François Rabelais e Günter Grass

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François Rabelais e Günter Grass

In precedenza si è accennato all’importanza dell’opera di due scrittori: François Rabelais e Günter Grass, che secondo la critica letteraria avrebbero influenzato Hilsenrath nell’ideazione del suo fortunato romanzo Der Nazi & der Friseur. Quando il secondo libro di Hilsenrath fu pubblicato, la stampa americana scrisse:

“There are some scenes in the book which for artistic grotesquerie can match Rabelais at his best.” [1]

“A reviewer in a German- language newspaper published in the United States call it “the most important book by a Germanborn author since The Tin Drum. Edgar Hilsenrath may tire of the comparison with Günter Grass, but it’s unavoidable. His novel lacks the subtlety, originality and magic of Grass’s classic; but it describes the mania of the Nazi state at the level of small-town life in eastern Germany and the surreal horrors of post-war reckoning, and it makes use of the bizarre imagery so much and so memorably a part of The Tin Drum.” [2]

La stampa tedesca, parlando del grande riscontro che l’opera di Hilsenrath ha avuto negli Stati Uniti, fa riferimento alle osservazioni dei recensori americani:

“Das buch hatte in den USA große Besprechungen, es wurde mit Rabelais verglichen, mit Grass Blechtrommel usw.” [3]

Anche i recensori tedeschi paragonano il nuovo scrittore d’origine ebraico-tedesca ai due famosi precursori:

“Die derbe Komik in Hilsenraths Roman hat Rabelaische Züge. […] Das gargantueske Personal des Romans wuchert nur so.” [4]

Sander Gilman, scrivendo un saggio dedicato all’opera di Hilsenrath, fa notare la somiglianza di der Nazi & der Friseur ad un’altra opera di Grass Hundejahre:

“Die Handlung ist eine eindeutige Antwort auf Günter Grass’ Hundejahre. Wie Grass stellt auch Hilsenrath zwei Kinder dar, wenige Minuten auseinander geboren, die Freunde und Rivalen sind während ihrer Kindheit.”[5]

Non tutti i critici sono d’accordo nel paragonare Hilsenrath e Grass. Marx Hilde scrive sullo “Aufbau” di New York:

“Viele Kritiker haben Hilsenrath mit Günter Grass verglichen. Das ist schmeichelhaft, aber unnötig und nicht korrekt. Die Eigenwilligkeit von Hilsenraths Denken und Fühlen, seine Formkunst der Sprache machen ihn zu einem grossen Schriftsteller ganz eigener Prägung” [6]

A questo punto sembra doveroso svolgere una breve analisi delle opere dei due autori in questione, per verificare se effettivamente Hilsenrath trasse ispirazione da loro.

Com’è già stato reso noto, l’opera di François Rabelais risale a un periodo anteriore alla comparsa del romanzo picaresco in Spagna. Essa nasce, come il Don Quijote di Cervantes, con un intento parodistico nei confronti dei romanzi cavallereschi. Già la gigantesca figura di Gargantua, che non fu scoperta da Rabelais, supera ogni misura umana, prendendosi gioco di qualsiasi ragionevole descrizione. Rabelais (1494-1553), dopo aver pubblicato la storia di Pantagruele, figlio di Gargantua, dà alle stampe anche una propria versione della vita del secondo, cui seguono ulteriori racconti nello stile della Satira Menippea. [7]

In ogni parte del ciclo di Gargantua et Pantagruel (1532-1564), Rabelais attacca in maniera satirica la vecchia filosofia scolastica, gli inumani imbrogli della giustizia di tradizione medievale, l’educazione dei collegi, le superstizioni religiose e la tirannide di re, imperatori e papi, sempre pronti a muovere guerre e persecuzioni in nome di ideali falsi e illusori. Proprio come il picaro, il briccone di Rabelais sottopone il prossimo a continui scherzi e imbrogli, cercando di battersi con arguzia contro il male e le ingiustizie del mondo, smascherando la falsità e l’ipocrisia di individui egoisti e ottusi.

