Alexis de Tocqueville, Uno Sguardo Realista e Dubbioso sulla Sicilia / di Emanuele Gentile
Equipaggiamento
del viaggio
Le guide di un tempo
Uno strumento essenziale per il viaggiatore era costituito dalle guide.
Nel corso del Settecento si è potuto calcolare che ne venissero stampate almeno due nuove l'anno, tra le più note Misson, Lassels, Nugent, De
Lalande, mentre nel secolo successivo sono di riferimento quelle di Forsyth,
Mariana Starke, Lady Morgan. La denominazione di guida non deve tuttavia
ingannarci. Si tratta di relazioni, diari, lettere, che ambiscono a diventare
esemplari, di guida per gli altri, ma che si presentano con caratteri molto
diversi da quelli di una guida moderna dato che il settore delle informazioni
pratiche sono mescolate, quando presenti, alle osservazioni sulla topografia
della città, sui monumenti, gli usi, i costumi; vi sono inframmezzate in modo
imprevedibile, incidentale, raramente metodico. Non che non esistessero manuali
che si occupavano di regolamentare il viaggio
materiale, anzi. I grandtourists possedevano molte e ben informate fonti
di riferimento per affrontare il versante materiale del loro viaggio e la
quotidianità delle incombenze che esso comportava. Il genere delle profitable
instructions non era
il solo a prosperare. Fioriva infatti una produzione
editoriale di oracoli, talismani, vademecum che si occupavano di fornire
consigli e istruzioni non nel campo della osservazione ma del viaggio
materiale.
Tuttavia, i percorsi mentali raccomandati dalle une e i suggerimenti
materiali indicati dalle altre rimasero separati o, nei casi migliori,
mescolati senza un vero criterio, non sistematici, quasi casuali.
Col tempo, dalle Memorie per i viaggiatori di Misson (1688), primo
esempio importante di una attenzione per il dato
materiale, il genere evolverà verso una cura sempre più precisa. Così Mariana
Starke (prima metà dell'Ottocento) fornirà anche i prezzi delle lavanderie e
informerà che al numero dodici della via San Francesco
di Paola a Napoli lavora Carlo Torno «eccellente calzolaio per signore»,
preparando l' exploit delle guide in senso moderno.
Le guide in senso moderno
Il mutamento radicale del libro di viaggio depurato dalle osservazioni
enciclopediche di rito si deve far risalire alla prima guida Murray (Handbook
of Holland, 1836), inappuntabile hand-book che accompagnerà la
nascita del moderno turismo di massa attenendosi a soddisfare le minute
necessità del nuovo viaggiatore borghese e frettoloso. Essa sarà seguita dalla
pubblicazione dei primi opuscoli di Baedeker, che inizia la propria attività
nel 1839, e della Continental Railway Guide del 1847.
Nell'epoca aurea del viaggio, però, la borsa del viaggiatore doveva
contenere ancora due libri, quello per preparare la mente e quello per
predisporre il corpo, il Misson, affianco al Miselli, autore de il Burattinaio
veridico o vero istruzione generale per chi viaggia
con la descrizione dell'Europa (1688).
Le carte geografiche
Strumento indispensabile al viaggiatore, anche durante la preparazione
oltre che in viaggio, erano le carte geografiche. In un primo
tempo vendute separatamente, dal Settecento cominciano ad essere annesse
alle guide, almeno quelle che riguardano itinerari limitati e zone
circoscritte.
Misson (1688) parla a lungo di questo argomento
consigliando di procurarsi le carte prima della partenza e non sul posto, e di
procurarsene di più autori ché spesso gli sconosciuti sono più affidabili dei
noti; di farsi rintelare le carte e di tenerle avvolte attorno ad un apposito
bastone (mentre molti oracoli consigliano di rintelarle per poterle ripiegare e
usare in modo tascabile); di annotare gli errori e comunicarli a chi di dovere
per rendere un proficuo servizio al progresso della scienza cartografica.
Lalande un secolo dopo (1765), per far fronte alle dilaganti lamentele
sull'incompletezza e inaffidabilità del materiale geografico e topografico a
disposizione, consiglia la carta geografica della penisola in due fogli di
D'Anville, l'atlante di Magini, il Novum Italiae Theatrum di Blaeu
(1743).
