più che predisposto alla raccolta di impressioni
e alla sua analisi.
Il senso del suo viaggio lo
si comprende appieno allorquando scrive un’invocazione durante una tempesta
dove rende a se stesso un particolare omaggio in virtù di tutto quello che ha
sopportato e degli aspetti discordanti del proprio essere. Senza dubbio una
personalità davvero complessa.
Gli artisti: Vivant
Denon e l’abate di Saint-Non
Con Vivant Denon e l’abate
di Saint-Non la magniloquenza settecentesca è al massimo dello splendore. I due
notissimi artisti francesi hanno espresso con una vita avventurosa e piena di
eventi, la grandezza di quel secolo così facondo per le sorti del genere umano.
Denon e l’abate di Saint-Non si sono lasciati travolgere da un tourbillon di
viaggi, esperienze e fatti che ne hanno reso attori di primo rango e
codificatori di alcuni tratti caratteristici.
Analizzare la biografia di
queste due forti personalità è davvero avere il polso di quel secolo. Vivant
Denon porta in scena a ventidue anni una piece teatrale intitolata Julie o
il Buon Padre! Ma allo stesso tempo diventa incisore per madame di
Pompadour ed è incaricato di missione in Svezia e Russia. Pubblica libri sulle
sue impressioni di viaggio in Egitto ed è disegnatore di prima vaglia. Non da
meno l’abate di Saint-Non. E’ consulente di Diritto al Parlamento. A Roma
stringe amicizia con importanti pittori coevi. Pubblica libri di acquerelli che
ottengono grandissimo successo in Francia. Intrattiene una corrispondenza
piuttosto aspra con Rousseau. A Napoli si offre ostaggio al posto dell’amico
pittore Robert. Destina metà del suo beneficio ecclesiastico di 8.000 lire
all’Assemblea Nazionale. In breve, due personalità che hanno vissuto il loro
secolo in ogni suo aspetto e testimoni attendibili di esso.
Proprio il diario che Denon
andava redigendo sul suo viaggio in
Sicilia e che inviava a puntate all’abate di Saint-Non, marca
la nascita del c.d. Viaggio Pittoresco. Che cosa si intende per Viaggio
Pittoresco? Essenzialmente un diario di viaggio ove la parte visiva (cioè
le illustrazioni) hanno un peso molto importante rispetto alla parte testuale.
In quel periodo abbiamo altri che sviluppano diari pittorici dei viaggi che
fanno. Mi riferisco a Despres o a Chatelet. Anche se con fortune ben inferiori
ai succitati maestri.
Quale Sicilia traspare
dalle illustrazioni di Denon e dell’abate di Saint-Non? E’ la Sicilia dell’arte
e dei paesaggi. Quel particolare tipo di Sicilia che avrebbe stregato i
viaggiatori in visita alla nostra terra. Paesaggi e luoghi mozzafiato. Location che hanno fatto la fortuna della nostra terra. Le rovine di Segesta, la Conca
d’Oro, Pantalica, Agrigento, l’Etna e la lista p davvero senza fine. E con
alcune innovazioni gustose come quelle di sviluppare su illustrazioni di rovine
immagini ricavate dalle leggende greche oppure ambientando situazioni di vita
quotidiana. Non solo questo… Illustrazioni della vita di ogni giorno
descrivendo luoghi reali e presenti dove rappresentare ciò che succede nel
presente. La vita nelle città, le arti e i mestieri, i mezzi di trasporto, le
coltivazioni. Un altro aspetto sono le feste, uno degli aspetti che più hanno
contribuito a creare quell’alone di leggenda attorno alla Sicilia. Feste pagane oppure religiose. Feste in città o in campagna.
L’immagine come miglior
modo di trasferire in altri paesi europei la vera realtà della Sicilia.
Modalità per rendere la Sicilia molto più vicina in senso geografico poiché
raggiungerla e visitarla comportava spesso parecchio tempo e fatiche non di
poco conto.
