Il
Duecento: dai signori feudali ai mercanti
Il Duecento: dai signori feudali ai mercanti
[Centri culturali e movimenti] [Le
corti cavalleresche] [La Provenza]
[La Francia del nord]
[I movimenti religiosi] [Le
universitates] [La Germania cortese
e la Germania borghese] [Federico
II] [Alfonso X] [I
Comuni in Italia] [I primi documenti
in italico] [Altri centri in europa:]
[Inghilterra] [Irlanda]
[Fiandre] [Finlandia]
[Islanda] [Principato
di Kijev] [Serbia] [Ebraismo]
[ Scheda cronologica ] [
Aree extraeuropee ]
Centri culturali e movimenti
Il panorama culturale europeo nel XIII secolo è convulso,
proprio di regioni che attraversano processi di espansione e riaccumulazione
della ricchezza. La persecuzione degli Albigesi (1209\1229) e
la nascita dell'Inquisizione (1233) segnarono la fine, nel sangue
e nel genocidio, della produzione provenzale. Da allora, l'avvento
della Francia settentrionale; mentre i trobadori sfuggiti alla
guerra si disseminano nelle regioni limitrofe ovunque ispirando
il sorgere di produzioni poetiche locali. In campo religioso riveste
importanza, anche dal punto di vista dei risultati poetici, il
movimento francescano. E' il momento in cui la chiesa cattolica
raggiunge con Innocenzo III il massimo della potenza economica
e politica. Sono attive le universitates, e alcuni centri
culturali politici come la corte di Federico II e quella di Alfonso
X a Toledo. In Italia proliferano realtà politiche e culturali
indipendenti come i Comuni. E' una proliferazione che rende conto
dell'estrema vivacità culturale ed economica di questa
regione, che continuerà fino al XVI secolo. Nel XIII secolo
centri trainanti sono Asti Milano Verona Venezia Genova Pisa Firenze
Siena, ma molti altri dimostrano un attivismo e una intraprendenza
notevoli. Manca un centro politico unitario, ma si afferma l'attività
di una classe, quella mercantile borghese, e con essa una mentalità
e una cultura.
Tra il 1170 e il 1250 la società feudale raggiunse il più
alto grado di sviluppo. Ai valori della tradizione cristiana si
affiancarono quelli dell'etica cavalleresca: la lealtà
, la fedeltà al proprio signore e alla donna amata, la
dedizione agli ideali religiosi e ai compiti sociali dell'aristocrazia.
Centri della vita letteraria diventarono le corti e i castelli,
dove i sovrani e i grandi feudatari si atteggiavano a protettori
di poeti e artisti. In tale cornice la poesia fu intesa essenzialmente
come raffinato involucro formale di affascinanti storie d'amore
e di cavalleria.
Nella Francia settentrionale, la lingua d'oil è usata anche
in campo storiografico: efficace il resoconto degli eventi vissuti
da Robert de Clari e
Geoffroi de Villehardouin, combattenti e cronisti della quarta
crociata; più tardi è Jean de Joinville.
In campo teatrale continuano le sacre rappresentazioni del
secolo precedente; e ad Arras nel 1200 si rappresenta Il
jeu di san Nicolas (Le jeu de saint Nicolas) di Jean Bodel,
la più antica rappresentazione di "miracolo": i "miracoli"
hanno come fonte la vita dei santi e saranno numerose per tutto
il secolo.
Dagli intermezzi profani del dramma sacro si sviluppa verso
la metà del XIII secolo un teatro comico. Capostipite
ne è Adam de la Halle; di queste
rappresentazioni buffonesche è rimasto poco.
In campo poetico, dopo Chrétien de Troyes la tradizione
cortese si afferma con i trovieri, spesso signori e cavalieri:
Gace Bruléé,
Conon de Béthune, Thibaut
de Champagne.
Non appartiene a queste classi
Colin Muset,
autore di componimenti di gusto giullaresco e a volte con intenzioni
ironiche nei confronti della tradizione cortese. Le convenzioni
cortese sono del tutto superate nel maggiore poeta in lingua oïl
della seconda metà del XIII secolo,
Rutebeuf che per temperamento polemico e ispirazione realistica
precorre Villon.