Gli stradari
I viaggiatori più accorti si munivano anche di stradari, volumi tascabili
che fornivano gli itinerari principali del paese cui erano dedicati, con le indicazioni delle principali distanze e dei tempi necessari per raggiungere
le diverse località, con la segnalazione delle stazioni di posta, delle dogane,
con il corredo di cartine illustrate e tavole sinottiche.
Passaporti
I preparativi di viaggio più sgraditi erano quelli burocratici.
Occorrevano tanti documenti, in primo luogo il passaporto. Esso si rendeva
necessario in caso di ispezioni della polizia o di
contrasti con osti e vetturali che potevano rifiutarsi, in mancanza di un
documento di riconoscimento, di affittare i loro servizi.
Dato il frazionamento dell'Italia, le operazioni di
ingresso e uscita e quelle doganali erano molto complicate, soprattutto frequentissime. Per fare un
esempio, per un viaggiatore inglese diretto in Italia la prima tappa era il British
Secretary of State's Office dove, se ben forniti
di denaro, si potevano ottenere le firme degli ambasciatori di Francia, Austria
e degli Stati Sardi. Ma qualora il viaggiatore fosse diretto a Roma questo non bastava, perché doveva poi ottenere
in Italia, a Torino Milano o Firenze,
la firma del nunzio apostolico. Se poi da Roma
intendeva raggiungere Napoli era necessaria la controfirma del console inglese,
dell'ambasciatore e della polizia. Per tornare in patria, infine, bisognava ripetere
l'iter burocratico «che si ingarbugliava quando,
raggiunta la prima stazione di posta francese, il passaporto originale veniva
spedito a Parigi mentre al viaggiatore ne toccava uno provvisorio» (Astengo,
1992).
Bollettino di sanità
In arrivo dal mare era obbligatorio presentare al porto di attracco, oltre al passaporto, anche un bollettino di
sanità che certificava l'assenza di epidemie nel luogo da cui si proveniva ed
evitava al viaggiatore
la
quarantena. Il bollettino veniva talvolta richiesto anche a coloro che provenivano dai valichi, se vi era stata
notizia di epidemie nei paesi transalpini. La regolarità del bollettino era
argomento molto serio, su cui non si transigeva affatto.
Accrediti di denaro
Per ciò che riguarda il denaro, il cui ammontare
complessivo consentito era specificato nei documenti di viaggio, i contanti
autorizzati non erano certo sufficienti per fronteggiare le spese. Dato il
frazionamento degli stati italiani non era
semplice fra l'altro destreggiarsi tra le moltissime monete in uso: soldi,
zecchini, ducati, paoli, testoni, scudi, grosse, pistole, lire di ogni tipo (milanese, austriaca, italiana). Per facilitare
il riconoscimento le guide riportavano spesso delle tabelle pieghevoli con
indicati i diversi cambi. Si presentava inoltre il problema della sicurezza, su
cui i manuali mettevano in guardia consigliando di occultare il contante in un
bastone concavo o nella suola delle scarpe o al posto dei bottoni (“Vera
guida per chi viaggia”, 1771).
Per fra fronte ai problemi di
approvvigionamento, si utilizzò inizialmente il sistema di depositare somme di
denaro in una banca italiana nella capitale di provenienza (Londra o Parigi,
per esempio) facendosi rilasciare un avviso di pagamento per le banche
corrispondenti nelle città italiane (l'avviso era redatto in triplice copia:
una per il viaggiatore, due per le banche italiane cui si intendeva
rivolgersi). Poi, con lo sviluppo del moderno sistema bancario, dalla fine del
XVII secolo si passò al sistema delle lettere creditizie. Con questo metodo il
viaggiatore si faceva rilasciare dalla sua banca, qualunque essa fosse, lettere
di credito da esibire a banche continentali che avessero
contratto specifici accordi con quell'istituto. Al viaggiatore poteva
essere richiesta una lettera di accompagnamento con i
dati anagrafici e fisionomici, come garanzia.