Jean Houel
Senza dubbio il viaggiatore
francese ad esser rimasto più a lungo nella nostra terra. Infatti, restò in Sicilia per ben 4 anni, mentre i
suoi diari furono il frutto di un’elaborazione durata 6 anni! Jean Houel nasce
nel 1735 a Rouen
da una famiglia di artisti. Nel 1769 parte per Roma con una licenza di
ammissione per l’Accademia di Francia. Invaghitosi dell’Italia cerca qualsiasi
pretesto per far durare la sua permanenza in Italia. Dopo sette anni finalmente
giunge in Sicilia
grazie ad una gratifica del governo di 300 lire torinesi. Da quel momento in
poi la Sicilia diventa una terra che non ha misteri.
Il titolo esatto del suo
diario di viaggio è lungo, ma bisogna citarlo in quanto è uno straordinario
compendio del significato del viaggio: Viaggio pittoresco nelle isole di
Sicilia, Malta e Lipari, dove si parla delle antichità che ancora vi si
trovano, dei principali fenomeni della natura, dei costumi degli abitanti e di
alcune usanze. Di importanza evidente una frase della prefazione:
“Descriverò, come viaggiatore, il governo, gli usi e i costumi della Sicilia;
come artista presenterò nelle stampe tutti i monumenti che mi sono sembrati
interessati e rari”. E si tratta di un’opera davvero imponente in quanto alla
Sicilia vi sono dedicati ben 4 tomi.
Sintetizzare la Sicilia di Jean Houel
è impresa ardua poiché nel corso di quattro anni egli è riuscito a fotografare
come mai prima d’ora, e forse dopo, la nostra terra. Si occupa di storie di
stregoni e tradizioni pagane molto presenti nella Sicilia di allora. Si divaga
a descrivere dal punto di vista pittorico una terra di pastori e paesaggi
infiniti. E’ un vero viaggiatore pieno di curiosità tanto da addentrasi in una
grotta pericolosa a Sciacca, ma è anche generoso e predisposto a forte
sensibilità quando si tratta di descrivere la condizione delle popolazioni. Ma
tutto entra nel suo raggio di osservazione: l’acqua di cui la Sicilia è terra
faconda, le antichità, la fatica degli uomini che lavorano, le feste e
parecchio altro. Di particolare pregio le sue minuziose descrizione delle
incisioni che andava avvicinando ed osservando.
Jean Houel rimane il
miglior esempio di come ottime capacità testuali possano convivere con un
innato senso alle arti figurative. Senza dubbio uno dei migliori viaggiatori
francesi per qualità e quantità di frutti. La Sicilia ha avuto in questo vero
artista un vero e proprio ambasciatore capace di far diventare la Sicilia una
metà d’obbligo per i viaggiatori che avessero voluto visitare l’Italia o l’area
del Mediterraneo.
Deodat Dolomieu
E’ grazie ad un libro
datato 1921 che abbiamo notizie di questo insigne viaggiatore francese. Deodat
Dolomieu nasce nel 1750 da una nobile famiglia del Delfinato. Si arruola
giovanissimo nell’esercito francese dove inizia studi di geologia. Grazie a
questa particolare specialità, Dolomieu viaggia in tutta l’area del
Mediterraneo e nel 1781 è in Sicilia.
Nota biografia di
particolare importanza è quella afferente alla sua prigionia che ebbe luogo
prima a Taranto e poi a Messina nel 1799. Dopo due anni ritornò in Francia e fu
in grado di iniziare un corso di mineralogia. Questa cattività provocò
un’enorme nomea in Francia e le più alte cariche francesi del periodo si
mossero fortemente per ottenerne
la
liberazione. Fu un esperienza che marcò profondamente
Dolomieu per la rudezza, in primis psicologia, della sua prigionia.
Dolomieu era una persona intelligente e mite. Tratti che sono immediatamente
percettibili osservando il ritratto che Angelica Kauffmann gli fece a Roma.
Dolomieu essendo un geologo
non si interessò mai della condizione dell’uomo in Sicilia, ma di tutto ciò che lo
collegava alla sua professione. Infatti, la passione per il conoscere lo
avrebbe portato a visionare qualsiasi tipo di paesaggio siciliano e i suoi
presupposti geologici. Visita naturalmente l’Etna, fa osservazioni di carattere
fisico, si addentra in caverne ed affratti. Tuttavia, al tempo stesso, denota
una saggezza che colpisce chi gli sta vicino e lo fa considerare un filosofo.