Tra le cose più importanti dal punto di vista letterario prodotte
in questo secolo in territorio e ambiente culturale francesi,
è il
Roman della rosa,
che ebbe una influenza determinante nei due secoli successivi
in europa.
Una raccolta di racconti storici è I
fatti dei romani (Li fait des Romains), composta da
anonimo tra il 1213 e il 1214.
Il ciclo arturiano francese
Probabilmente nella Champagne, nel 1220-1235 fu costituita la
trilogia in prosa relativa al ciclo arturiano, formato da "Lancelot",
"Ricerca del graal" (Queste du Graal), e "Artu
morto" (Mort Artu).
Il secolo si apre con l'espansione del movimento cristiano dei
francescani, a cui sono legati alcuni dei vertici della lirica
religiosa cristiana: il Cantico di
Francesco da Assisi, il Dies irae attribuito a
Tommaso da Celano, lo Stabat mater di
Iacopone da Todi.
Si tratta di una produzione lirico-religiosa che ha molto a che
fare con il sorgere e proliferare della civiltà comunale
italica, che costituisce la faccia religiosa di un ambiente che
produsse anche in campo laico. E se i maggiori risultati in campo
laico sembrano prodursi in Toscana, in campo religioso le cose
migliori provengono, nell'ambito della penisola italica, dall'Umbria.
Intorno al 1260 si sviluppa una copiosa lirica religiosa in lingua
locale postlatina, in connessione con il sorgere di compagnie
di Disciplinati a Perugia. La produzione di laudi, in gran parte
anonima, si diffonde dall'Umbria alle regioni vicine e in Italia
settentrionale, raggiungendo dimensioni enormi nei due secoli
successivi, evolvendosi anche nelle forme di laudi drammatiche.
A questo secolo appartiene il laudario, ad uso non di confraternita
ma personale conventuale, di Iacopone
da Todi. Il laudario urbinate segue la scuola iacoponiana.
Nella penisola iberica, in castigliano scrive Gonzalo
da Berceo (morto verso il 1268), un prete autore di vite
di santi e soprattutto dei Miracoli di nostra signora,
in cui sono raccolte 25 narrazioni, semplici e appassionate,
di prodigi compiuti da Maria. Si tratta del primo autore della
futura letteratura spagnola-castigliana, di cui conosciamo il
nome. Gonzalo usa quartine monorime, composte di versi simili
agli alessandrini epici francesi, con una sillaba in più sulla
cesura. E' una forma metrica diffusissima nella letteratura
castigliana delle origini ("cuaderna vìa" o
"mester de clerecìa"), in contrapposizione
alle forme irregolari dell'epopea popolare, e con influenze
latine e francesi. Le sue opere sono coeve ad altri testi di
autori anonimi (Il libro di Apollonio, Il libro di
Alessandro, Il poema di Fernàn Gonzalez ecc.).
In campo teatrale è l'anonimo Auto dei re Magi
(Auto de los Reyes Magos, c.1200), primo testo in versi della
drammaturgia liturgica spagnolo-castigliana. Dal punto di vista
contenutistico e macrostrutturale, l'auto non differisce molto
dai contemporanei misteri e sacre rappresentazioni del resto
dell'europa. Il breve frammento dell'"Auto dei re Magi"
è l'unico superstite di questo periodo.