La comicità del suo linguaggio si fonda su un’acuta osservazione della realtà. Ogni aspetto che caratterizza il suo personaggio: un’inflessione vocale, un’espressione particolare, diventa indicativo di un tipo e di tutto un mondo da lui rappresentato. Talvolta questa comicità si dilata a proporzioni smisurate fino a raggiungere, attraverso l’assurdità delle situazioni che si creano, effetti irresistibili. Nell’opera di Rabelais è possibile notare frequenti mutamenti di tono. La straordinarietà del suo linguaggio è infatti data da questi continui passaggi dal comico al favoloso, dal tono serio a quello solenne. Partendo da uno scherzo o da una situazione grottesca, è capace di perdersi in discorsi di anatomia, botanica e fisiologia:

“Ma proprio in questa parte “seria” di Gargantua e Pantagruele risiede un pericolo che può facilmente indurre a falsare il tono. La straordinaria insistenza nei lazzi scurrili e nei particolari anche più bassamente materiali della nostra vita animale, come il ricorso incessante a giochi di parole più ingenui e persin fanciulleschi e ai modi più familiari e dialettali del discorso, non sono soltanto in Rabelais un espediente comico: sono anche e soprattutto strumenti, e avvertimenti continui rivelatori del corposo realismo, dell’ostinata vittoriosa battaglia che egli conduce contro ogni pallida astrazione mentale e fatuo moralismo di cattedranti e pedagoghi; e quindi contro ogni travestimento pedantesco o irrigidimento dottorale del sapere. In verità si può dire, adattando al nostro tema una bella battuta del Gide, che Rabelais, anche quando parla sul serio, non è mai propriamente “serio”, è piuttosto grave. [8]

Una parte considerevole della critica di Rabelais è rivolta alla Chiesa. Convinto evangelista lo scrittore è un irriducibile nemico della curia romana e lo dimostra soprattutto attraverso un’interpretazione del tutto personale del libero arbitrio. La cultura del riso carnevalesco e il grottesco linguaggio del corpo non sono solo mezzi per schernire gli abusi sociali, ma sono anche un serio riferimento corporale dell’uomo che, in una situazione problematica, dipende dal suo libero arbitrio. Questa dottrina attraversa l’intera opera e serve allo scrittore come arma per satireggiare contro gli usi e i costumi di ecclesiastici e monaci. Rabelais si schiera particolarmente contro la vita monacale, negando in modo assoluto l’utilità dell’esistenza conventuale. Questa critica non è però una minaccia per la fede cristiana dell’autore; il suo cristianesimo, di stampo umanistico, presuppone l’accordo fra il profondo sentimento dei supremi valori dello spirito cristiano e l’adesione completa alla parola di Dio, con la più gioiosa e travolgente esaltazione della vita terrena e della materia. Un accordo difficile da comprendere, ma che Rabelais cerca di realizzare in maniera del tutto personale, anche attraverso la sua opera, quando il gigante Pantagruele cerca di elevare le sue solenni preghiere al Dio Creatore.

Un altro aspetto da non dimenticare è la capacità di Rabelais di unire realtà e fantasia. Le vicende fittizie, quasi incredibili del gigante Pantagruele si svolgono nella campagna di Devinière, dove lo stesso scrittore era nato e aveva lietamente vissuto la sua infanzia. Questo scenario di case coloniche insieme con gli odori e i colori della campagna, conferisce alle fantastiche avventure dei suoi personaggi una nota di realismo.

L’attenzione dell’autore è rivolta particolarmente al linguaggio. Egli tenta di essere moderno e di parlare da contemporaneo ai contemporanei, ma anche e soprattutto alle generazioni future. Egli cerca di rivolgersi ai posteri, ai lettori che verranno, perché la cultura dei suoi tempi è ansia di futuro. Un futuro migliore del presente, che egli con tanta arguzia schernisce, ma vuole anche migliorare attraverso la sua opera.