Lettere di raccomandazione
Altre carte molto preziose erano le lettere di raccomandazione che
assicuravano al viaggiatore una buona accoglienza,
degna del suo rango. Le lettere potevano essere indirizzate ai banchieri e alle maisons de
commerce e svolgevano allora la funzione di garantire al
viaggiatore il suo sostegno economico, oppure potevano essere dirette agli
ambasciatori o a persone di rango della città, personaggi chiave nella buona
riuscita di un soggiorno. La loro benevolenza poteva consentire al viaggiatore
non solo, spesso, di risparmiare sui costi degli alberghi entrando nel circuito della ospitalità privata, ma soprattutto di avere
accesso alla vita sociale della città, a quei salotti dove lo spirito del luogo
gli si sarebbe manifestato meglio che su qualunque libro.
Bagaglio pesante
Sebbene le guide mettessero in guardia sui pericoli di una carrozza
troppo pesante, la tentazione di assicurarsi agio e benessere era forte, e il bagaglio ponderoso. Ogni corredo prevedeva
un numero disparato e bizzarro di oggetti di molte
categorie merceologiche: caffettiere, teiere, bicchierini di corno placcati
d'argento con candele e un fornelletto a miccia, un poggiatesta, magari in
pelle e rigonfio di piume, orologio, bussola termometro e barometro, una camera
oscura per potere disegnare sul posto, chiavistelli adattabili ma anche un paio
di pistole e magari un pugnale… Di alcuni eccessi viene da sorridere, eppure i
vademecum non facevano che aggravare questa propensione, soprattutto in
quell'epoca vittoriana in cui si crea una corrispondenza fra clear skin e clear conscience. Molte delle loro prescrizioni affondavano, in parte
giustamente, in quella nutrita serie di pregiudizi sui disservizi italiani, ma
l'incapacità di separarsi dai surrogati delle proprie comodità rivelava anche
un bisogno ancestrale di sicurezza, il desiderio di
«esorcizzare l'imprevisto e l'ignoto».
Valige e bauli
Più vistoso e ingombrante oggetto da viaggio è
la valigia o il baule, entrambi rinforzati agli angoli e ben chiodati. La
valigeria tra il sei e il Settecento si arricchisce di una vasta serie di
modelli, tutti derivanti da
quelli
base (la vache di cuoio rigido, il veau di
pelle morbida, il sac de nuit di tessuto da tappezzeria), in materiali
sempre più consoni e con forme che coniughino capienza
e maneggevolezza. Il baule, a
sua volta, di legno con copertura di pelle, possiede una organizzazione
degli spazi interna davvero sorprendente, le cui varianti sono la delizia di
ogni viaggiatore.
Altri contenitori
Alla categoria dei contenitori appartengono poi tutta una serie di accessori che vanno dal porta-abiti al porta-letti. I
primi contengono, almeno nell'età aurea del viaggio, abiti smessi e sformati,
di foggia maschile anche per le donne perché più comodi e ampi, caratterizzati
dalla totale assenza di lusso e dalla versatilità. Nei secondi trovano posto
sacchi a pelo di pelle di pecora, cuscini, coperte di lana, biancheria da
letto, e una zanzariera di velo sottile, obbligatoria quest'ultima per Mariana
Starke. Artigiani e case produttrici si sbizzarrivano
in questo settore tentando i viaggiatori con accessori derivati, di utilità
meno impellente, dalle cappelliere ai porta colletti.
Altre due tipologie di contenitori, marchio di riconoscimento del
viaggiatore sono la cassetta di sicurezza portatile e, articolo sovrano e
venerato, il nécessaire de voyage. La cassetta, che il viaggiatore
assicura con catene e ganci sia in carrozza sia nelle locande, contiene i
documenti necessari al viaggio, passaporti, bollettini di sanità, lettere di
credito, a volte il denaro contante. Per difenderla, nella dotazione ordinaria
del viandante sono previste pistole o pugnali, sul cui uso e manutenzione le
guide danno utili consigli (tra cui quello di sparare di tanto in tanto qualche
colpo a vuoto per poterle poi ripulire con cura in caso di effettivo
bisogno). Discorso più complesso riguarda il nécessaire che diventa un vero e
proprio oggetto di culto. Da semplice astuccio si trasforma in valigetta di
legno pregiato intarsiata di madreperla e di tartaruga ingegnosamente stipata di oggetti d'oro, d'argento o porcellana, per poi ritornare
alla semplicità di forme e decorazioni, con l’ampliarsi della clientela che ne
fa richiesta e la sua minore disponibilità finanziaria. In questa lunga
parabola restano invariate la costante della robustezza e della precisione, nel
creare gli oggetti e i loro vani perfettamente combacianti, oltre al suo potere
di fascinazione, dovuto alla caratteristica di integrare utensili relativi a funzioni diverse: toeletta, cibo e generi di
conforto, scrittura, cucito.