In tutta l'europa latina si producono omelie, artes praedicandi,
raccolte di "miracula" e di "exempla". Alla
metà del XIII secolo risale la Legenda aurea di
Iacopo da Varazze, un domenicano;
si tratta di una raccolta in latino di 182 vite di santi composta
negli anni 1255-1266, e che ebbe una diffusione vastissima fino
al XVIII secolo, un vero e proprio best seller, fu tradotta
e volgarizzata, esercitando un notevole influsso sulla letteratura
religiosa italica ed europea. Attraverso i racconti su Gesù
e Maria e soprattutto i ritratti di eroi e eroine cristiane
dei primi secoli, sviluppa una sequenza narrativa che si gradua
attraverso il sogno, l'estasi, il realismo, il truculento e
il macabro, il terrificante e il ridente. Una specie di 'Mille
e una notte' dell'exemplum, tra spregio e curiosa attrazione
per il peccato, con indicativi glissamenti su particolari "scabrosi",
e con l'uso dell'io narrante che uniformizza stilisticamente
i racconti all'interno di una succinta cornice (si veda il racconto
della vita di santa Maria Egiziaca).
Tipico della cultura del tempo è un racconto edificante
degli inizi del XIII secolo, cui si è dato il titolo
convenzionale de Il cavaliere e l'eremita. In essa tutti i lavori
profani del cavaliere (la forza, il lignaggio, il riso, la carne,
la compagnia dei vassalli) entrano in contrasto con quelli dell'eremita
che consuma le sue speranze nel recinto sacro della foresta,
nell'interiorità , nella solitudine della preghiera.
Operina minorissima, ma estremamente indicativa delle coordinate
etiche che in certi ambienti culturali (tradizionalisti) si
voleva presentare lo scontro tra cultura ascetica e cultura
cittadina/cavalleresca.
Negli anni tra il 1220 e il 1240 scrive le sue
Lettere,
Poesie,
Visioni una mistica come
Hadewijch.
Lei è la testimone di un ambiente, quello dei beghinaggi
renano-fiamminghi fiorente nel XIII e nel XIV secolo.
In europa non esistono solo i cristiani cattolici. Anche la
chiesa cristiana orientale ortodossa esprime mistici e autori
degni di rispetto. Un caso particolare è il gruppo presente
sul monte Athos. Era stato Kostantinos Monomaco nel 1060 che
aveva autorizzato questa zona sacra come zona protetta, con
il divieto d'accesso a donne, bambini, effeminati e eunuchi
e «a tutte le facce lisce». Nel XIII secolo dai santuari del
monte Athos provengono alcuni mistici dalla forte carica poetica.
Si pensi a Teolepto di Filadelfia, che scrive ispirato sulle
particolari virtù che il mistico raggiunge in quei luoghi dove
«la ragione colpita dalla lancia del divino amore zampilla pensieri
vivificanti e luminosi. L'amore, invece di una dolce conversazione,
produce profondo silenzio e incanta la ragione con la variegata
lucentezza dei pensieri». Ma si pensi anche allo Pseudo-Simone
che nei suoi "Versi della santa e divina preghiera",
che afferma come «in tutto ciò ha come inizio e fine
il capo di tutte le virtù , la carità ». I mistici del
monte Athos elaborano una religiosità monastica basata
sul valore dell'hesychía, il silenzio e la solitudine.
Attraverso l'esicasmo, sfuggire ai mali: golosità (gastrimaghia),
avarizia (philarguria), fornicazione (porneia), collera (horghè),
tristezza (lupè), disperazione (akedia), vanagloria (xenodoxia),
orgoglio (huperefania).
Epica cortese
Anche in Germania, su modello francese, si ebbero romanzi in versi
dell'epica cortese, ispirati al mondo classico e alle leggende
bretoni così come le aveva elaborate Chrétien de
Troyes. Spiccano i poemi di
Hartmann von Aue,
Tristan e Isotta di
Gottfried von
Strassburg, e soprattutto il
Parzival di
Wolfram von Eschenbach in cui sono maggiormente sottolineati
i motivi etico-didascalici, rispetto ai modelli francesi. Egli
attinge da Chrétien de Troyes, ma trasformando la vicenda
romanzesca in una storia di purificazione e di elevazione spirituale.
Epica anonima
L'epica popolare, non soggetta a influssi esterni, si basa su
una ripresa di antichi temi germanici: i testi maggiori sono dati
dal
Cantare dei Nibelunghi
(inizi del XIII secolo), e da
Kudrun
(c.1230). Nel primo prevale una cupa drammaticità
, nell'altro il gusto per l'avventura e la partecipazione agli
affanni amorosi.