Dopo la prigionia e alcune
delusioni, avanza in lui l’amaro sentire del fallimento della filosofia e
dell’impossibilità di essere realmente felice. Riconosceva i limiti della
ragione e la realtà circondante assumeva una colorazione diversa.
L’Ottocento
Hélène Tuzet passa ad
analizzare i viaggiatori che nel periodo del Romanticismo arrivarono in Sicilia e per agevolare la loro
conoscenza li divide per gruppi.
Il primo gruppo è quello degli Eredi dei Filosofi. Si
tratta di un gruppo che segue lo spirito di conoscenza che pervadeva il
classico viaggiatore del periodo illuminista. Maggiori rappresentanti di questa vague sono: Creuze de Lesser, Tourbillon, Auguste de Sayve, Louis Simond
e Giraudeau.
I loro resoconti dei viaggi intrapresi in Sicilia non apportano nulla di
nuovo in quanto spesso ricalcano i classici del genere. Quindi, manifesta superiorità
della Francia, arretratezza generalizzata della Sicilia, bellezza dei monumenti
e dei paesaggi, descrizione pittoresca delle tradizioni popolari e così via
discorrendo.
Il solo che sembra eccellere nel succitato gruppo è Auguste de Sayve autore di un Voyage en Sicile fait en 1820 et 1821 par Auguste de Sayve ritenuto uno dei migliori diari di viaggio pubblicati da viaggiatori francesi
sulla Sicilia. A dir il vero non tutta la pubblicazione si occupa degli appunti
da viaggio. Infatti buona parte è occupata dalla descrizione della realtà
siciliana come strutture di governo, tradizioni, religione, uomini celebri,
scienza e così via discorrendo. Tuttavia si tratta di un prezioso contributo
alla conoscenza di una Sicilia meno prevedibile e più realista.
Nel corso dell’opera Auguste de Sayve mette in mostra una notevole
capacità descrittiva, vuole affermare il principio della sua indipendenza, se
la prende contro i giudizi affrettati espressi, ad esempio, dal Tourbillon.
L’autore, altresì, denota una notevole preparazione scientifica, preferisce non
comparire, spesso si riferisce a Jean Houel in quanto entrambi maestri nel
descrivere la realtà visitata senza apportarvi giudizi moralisti o personali.
Più rappresentativo il gruppo dei Neo-Classici che si ricollegavano
ad una adorazione quasi maniacale alla civiltà greco-romana e al culto
dell’antichità. Per paradosso il loro amore per l’antico era confermato nella
quotidiana pratica politica da un accesso spirito conservatore. A questo gruppo
appartengono: le Marquis de Foresta, le Comte de Forbin, le Baron de Nervo e le Vicomte de Marcellus.
Le Marquis de Foresta ha realizzato una sola opera letteraria Lettres
sur la Sicile pubblicata in due poderosi volumi in 8°. Hanno un difetto, mi riferisco alle
lettere, sono informate di uno scrupolo letterario che nuoce alla spontaneità e
qualche volta alla veridicità dell’osservazione. Un caso ante litteram alla Dumas padre? Il nostro Marchese avrebbe speso tutta la sua in viaggi e
capita in Sicilia nel
1805, mentre, è opportuno ricordarlo, le sue impressioni sul viaggio sono
pubblicate ben sedici anni dopo.
E’ una persona fortemente influenzata dagli autori classici e afferma
liberamente che è interessato esclusivamente alla Sicilia di quell’epoca, ossia
alla Sicilia dell’età greca e romana. Nel corso del suo diario di viaggio
esprime tutta la sua avversione nei confronti della Rivoluzione Francese e di
simpatia per
la Chiesa
Cattolica. Di notevole interesse le sue descrizioni di Siracusa e in generale delle
vestigia classiche. Si perde volentieri in analisi sulla storia delle città che
visita. E’ sicuramente un fedele seguace di Chateaubriand in quando sviluppa il
suo periodare mettendo in evidenza il fulgido passato della Sicilia e il suo presente senza
gloria.
Di tutt’altro rilievo Le Comte de Frobin in quanto ci si trova
innanzi a un viaggiatore di prima grandezza. I suoi scritti sulla Sicilia sono
un capolavoro di descrizione misurata che alla fine ci impedisce di comprendere
le reazioni intime del medesimo alla vista di un paesaggio o di un monumento.
