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La parola che uccide: I Siciliani, di Pina La Villa | [1] | [2] | [3] | [4] | [5] | [6] | [7] | [8] | [9] | [10] | Addamo | Orioles | [Bibliografia]

[6] "I Siciliani": 1984-1986
Alla morte di Fava, la redazione risulta composta da 14 membri. Man mano se ne aggiungeranno altri, man mano che l'indignazione e la coscienza si faranno strada soprattutto fra gli studenti, attraverso le iniziative della cosiddetta "educazione alla legalità" che si fanno nelle scuole, come dimostra il caso di Rosalba Cannavò.
C'è un comitato di garanti che sostituisce la firma del direttore. Nel numero del febbraio 1984 viene riportato il documento dei garanti e poi alle pagine 26-27 il programma steso dalla redazione.

"I SICILIANI" è una rivista libera, indipendente, democratica, il cui impegno professionale e culturale è quello di analizzare e approfondire la realtà del Mezzogiorno proponendo queste analisi come patrimonio del giornalismo e della cultura di tutta la nazione. L'impegno de "I SICILIANI" ha l'obiettivo di aprire un ampio dibattito civile soprattutto sui seguenti temi che hanno già costituito la vita della rivista nel suo primo anno di vita: a) la mafia, intesa come organizzazione criminale, il suo potere inquinante, la sua capacità di penetrazione e connivenza con alcuni meccanismi vitali della nostra vita associata e in settori delle pubbliche istituzioni; b) la crisi socio-economica del Mezzogiorno come terreno fertile per il prosperare dell'emarginazione sociale, del mancato sviluppo culturale e civile, dell'emigrazione, in un quadro politico-istituzionale bloccato e insensibile alla oggettiva domanda sociale di rinnovamento; c) la Pace, le minacce che essa subisce in Europa, in Italia e in Sicilia per la politica di militarizzazione in atto anche nel bacino del Mediterraneo e nel resto d'Europa. Le gravissime ripercussioni sociali ed economiche che la nuclearizzazione rischia di determinare sul futuro dell'uomo; d) il rilancio della mobilitazione sociale nel Sud ed anche la necessità di un impegno specifico sempre maggiore e più capillare nella realtà sociale da parte delle forze intellettuali [30]

Qual è il rapporto di questi "ragazzi" con la società in cui vivono? Nel documento la rivista si dice voce

libera e puntuale, di quel grande movimento reale (la gente che lavora, i giovani, le donne, le nuove forze emergenti, le forze sane della società meridionale e non ) che chiede un profondo rinnovamento della società e delle istituzioni politiche, economiche ed amministrative [31]

Eredi della sconfitta del sogno di sviluppo della borghesia meridionale, ma anche della sinistra negli anni settanta - del Pci e delle forze di estrema sinistra - questi giovani interpretano un nuovo bisogno di politica, al di fuori dei partiti per lo più - l'adesione al movimento de "La Rete" sarà parziale e comunque successiva - e si rifanno ai nuovi temi dei movimenti - le donne, la pace - immettendo "lo specifico" della lotta alla mafia.

A partire dal prossimo mese, entrerà progressivamente in fase operativa una serie di scadenze, accuratamente programmate nel corso degli ultimi due anni e messe a punto dall'ottobre '83 in poi. Ne diamo qui appresso conto ai lettori: dai quali ci attendiamo molto di più di quanto una "normale" redazione possa attendersi da "normali" lettori.
Più spazio che per il passato daremo a temi come l'ecologia, la vita moderna, ecc. ; ma non dimenticheremo, e renderemo anzi ancora più incisivo, il nostro impegno sui temi qualificanti della pace, della giustizia e della lotta alla mafia. Quest'ultimo argomento verrà in particolare affidato ad alcuni redattori (Fava, Gambino, Lanza, Orioles) che si terranno in stretto contatto fra loro e si scambieranno (fra loro, e con un'ampia cerchia di consulenti) tutte le notizie e le valutazioni di cui verranno in possesso; il lavoro in questo settore continuerà ad essere non di velleitaria investigazione ma, più utilmente, d'informazione, di denuncia e di analisi, con il realistico obiettivo di giungere ad una effettiva sconfitta della criminalità, della cultura e dell'imprenditoria mafiose [32]

Messaggio ingenuo, di chi si sente "in prima linea" [33] e che tenta di coagulare forze e mezzi nella lotta. Il rapporto de "I Siciliani" con il movimento antimafia è descritto da Riccardo Orioles, nel 1988:

Nei primi giorni [dopo la morte di Fava] ci trovavamo totalmente isolati e ci siamo resi conto che non potevamo fare marcia indietro, che eravamo ormai troppo avanti e che l'avversario era estremamente potente, quindi dovevamo avere l'obiettivo immediato di moltiplicarci il più possibile, di esplodere, di non essere più giornale ma di diventare, in tempi velocissimi, movimento di massa. […] Si formò così il movimento per i Centri Giovanili Autogestiti" che si pose come obiettivo anche "l'utilizzo popolare dei beni mafiosi sequestrati". Era un movimento formato essenzialmente da studenti , i "ragazzini con cui parlavamo nelle assemblee nelle scuole". "Nella nostra storia abbiamo fatto da collettore, da canale catalizzatore, ma non erano nostre né le idee né la spinta che queste idee riuscivano a raccogliere: il solo nome de "I Siciliani" riuscì a coagulare, per un anno e mezzo circa, una diversa sinistra che si basava sulla grande contraddizione esistente a Catania, tra il potere mafioso e la grande massa di coloro che da questo potere erano espropriati. L'associazione dei siciliani, sorta parallelamente intorno al giornale, con intenti molto modesti, di aiutare materialmente la diffusione, si trasformò rapidamente in un'avanguardia politica che diventò un interlocutore ricercato dai partiti: ne facevano parte svariate persone, alcuni venivano dagli autonomi, altri erano liberali, altri comunisti in servizio permanente effettivo, altri cattolici: nel giro di pochi mesi queste componenti si erano omogeneizzate su ipotesi concrete, non tanto per la forza della nostra proposta, quanto per la debolezza delle proposte di partiti ufficiali" [34]