Minnesang
Concepito e teorizzato come la più nobile espressione umana, l'amore
diventa il tema della contemporanea lirica cortese dei minnesänger.
Il termine di minnesang deriva dalla combinazione dei due termini
tedeschi: "sang" (canto) e "minne" (amore).
La tradizione dei trovatori provenzali si associa a spunti locali
di poesia erotica spontanea e popolareggiante. Questa del minnesang
non fu un vero movimento, ma una tradizione sviluppatasi a partire
dal XII secolo (fino al XIV) nella regione austro-bavarese. I
minnesänger appartenevano spesso al ceto nobile, recitavano
i loro componimenti davanti a un pubblico raffinato che frequentava
le corti feudali, accompagnandosi a strumenti a corda: così
come avveniva per i trovadori provenzali. Anche qui il tema principale,
quello dell'amore, è concepito come rapporto spirituale
che nobilita. Si esaltarono le virtù della vita cavalleresca e
della società cortigiana, la lealtà , la fedeltà
, la costanza, il coraggio. La donna venne idealizzata fino a
diventare modello di perfezione, ma senza essere investita di
significati mistici (come sarà nello stilnovismo). Nei
più tardi minnesänger si accenteranno gli elementi sensuali
e i vagheggiamenti sentimentali. L'amore però non era il
tema esclusivo: si scrivevano anche componimenti politici, invettive
e satire contro i potenti, canti religiosi e morali. In genere
la scelta di un determinato argomento implicava l'adozione di
un dato schema metrico e musicale:
- il lied (pl. lieder) era una canzone a più strofe, d'argomento
in genere amoroso;
- il leich (pl. leiche) era una poesia bistrofica, amorosa
e conviviale, o religiosa;
- lo spruch (pl. sprüche) era una poesia monostrofica,
spesso sentenziosa e politica.
Legato a rigide strutture formali, il minnesang finì per
cristallizzarsi.
Tra i minnesänger si affermò , al di fuori degli
schemi, nel corso del XIII secolo, la personalità poetica
di Walther von der Vogelweide cantore
di amori giovanili sullo sfondo di teneri paesaggi stilizzati.
Egli è veemente polemista politico e moralista; riporta
il minnesang nella dimensione della realtà , piegandolo
a nuovi e originali modi di espressione.
Tra gli altri minnesänger contemporanei da non dimenticare
Wolfram von Eschenbach , sensibile
all'ispirazione morale.
Già nel realismo satirico delle canzoni di
Neidhart von Reuental , scritte nel 1210-1240, è
avvertibile tuttavia la decadenza dei valori etici. I suoi versi
descrivono sensuali amori campestri del poeta che "si reca
presso i contadini".
Siamo nel clima dei poeti dell'ultimo periodo del minnesang,
in cui i vari autori, influenzati dalla produzione giullaresca,
tracciano spigliate e salaci rappresentazioni dell'ambiente
contadino: si tratta di toni e motivi sempre più estranei ai
caratteri originari del minnesang, e preludono alla poesia borghese
dei "maestri cantori".
Nel campo della prosa, documenti dell'evoluzione linguistica oltre
che dell'organizzazione politico-sociale del mondo feudale sono
lo
Specchio dei sassoni (Sachsenspiegel, 1221-4) la più
vasta e autorevole raccolta giuridica oltre che delle consuetudini
sociali dell'area sassone, e la
Cronaca universale sassone
(Sächsische Weltchronik, c.1230) vasta compilazione storica
che va dalle origini del mondo agli eventi della Germania del
suo tempo, dovute a
Eike von Repgow (c.1190\1233).
Eike era un nobile sassone, originario della regione di Dessau:
con queste due opere a lui attribuite creò la prosa letteraria
tedesca, mentre con la "Cronaca" diede la prima importante
opera della storiografia tedesca.