Anche lui fa riferimento a Chateaubriand e spesso viaggia seguendo le sue orme.
Mi riferisco al classico itinerario Grecia, Asia Minore, Palestina ed Egitto.
Arriva in Sicilia
nel 1820 assieme a un giovane pittore M. Clériau e ad un architetto M. Van
Cléemputte, mentre i suoi Souvenirs de la Sicile vengono pubblicati nel
1823. Il suo contributo alla conoscenza della nostra terra inizia con una
descrizione geografica e storica della Sicilia. Si nota una certa ritrosia nel
ripercorrere la vacua prolissità descrittiva dei suoi predecessori per
attenersi ad una visione più naturale ed immediata della sua osservazione.
Notevoli le sue descrizioni della Riviera dei Ciclopi e di Messina. Ma non c’è
solo questo… Infatti, il nostro Conte è maestro di descrizione monumentale e
paesaggistico coniugando tutto questo a citazioni dotte afferenti a scrittori
greci e latini. Una citazione a parte meritano le sue descrizioni delle tipiche
manifestazioni siciliane ove emerge la sua ottima valenza di scrittore e
romanziere.
Due gli aspetti da non sottovalutare: il suo tentativo di non far
affiorare la sua indole di pittore e la capacità di sincronizzare testo e
descrizione pittorica dei luoghi. Proprio questi due aspetti lo rendono
sicuramente uno dei più attendibili visitatori francesi.
Meno interessanti le Baron de Nervo e le Vicomte de Marcellus. Questi due viaggiatori francesi, infatti, sono
piuttosto superficiali e non hanno nulla del rigore formativo e descrittivo del
Foresta e del Forbin. Si accontentano di descrivere frettolosamente senza
profondità ed interesse ad andare oltre al mero impatto visuale con un fatto,
un paesaggio, un monumento o una persona incontrata durante il loro viaggio
nella nostra terra. Definiamoli solo “cronisti di passaggio”
Decisamente particolari i Romantici, un gruppo a se stante e poco omogeneo
rappresentato da personalità interessate a descrivere, anche alla lontana,
specificità dell’animo siciliano. Per loro non sono di interesse le rovine, i
monumenti o i paesaggi, ma, piuttosto, il reale in tutte le sue coloriture. Solo il picaresco, l’oleografico suscita
interesse. A questo gruppo appartengono Paul de Julvécourt, Charles Didier,
Alexandre Dumas Pére e Paul de Musset.
Paul de Julvécourt nasce nel 1807 e dedica buona parte della sua
vita a parecchi viaggi in tutta Europa. Nonostante ciò i suoi resoconti di
viaggio sono un caleidoscopio parecchio confuso di impressioni di viaggio,
poesie, traduzioni di poemi popolari ed altro materiale testuale. Ama quasi esclusivamente
i luoghi di alta montagna e si dice deluso per non aver incontrato in Calabria
i briganti. Qualche annotazione felice sono presenti allorquando descrive
alcuni tratti della famiglia italiana
e non apprezza la stagnazione economica nello Stato
Pontificio. Per il resto annotazioni di normale amministrazione.
Il viaggio di Charles Didier inizia nel 1827 e per lungo tempo ha
sofferto di una semi oscurità che ha nuociuto alla sua fama tanto da spingere
Gorge Sand ad una annotazione ironica sul suo talento. E’ una amante del buon
vivere e da ardente liberale si fa interprete dell’anelito di libertà
dell’Italia. Didier è in contatto con molti elementi di spicco del mondo
letterario francese e non lesina osservazioni sulla situazione italiana. Di rimarco
nei suoi articoli sull’Italia pittoresca, la descrizione dell’Etna più l’usuale
rosario costituito da Segesta, Monte Erice
e Agrigento. Il suo contributo
davvero rilevante è l’aver posto in risalto le città non proprio centrali nel Grand
Tour, mi riferisco a Ragusa, Enna, Mazara e Modica.
Con Alexandre Dumas Pére entriamo in un campo minato. Dumas ha
scritto due opere letterarie sul suo viaggio in Sicilia: Sperorare (del 1841)
e Capitaine Arena (del 1842); e non si sa ancora se il noto scrittore
francese abbia soggiornato nella nostra terra. In questa sede non ci occupiamo
di questa querelle, ma il problema persiste. Ciò che ci rimane è una
alluvione di annotazioni e descrizioni sulla Sicilia che non ha eguali. Qui
siamo davvero nel parossismo descrittivo.