La rivista sopravviverà fino all'agosto del 1986. Sorretta da un comitato di garanti composto da Nando dalla Chiesa, Gianfranco Pasquino, Pino Arlacchi, Stefano Rodotà, Alfredo Galasso e Guido Neppi Modona. In questo periodo avrà anche la forza di dare vita, nell'aprile del 1984, a "I Siciliani/giovani", un mensile formato tabloid con giovani redattori coadiuvati da Riccardo Orioles ed Elena Brancati, della redazione de "I Siciliani". Una sorta di scuola di giornalismo ma soprattutto un tentativo di formare quel movimento di massa di cui parla Orioles. I giovani redattori non si limitano a fare il giornale ma cercano di realizzare una mobilitazione attraverso la diffusione del giornale nelle scuole, all'Università e nei luoghi di ritrovo - cinema, teatri, birrerie. Si formano in questo modo anche gruppi di collaboratori in altri centri siciliani.
Nell'agosto del 1986 la redazione de "I Siciliani" è formata da Elena Brancati, Claudio Fava, Miki Gambino, Sebastiano Gulisano, Rosario Lanza, Riccardo Orioles, Nello Pappalardo, Graziella Proto, Antonio Roccuzzo, Fabio Tracuzzi, Lillo Venezia. Prenderanno atto, in quel mese, dell'impossibilità di continuare a tenere in vita la rivista in una città in cui nessun imprenditore era disposto a finanziarli e in cui il dialogo con la sinistra era bloccato ormai da tempo. La storia però non si ferma qui.


Note:
[30] Documento redazionale pubblicato sul numero di febbraio 1984 de I Siciliani, pp. 26-27

[31] Documento redazionale cit.

[32] Documento redazionale cit.

[33] A proposito del movimento antimafia, Umberto Santino, nel suo recente libro, delinea alcune caratteristiche dei gruppi antimafia successivi alla sconfitta de I Siciliani, che ci spiegano in parte forse proprio quell'esperienza: "Il movimento antimafia attuale si presenta come un insieme eterogeneo di gruppi di volontariato, di spezzoni di partiti e sindacati, di singoli cittadini, che organizzano iniziative di vario tipo, attivandosi soprattutto sull'onda di grandi spinte etico-emotive. Esso presenta una grande varietà di forme associative: centri di studio e documentazione, associazioni culturali, organizzazioni di categorie, comitati informali, familiari di vittime e una notevole varietà di iniziative: manifestazioni (cortei, sit-in), dibattiti, seminari, raccolte di firme, digiuni, ecc. L'azione del movimento è discontinua: essa procede per emergenze, come del resto l'attività repressiva statale […]. Il movimento antimafia attuale è in larga parte informale o strutturato in forme di tipo associazionistico ed è interclassista o a classista, nel senso che aggrega cittadini provenienti da varie classi e non si pone il problema della loro collocazione nel contesto sociale, ma in realtà la componente maggiore è data dal ceto medio: studenti, professionisti, in particolare insegnanti, impiegati, commercianti. Quantitativamente si tratta di una minoranza, se si tolgono alcune manifestazioni con una notevole partecipazione. Il coinvolgimento di strati popolari è molto esiguo, se non inesistente […]sul piano economico, molte delle attività, più o meno legali, che costituiscono le loro fonti di reddito, sono collegabili con quelle svolte o sponsorizzate dai gruppi mafiosi ; sul piano culturale tali strati si sentono lontani, se non avversi, a quei personaggi che invece per altri sono esempi di impegno e dedizione. […] Le modalità d'azione sono le più varie , ma sempre segnate da una grande precarietà. […] rivela[no] una concezione di tipo meccanicistico, come se si trattasse del confronto tra due gruppi omologhi, mentre l'attività antimafia dovrebbe materializzare ed esaltare l'alternatività. Sul piano del linguaggio e dell'espressività , si intrecciano tradizioni diverse, ereditate dal movimento operaio o da movimenti più recenti, per esempio quello pacifista. […] Permane la dipendenza dalle istituzioni o da un singolo leader più o meno carismatico. […] A generare tale atteggiamento contribuiscono una sorta di autocensura, dettata dalla paura dello scontro e delle divisioni, dal timore che emergono le differenze con esiti esiziali per la continuità del movimento, e una certa pigrizia mentale che, per quanto riguarda le idee di mafia, porta a non discostarsi dagli stereotipi in circolazione e dal "senso comune" e ad accettare acriticamente gli slogans e le frasi ad effetto che abbondano in gran parte delle liturgie antimafia [...] Il movimento degli ultimi anni si sviluppa sempre dopo la morte di qualcuno (Impastato, per le minoranze che si sono riconosciute nella sua esperienza; Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino per settori più ampi, anche se precariamente) e sempre, o abbastanza spesso, ignorando quanto c'era prima e il lavoro di tutti gli altri (vedi il proliferare di fondazioni). In tal modo si è sempre all'anno uno. Una storia che si ripete…" (Umberto Santino, Movimenti sociali e movimento antimafia, in "Città d'Utopia", n.29, maggio 2000, pp.11-21).

[34] Riccardo Orioles, in "L'antimafia difficile", a cura del Centro Impastato.


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