La Germania borghese
Nella seconda metà del XIII secolo si accentuò la
potenza della borghesia cittadina, rivaleggiante con l'aristocrazia
dei castelli. Mercanti e banchieri sviluppano nuove forme di produzione
e distribuzione della ricchezza, mentre gli artigiani, riuniti
in potenti corporazioni, sopravanzano i ceti legati all'agricoltura.
Cominciarono così a declinare i miti della società
cortese.
L'ambiente rustico è scelto da Wernher der Gartenaere per
ambientare la sua novella in versi,
Il massaro Helmbrecht
(Meier Helmbrecht, c.1270), in cui domina l'esigenza di documentare
l'apporto di tutte le classi, anche delle più umili, all'edificazione
di una perfetta società . La novella è il più antico
poema d'ambiente rurale in lingua tedesca che si possegga. Si
tratta di un'opera di grande originalità e vigore. Nato
in un'epoca in cui la cavalleria era degenerata nei misfatti dei
"cavalieri predoni", Wernher non condanna direttamente
i cavalieri decaduti ma i contadini traviati dal loro esempio:
narra così la storia tragica di un contadino che rifiuta
la propria condizione e, sotto il miraggio di diventare cavaliere,
compie una serie di atroci misfatti. Alla fine, la terribile punizione.
L'opera è simile a una ballata popolare, in gran parte
occupata dai dialoghi tra i personaggi: il protagonista, il padre
inflessibile nella condanna del figlio che rifiuta la propria
condizione, la sorella, le vittime delle sue violenze che alla
fine lo riconoscono e lo puniscono. Si tratta di personaggi complessi
e psicologicamente molto elaborati. E' una parodia dei poemi cavallereschi,
ma anche il poema che decreta la fine di quel genere, nel naufragio
di quel mondo nella violenza.
La realtà sociale interessa ancora soprattutto per i suoi
aspetti comici e grotteschi. Il mondo pittoresco dei poveri, lo
spettacolo della stoltezza e dell'astuzia umana, sono materia
letteraria per
Stricker, ma anche
per un poeta come
Konrad von Würzburg
(era nato a Würzburg nel 1220-30, morì a Basilea nel
1287) che, pur di estrazione borghese, risulta legato nelle sue
novelle in versi alla tradizione cavalleresca, impegnato a realizzare
uno stile "fiorito" decorativo e rarefatto quanto quello
dell'arte gotica allora imperante. Konrad è l'ultimo esponente
della letteratura tedesca cavalleresca. Riprende lo stile raffinato
e dotto di Gottfried von Strassburg. La sua vasta opera comprende
poemi cavallereschi (Engelhart), novelle (Heinrich von Kempten),
vite di santi (Silvester, Pantaleon), liriche e poesie gnomiche.
Il suo nome è rimasto famoso per il poema Il cavaliere
del cigno (Der Schwanritter), sulla leggenda di Lohengrin, il
cavaliere del santo graal, da cui Wagner ricavò un dramma
musicale.
Anche nel teatro troviamo questo mutamento verso forme più realistiche.
Ai drammi religiosi in latino del secolo precedente succedono
sacre rappresentazioni in lingua locale, dedicate ai momenti principali
dell'anno liturgico (Passionsspiele, Weihnachtsspiel). Ma mentre
prima tali rappresentazioni posseggono situazioni e caratteri
molto stilizzati, con l'avvento della nuova cultura borghese prevalgono,
sui contenuti religiosi, l'interesse per l'ambientazione storica
o pseudo-storica (Mistero della papessa Giovanna).
Nelle
fastnachtsspiele, farse carnevalesche eseguite
nelle piazze, il teatro indulge nei modi dell'umorismo più facile.
Intanto esiste uno sforzo per rinnovare il sistema ideologico
laico, come si avverte nella poesia di contenuto gnomico e morale.
Nella prima metà del secolo Freidank, nella raccolta poetica
Saggezza (Bescheidenheit) detta precetti che dovrebbero
servire non solo per la salvezza eterna ma anche per rapporti
sociali più armoniosi.