Si passa dal Festino in onore di Santa Rosalia alla veglia funebre di un
bambino che presto diventa soggetto di commedia grottesca. Discetta sullo
scirocco e sulle catacombe dei cappuccini. Si perde in lunghe descrizioni sulla
cucina siciliana o su erranti che raccontano delle gesta di Orlando il Furioso.
Passa da Agrigento e cerca di affascinare il lettore con la storia di un
paniere pieno di pesce… Scene di pesca nello Stretto di Messina si alternano a
visite speleologiche in tutta
la
Sicilia. La lista è davvero senza fine e tutto ciò lascia
interdetti i lettori.
Nel dubbio sulla veridicità dei fatti riportati, anche Marco Polo deve
difendersi da analoga accusa, bisogna liberamente affermare che Dumas Pére è
stato un grande ambasciatore della Sicilia nel mondo. L’effluvio di notizie che
egli riporta può essere definito come un mega spot pubblicitario senza eguali.
Fratello di Afred, Paul de Musset non ha il suo genio. Solo
l’allegrezza, la verve e la fantasia lo accomunano al fratello più importante.
E’ in Italia, e quindi Sicilia, nel
1843, mentre i suoi scritti sul viaggio compiuto sono pubblicati nel 1845. E’
un descrittore allegro, ma superficiale in quanto non è minimamente interessato
ai monumenti e alla sua storia. Le sue annotazioni di viaggio sono semplici
note di bordo scritte per divertire il lettore. Nulla di più. Solo le
descrizioni degli abitanti delle varie città siciliane sono degne di note anche
se alcune di esse dovrebbero essere ricevuto con il beneficio del dubbio.
Il Grand Tour dell’età romantica finisce con gli Indipendenti.
E’ un gruppo che non si riconosce in nessuna precedente esperienza di viaggio e compie il viaggio in Sicilia solo per interesse
personale. L’età dell’oro del Grand Tour è davvero giunta al termine.
Ciò lo si può notare anche dalla pochezza dei resoconti di viaggio di questi
Indipendenti, più o meno semplici resoconti senza una ratio specifica.
Il primo di questo gruppo è Renouard de Bussierre che parte per la
Sicilia assieme al fratello nel 1836. Dai suoi appunti di viaggio sembra che
sia pervaso di spirito religioso e cerca in ogni aspetto del viaggio il lato
meditativo ed ecumenico. Infatti, mette in evidenza il senso di fratellanza che
pervade il popolo siciliano che si aiuta sempre e comunque. Avversa spesso lo
modo con cui viene governata
la
Sicilia. Un viaggiatore attento e moderato.
Marmot è un militare che a 64 anni intraprende un viaggio
ufficiale e piuttosto essenziale in Sicilia. Si interessa di Cagliostro e delle
guerre fra Atene e Siracusa. C’è, tuttavia, un dettaglio curioso, ci tramanda
una descrizione molto valida del Festino di Santa Rosalia. Non dimentichiamoci
che è un militare! Altri punti di interesse sono la nobiltà siciliana, gli
ordini monastici e le Università. Pur avendo avuto poco tempo per visitare
la Sicilia, Marmot ci regala
alcuni interessanti squarci della nostra terra.
Nel 1843 giunge in Sicilia Félix Bourquelot nato a Provins nel 1815. E’ una persona calma e di idee liberali. Questo suo background politico gli fa prendere posizione contro la miseria del popolo siciliano e non
cerca mai il classico ritratto pittoresco della Sicilia. Ironizza sull’eccesso
di religiosità, ma dimostra capacità descrittiva di non poco conto in
riferimento alle feste religiose. Termina il suo Voyage en Sicile edito
nel 1848 con alcune divagazioni, in senso hegeliano, sull’arte dove accusa
l’arte gotica di non essere arte cristiana. Manca in lui la capacità di analisi
psicologica, ma essendo un positivista…
Contesto
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Alexis de Tocqueville, Uno Sguardo Realista e Dubbioso sulla Sicilia, di Emanuele Gentile
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