Giuseppe Fava, il fondatore de "I
Siciliani", originario di Palazzolo Acreide, in provincia
di Siracusa, dove era nato il 25 settembre 1925, aveva iniziato
la sua carriera di scrittore e giornalista a Catania negli
anni cinquanta. Anni che conosciamo attraverso i suoi libri
più famosi, Gente di rispetto e Prima che
vi uccidano, anni di cui rende appieno tutta l'asprezza
e la chiusura.
Uno dei personaggi del romanzo Gente di rispetto, il maestro
Belcore, ad un certo punto passa in rassegna i possibili
comportamenti di chi è nato in un paesino disgraziato
della Sicilia povera e ingiusta:
Un uomo che nasce in questo paese, a un certo
momento della sua vita deve fare la sua scelta. Ha tre possibilità.
Anzitutto partire, andarsene in un altro luogo della terra,
Milano, la Germania, l'Australia, abbandonare per sempre
tutte le cose conosciute, la casa, i parenti, gli amici tutto.
Scava un fosso e ci getta dentro queste cose, anche le fotografie,
i libri di scuola, i ricordi E' come morire due volte
nella vita [ ] La seconda soluzione è ancora
più difficile: restare in questo paese miserabile
e cercare però di conquistarlo, cioè viverci
almeno da padrone Ti iscrivi a un partito politico,
diventi amico e alleato dei più forti, prendi tutto
quello che c'è da prendere con qualsiasi mezzo, l'inganno,
la ruffianeria, l'amicizia, la violenza. [ ] Infine
c'è la terza soluzione, cioè restare in mezzo
a tutte queste cose che compongono la tua piccola vita:
questo paese che muore, queste vecchie case, la povertà
e l'ignoranza ma anche gli amici, le abitudini, la
tua famiglia e scavarsi una nicchia dentro queste
cose, starci dentro, al riparo, accontentarsi, vivere semplicemente Il
mondo passa lontano da te con tutte le sue altre cose affascinanti
e sanguinose, ma tu le intuisci soltanto e non sai nemmeno
come siano .Chiuso dentro la tua nicchia, così
fino alla fine [11]
La storia de "I Siciliani" non
si esaurisce nella storia di Pippo Fava, ma non può
prescindere dalla sua figura di scrittore e drammaturgo,
dal disagio dell'intellettuale siciliano evidente nel brano
citato [12]. Ma soprattutto non può prescindere dalla
sua carriera di giornalista nella Sicilia degli anni Cinquanta
Sessanta e Settanta.
In questi anni Fava collabora con alcuni
giornali catanesi: "La campana", il "Giornale
dell'Isola", il "Corriere di Sicilia", "Le
Ultimissime". Scrive anche sulla "Domenica del
Corriere" e su "Tempo illustrato": su quest'ultima
rivista pubblica una memorabile intervista a Genco Russo,
uno dei boss più potenti dell'epoca. Per "Tutto
sport" si occupa di calcio.
Il "Giornale dell'Isola" apparteneva all'aristocrazia
terriera. Rilevato dal gruppo triestino Alessi, si chiamò
"L'isola" e voleva battere la concorrenza de "La
Sicilia". L'avventura durò un anno, poi il giornale
chiuse. Fava, e Nino Milazzo - che racconta questa storia
al giornalista Luciano Mirone [13] - restarono disoccupati.
Entrambi vennero chiamati a organizzare la redazione di
"Espresso Sera", dell'imprenditore catanese Puglisi
Cosentino, di cui Fava sarà capo-cronista per ventidue
anni, dal '56 al '78. Alcuni anni dopo la testata sarà
venduta alla famiglia Ciancio-Sanfilippo, già proprietaria
del quotidiano "La Sicilia" [14]
Fava aveva vissuto dall'interno la
vicenda della progressiva scomparsa di tutti i giornali
della città, che negli anni cinquanta contava almeno
cinque quotidiani e che agli inizi degli anni ottanta, e
fino a oggi, vede il monopolio de "La Sicilia".
Questo quotidiano nasce nel marzo del 1945, tra gli editori
Domenico Sanfilippo, cognato di Ciancio, padre dell'attuale
editore. Guadagna spazio soprattutto a spese del "Corriere
di Sicilia".
Ha sempre proclamato la sua indipendenza ma, per esempio,
negli anni del centrismo appoggiava Scelba e la destra,
mentre in tempi più recenti ha appoggiato il movimento
dei sindaci.
Un giornale "popolare" - "linguaggio borghesemente
modesto" dice uno dei suoi primi direttori, Russo -
largo spazio agli articoli da rotocalco - il diario di Claretta
Petacci, il resoconto stenografico della trasmissione televisiva
Lascia o raddoppia, enfasi sul fenomeno della lacrimazione
della Vergine a Siracusa nel 1953, etc.
Dal 1952 al 1953 è sindaco di Catania Domenico Macrì,
dal 1953 al 1960, quando arrivano i finanziamenti per la
ricostruzione, è sindaco La Ferlita.
Il quotidiano, presente nella parte orientale dell'isola,
comincia la conquista della parte occidentale. Prima usa
la tipografia del "Corriere di Sicilia", poi -
nel 1949 - ne acquista una in Via Etnea ,8; poi acquista
quella della concorrenza, nel 1954.
Sono gli anni del sostegno del giornale a Scelba. Verranno
poi gli anni di Antonino Drago, andreottiano, sindaco e
presidente della Provincia negli anni Sessanta, deputato
per cinque legislature (dal '68 all''83), otto volte sottosegretario,
che nel '64-'66 vara una maxisanatoria chiudendo la fase
dell'urbanizzazione selvaggia della città. Il quotidiano
si adattò ai nuovi potenti.
Negli anni settanta il giornale non ha più lo smalto
e la vivacità degli anni degli scoop e delle inchieste,
conosce dei conflitti interni, lavora a compartimenti stagni,
perde il suo rapporto col territorio, dice un suo storico
non sospetto, Giuseppe Di Fazio [15]. Ma l'impresa editoriale
[16] cresce a gonfie vele. Nel 1980 la tiratura è
di 75.000 copie. I guadagni vengono per il 76% dalla pubblicità.
All'inizio del 1980 viene offerta a Fava la direzione del
nuovo quotidiano catanese "Giornale del sud":
due anni di battaglie con la proprietà del giornale,
per salvaguardare la libertà sua e dei suoi redattori
nelle prime inchieste di mafia e contro l'installazione
dei missili a Comiso. Ma non ci riesce ed è a questo
punto che avvia l'avventura de "I Siciliani".
Note: [11] Giuseppe Fava, Gente di rispetto,
Feltrinelli, 1964.
[12] Su questo aspetto cfr. il saggio di
Sebastiano Addamo dal titolo Giuseppe Fava e la cronaca
come letteratura nella raccolta di scritti "Oltre le
figure" Sellerio, 1989.
[13] Luciano Mirone, Gli insabbiati. Storie
di giornalisti uccisi dalla Mafia e sepolti dall'Indifferenza,
Castelvecchi, Roma, 1999.
[14] Luciano Mirone, Gli insabbiati, op.
cit.
[15] Giuseppe Di Fazio, Catania allo specchio.
Storia del quotidiano "La Sicilia" , relazione
al III convegno nazionale di studio Per un bilancio di fine
secolo. Catania nel Novecento, - tenutosi a Catania dal
10 al 13 ottobre 2000, organizzato dalla Società
di storia patria per la Sicilia orientale.
[16] E' questo il taglio che Giuseppe Di
Fazio ha dato al suo studio, "La Sicilia" impresa
economica e come tale "neutra" dal punto di vista
politico.