La letteratura non può essere separata dal contesto storico in cui un’opera si colloca o viene scritta. Questo discorso vale in modo particolare per lo Schelmenroman. Esiste un rapporto preciso fra Schelm e storia, l’uno non potrebbe esistere senza l’altra. Senza la storia lo Schelm non avrebbe niente da schernire e criticare, allo stesso tempo il romanzo è un mezzo che la storia possiede per farsi conoscere. L’opera di Günter Grass è un chiaro esempio di questo rapporto di reciproca interazione fra letteratura e storia:

“Die Tendenz, im Schelmenroman zeitgenossische Probleme aufzugreifen in Lebensgefahr zu bringen, erreicht in der Blechtrommel den Kulminationspunkt. Grass schildert nicht nur fünf Vorkriegsjahre, sonderner schlägt einen großen historischen Bogen: Er beginnt mit der Zeugung von Oskars Mutter Agnes auf einem Kartoffelacker in der Nähe Danzigs im späten Oktober 1899, setzt sich über den Ersten Weltkrieg, die Folgen des Versailler Vertrags für Danzig, Polen und Deutschland fort, geht auf das Erstarken des Nazionalsozilismus, den Ausbruch, Verlauf und Ausgang des Zweiten Weltkriegs ein und schließt mit der Phase des Wiederaufbaus der Bundesrepublik 1954 ab.” [9]

Die Blechtrommel, ha ereditato importanti tratti del romanzo picaresco. La situazione narrata che viene scelta, deriva per esempio da questa secolare tradizione. Rinchiuso tra le mura di una casa di cura e dietro le sbarre di ferro di un letto, Oskar Matzerath inizia a scrivere le sue memorie seguendo un preciso ordine cronologico. Fin dalle prime righe, prima ancora di conoscere i dettagli della vita del protagonista, il lettore è messo di fronte ad un’evidente realtà: la casa di cura e soprattutto le sbarre di ferro del letto in cui giace Oskar rappresentano la scissione fra il protagonista e il mondo che lo circonda. Risulta subito chiaro che Oskar è un Außenseiter, uno Shelm volontario che decide di vivere separato dal mondo, restando ai margini della società. Inizialmente lo Schelmentum di Oskar è di tipo spirituale-intellettuale fino a quando, all’età di tre anni, decide di tagliare definitivamente ogni legame tra sé e il mondo degli adulti, provocando un incidente che gli impedirà di crescere. L’anomalia fisica e lo stato di emarginazione che ne risulta, non sono conseguenze dell’incidente, ma si fondano piuttosto su una volontaria decisione che egli prende pochi secondi dopo la sua nascita, a causa della terribile realtà che si presenta ai suoi occhi:

“Ich erblickte das Licht dieser Welt in Gestalt zweier Sechzig- Watt- Glühbirnen. […] Mühelos befreite ich mich aus der von Müttern. […] Neben all diesen Spekulationen, meine Zukunft betreffend, bestätigte ich mir: Mama und jener Vater Matzerath hatten nicht das Organ, meine Einwände und Entschlüsse zu verstehen und gegebenenfalls zu respektieren. Einsam und unverstanden lag Oskar unter den Glühbirnen, folgerte, daß das so bleibe, bis sechzig, siebenzieg Jahre später ein endgültiger Kurzschluß aller Lichtquellen strom unterbrechen werde, verlor deshalb die Lust, bevor dieses Leben unter den Glühbirnen anfing; und nur die in Aussicht gestellte Blechtrommel hinderte mich damals, dem Wunsch nach Rückkehr in meine embryonale Kopflage stärkeren Ausdruck zu geben. Zudem hatte die Hebamme mich schon abgenabelt; es war nichts mehr zu machen.” [10]

Oskar è un lattante perspicace, il cui sviluppo spirituale è già concluso fin dalla nascita. Grazie alla sua acutezza, egli può giudicare immediatamente i suoi genitori. Data la sua completa maturità spirituale, il suo primo desiderio è di sfuggire alla vita, che gli si presenta come un luogo oscuro e insidioso. Non potendo ritornare nel grembo materno, che rappresenta il suo primo rifugio, Oskar tenterà di crearsi sempre nuovi artifici che lo proteggano dall’infido mondo degli adulti. La decisione di accettare il tamburo di latta, dono della madre, e il contemporaneo rifiuto della carriera offertagli dal padre, è da intendere come rigetto del mondo degli adulti e di un’esistenza nelle convenzioni borghesi:

“Seine Trommel stellt wohl seinen Schutz gegen den Zugriff spießbürgerlicher Vereinnahmung und Vermassung dar, eröffnet ihm aber obendrein noch die Möglichkeit, das Bewußtsein zu artikulieren, ohne bei der Kommunikation von der menschlichen Sprache Gebrauch machen zu müssen.” [11]

Per possedere il tamburo, Oskar decide di bloccare la propria crescita. Questa rinuncia è simboleggiata dalla caduta che subisce durante la festa del suo terzo compleanno. Questo incidente gli impedirà di crescere fisicamente e quindi di entrare nel mondo degli adulti che lui rifiuta. Oskar possiede una grande forza di volontà, con la quale è in grado di controllare e manipolare in ogni momento la propria vita.

Il tamburo, che di solito è associato al richiamo all’ordine, oppure al raduno dei soldati che si recano in battaglia [12] , è usato da Oskar per uno scopo ben diverso da quello tradizionale. Il tamburo è per lui un mezzo per stabilire una distanza di sicurezza tra se stesso e la realtà che lo circonda. Egli non vuole rischiare di rimanere coinvolto nel circolo vizioso di quel mondo ipocrita che, con il tamburo, cerca di negare.

L’autore attraverso il suo Schelm moderno crea una satira amara che dimostra la pericolosità del comportamento della piccola borghesia. L’ingenuità borghese rende l’uomo non solo capace di credere ciecamente ad un innocente cacciatore di ratti come Oskar, ma diventa addirittura pericolosa, quando la necessità di pace induce il borghese a fare scelte sbagliate. Il piccolo borghese, che aderisce al partito nazionalsocialista, non è quasi mai completamente convinto della propria decisione:

“Matzerath aber, […], trat im Jahre vierunddreißig, also verhältnismäßig früh die Kräfte der Ordnung erkennend, in die Partei ein und brachte es dennoch nur bis zum Zellenleiter. […] Sonst änderte es nicht viel. Über dem Piano wurde das Bild des finsteren Beethoven, ein Geschenk Greffs, vom Nagel genommen und am selben Nagel der ähnlich finster blickende Hitler zur Ansicht gebracht. […] Mama jedoch […] bestand darauf, daß der Beethoven, wenn nicht über die Chaiselongue, dann übers Büfett käme. So kam es zu jener finsterten aller Konfrontationen: Hitler und das Genie hingen sich gegenüber, blickten sich an, durchschauten sich und konnten dennoch aneinander nicht froh werden. Nach und nach kaufte sich Matzerath die Uniform zusammen. Wenn ich mich recht erinnere, begann er mit der Parteimütze, die er gerne, auch bei sonnigem Wetter, mit unterm Kinn scheuerndem Sturmriemen trug. Eine Zeitlang zog er weiße Oberhemden mit schwarzer Krawatte zu dieser Mütze an oder eine Windjacke mit armbinde. Als er das erste braune Hemd kaufte wollte er eine Woche später auch die kackbraunen reithosen und Stiefel erstehen. Mama war dagegen, und es dauerte abermals Wochen, bis Matzerath endgültig in Kluft war.” [13]

Matzerath dimostra, attraverso piccoli cambiamenti nell’arredamento domestico e dalla sua lenta “vestizione”, di non essere un nazista profondamente convinto. La sua trasformazione è solo esteriore, superficiale, come quella di molti altri ignoranti come lui che, presi dall’entusiasmo, e accecati dalla loro stoltezza, si fecero trascinare dai falsi ideali, che la voce incantatrice di Hitler sussurrava alle loro orecchie. [14]

Durante il terribile dodicennio della dittatura nazista, Oskar rischia la vita a causa del suo handicap, per via della Rassenideologie. Egli, con la sua esistenza, la figura da nano, l’apparente debolezza mentale, schernisce gli ideali della dottrina razziale nazionalsocialista. Nel loro macabro irrazionalismo, i nazisti ritenevano che il mondo dovesse essere costituito esclusivamente da un popolo sano e da cittadini attivi e ponevano in primo piano la superiorità della razza ariana. Questa mostruosa ideologia, mette in serio pericolo il piccolo Oskar, il quale, a causa delle sue minuscole dimensioni, non raffigura certamente l’uomo perfetto che i nazisti desideravano creare.