Ancora contenitori accolgono farmacie portatili, dispense per la cucina,
oggetti disparati di varia utilità. Un settore a parte, in questa grande famiglia di utensili è quello degli strumenti
scientifici: cannocchiali, barometri, altimetri, materiali idonei a rilievi
topografici o scavi archeologici (Brilli, 2004).
Una caratteristica comune ai diversi mezzi di locomozione era la loro
lentezza, più o meno esasperante. I viaggi erano lunghi (da Roma a Firenze, col
vetturino, Cobbett nel 1821 impiegò sei giorni), così alla organizzazione
del tempo da trascorrere in viaggio erano destinate parte delle risorse durante
i preparativi precedenti la partenza.
Lettura
L'occupazione più comune era
la lettura. Volumi immancabili, che si prestavano a consolare il viaggiatore,
per la loro bellezza, nelle ore di clausura dentro la claustrofobica carrozza,
erano quelli d'arte, corredati spesso da pregevoli incisioni. La tradizione
grafica, specie anglosassone, si specializzerà in questa produzione di «album
iconografici e cartelle di incisioni dedicati a vedute
di città, a tratti paesaggistici particolarmente pittoreschi e alla tradizione
artistica italiana» (Brilli, 2004). Le carrozze più lussuose potevano avere in
dotazione una biblioteca in miniatura di costosi volumi in sedicesimo (costosi
sia per le legature dei volumetti sia per l'ebanisteria miniaturizzata dello
scaffale utile a contenerli), ma anche quelli di normali dimensioni erano
compagni dei viaggiatori quando non soccorreva neppure la possibilità di godere del paesaggio esterno, per via della polvere e degli
scossoni.
Pittura
Quando ci si stancava di leggere, svago
prediletto erano pittura e scrittura. Per la prima attività erano molto in voga
sia la camera lucida che, «tramite un sistema di specchi, consente di
inquadrare e rifrangere su una lastra di vetro una scena – in genere una veduta
– che il pittore disegna dal vero appoggiandovi il foglio sopra», sia il cosiddetto Claude glass (dal nome del Lorenese), «un
vetro leggermente convesso, colorato o con il sottofondo nero» attraverso il
quale il pittore inquadrava il paesaggio (Brilli, 2004).
Scrittura e giochi
Oggetto di viaggio di gran lunga più diffuso è
però lo scrittoio portatile «che consiste in una cassetta di legno pregiato o
di radica di noce munita di uno scomparto per le penne, di una boccetta
d'inchiostro, di un contenitore per la cenere o altra polvere assorbente col
coperchio bucherellato, di altri scomparti per la carta, nonché di ripostigli
segreti che s'aprono a molla per cosucce riservate o di valore. Una volta
aperta, la cassetta forma un ripiano inclinato, coperto di pelle o di velluto,
sul quale scrivere» (Brilli, 2004). Grazie ad esso possediamo molte di quelle bozze, appunti, annotazioni che nella calma della
quotidianità sono diventati i libri di viaggio che leggiamo. Le guide
consigliavano anche il modo di preparare l'inchiostro in polvere «a base di osso di persiche, carbonizzato e unito a porzione di
vitriolo, di galletta trita e di gomma arabica, da stemperare con vino o aceto
caldo» (Astengo, 1992). Alternative meno solitarie per ingannare le attese sono
i giochi da tavolo, come gli scacchi, o altri giochi di società.
Contesto
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Alexis de Tocqueville, Uno Sguardo Realista e Dubbioso sulla Sicilia, di Emanuele Gentile
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