Dopo la caduta del regime nazista e la fine della guerra si prospetta per Oskar la possibilità di un nuovo inizio. Con la decisione di buttare via il vecchio tamburo, si apre per lui la possibilità di una crescita e quindi di una totale integrazione nella nuova società nascente. La sua altezza, però, aumenterà di soli 27 cm. e in più sarà colpito da una grave forma di gobbismo. Queste malformazioni fisiche sono la manifestazione esterna di una deformazione interiore, che nasce non appena le aspettative e l’euforia del dopoguerra svaniscono, rivelando la loro infondatezza. Le speranze di Oskar, come quelle di molti altri, non si avverano e così il picaro reagisce alla vecchia maniera: egli ritorna al suo tamburo, ponendo uno scudo protettivo fra sé e il mondo.


[1] Rabbi M. B. Margolies, The Nazi & the Barber, in “Kansas City Star”, 5.2.1971, p. 21.

[2] R. Foster, Unforgotten, Unforgiven, in “The Times Literary Supplement”, 16.1.1976, p. 19.

[3] A.W. Mytze, op. cit., p. 18

[4] M. Rieger, Auf der Suche nach der verlorenen Schuld, in “Frankfurter Rundschau”, 1.4.1978, p. 23. Qui è importante precisare che il termine gargantueske, che indica qualcosa di gigantesco, deriva da Gargantua, il gigante protagonista dell’opera di Rabelais.

[5] S. Gilman, Hilsenrath und Grass Redivivus, in A.A.V.V., Edgar Hilsenrath. Das Unerzählbare erzählen, op.cit., p.122.

[6] M. Hilde, The Nazi & the Barber, in “Aufbau”, New York 27.8.1971, p. 20.

[7] Il nome di questo genere letterario: Satira Menippea si ricollega a Varro (116-27 a.C.), il quale chiamava le sue composizioni saturae menippeae, perché si riallacciavano ai popolari scritti del cinico filosofo Mennipos da Gadara (III sec. a.C.). La prosa e la metrica delle satire di Varro erano uno strumento di critica e invettiva. Anche il Satyricon (66 d.C.) di Petronio, opera che riprende alcune caratteristiche della Satira Menippea, quali il prosimetro e la parodia dei miti, può essere considerato un antico precursore del romanzo picaresco. Cfr. M. Bauer, op. cit., pp.23-24.

[8] M. Bonfanti, Prefazione, in F. Rabelais, Gargantua e Pantagruele, Giulio Einaudi editore, Torino 1953, vol. 1 pp.XII-XIII.

[9] H.-V. Gretschel, op. cit., p. 178. Gli aspetti dell’opera di Grass, che qui verranno brevemente trattati, sono quelli che più si avvicinano a Der Nazi & der Friseur. Una prima caratteristica comune è per esempio la collocazione storica. Anche l’opera di Hilsenrath, come vedremo, comprende un ampio frammento di storia.

[10] G. Grass, Die Blechtrommel, in G. Grass, Danziger Trilogie, Deutscher Taschenbuch Verlag GmbH & Co. KG, München 1999, pp. 33-35.

[11] H.-V. Gretschel, op.cit., p. 154.

[12] Nella letteratura nazionalsocialista il tamburo assume anche un altro significato: Adolf Hitler era spesso raffigurato come un tamburo, che con il suo battito sveglia il popolo tedesco riunendolo dietro di sé. Cfr. ivi, pp. 154-155.

[13] G. Grass, op. cit., p. 87.

[14] A tale proposito non mancherà, nel corso di questo lavoro, un’attenta osservazione di una parte

fondamentale del testo di Hilsenrath: il discorso di Hitler ai cittadini di Wieshalle sull’Ölberg.

 



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