La scuola dei "maestri cantori" (meistergesang), appoggiata
dalle corporazioni artigianali, nella sua ampia parabola produttiva
(dal '200 al '500), riafferma i princì pi di un'etica borghese
idealizzata: l'equilibrio, il senso della misura, lo spirito d'adattamento,
la laboriosità, la tenacia. Sono valori esaltati anche
dalla grande letteratura religiosa del tempo, in cui si affermano
le possibilità espressive della prosa tedesca: dalle prediche
del francescano
Berthold von Regensburg
(c.1210\1272) ai successivi teologi Meister Eckhart, Taulero
e Suso.
In middle-english circolano poemi del ciclo
arturiano (nel c.1205 Layamon scrive il Brut, proprio in middle-english),
mentre meno rilevanti risultano i contributi provenienti dai popolari
cicli carolingio e classico, rispetto alle opere indipendenti
come il Sir Orfeo e ai romanzi del ciclo isolano. A radici popolari,
più che a moduli cortesi, risale la splendida lirica del Manoscritto
Harley.
Menzione a parte merita la poesia irlandese che, con le sue formule
magiche e incantatorie derivate dagli antichi sacerdoti druidi.
Siamo qui alla preistoria della tradizione satirica britannica.
Nelle Fiandre la produzione letteraria subisce influssi soprattutto
dalla Francia. Nella mistica si distingue la monaca Hadewijch.
Sono diffuse canzoni di gesta e romanzi cortesi, ma quasi essenzialmente
nelle province del sud che appartengono in quest'epoca alla Francia.
Il genere cavalleresco non attecchisce nel contesto fiammingo,
essenzialmente borghese. Grande successo ottengono un rimaneggiamento
di alcune parti del Roman di Renard e l'opera di
Jakob van Maerlant.
In gran numero sono le canzoni e i racconti popolari in versi,
spesso d'argomento didascalico. Grande ruolo acquista, a partire
dal 1250 la prosa sacra, sia per la profondità espressiva
che per il suo rilievo linguistico.
Mentre il Finlandia continua la tradizione orale dei canti (runi)
recitati al suono del kantele (un tipo di cetra), in Norvegia
si ha un modesto processo di recupero di materiali nordici autoctoni,
con una forte assimilazione di testi religiosi e profani (agiografie,
moralità , poemi cortesi e cavallereschi) di provenienza
continentale.
Degni di nota il Konûngs skuggsja (o Speculum regale),
un trattato sull'educazione degli aristocratici. Nel campo della
produzione latina è l'Historia de antiquitate regum norvagiensium
del monaco Thoudricus. Rilevante, tra XIII e XIV secolo, la produzione
di ballate epico-liriche, su modello provenienti dalla Francia
attraverso Germania e Danimarca.
Intorno al XIII secolo è in Islanda la massima fioritura
della tradizione degli scaldi, i poeti epico-encomiastici che
operavano presso le corti feudali e che dall'isola emigrarono
nelle altre aree scandinave. Nella prima metà del secolo,
alla vigilia della dominazione danese, è un periodo di
vita culturale eccezionalmente intenso. Nasce la letteratura in
prosa, con le saghe, narrazioni che erano fatte risalire a veri
fatto storici. In quegli anni è l'attività del massimo
erudito islandese antico, Snorri Sturluson.
Dal principato kijeviano, prezioso documento del sostrato popolare
che sottende la letteratura erudito-ecclesiastica, manifestandosi
per lo più con particolari clausole ritmiche, è la Supplica
risalente attorno alla metà del XIII secolo, che un ignoto
Daniil detto "Zatocnik" (il prigioniero), rivolge al
principe della sua città affinché lo accolga a corte
e gli dia una libera occupazione.
Nel 1240, travolta dai mongoli dell'Orda d'oro, cade Kijev. I
prìncipi russi sono ridotti a vassalli. Per la letteratura
comincia un periodo di decadenza in cui i vecchi generi ereditati
da Bisanzio sopravvivono in forme irrigidite attraverso degli
epigoni. La tolleranza religiosa dei tatari (dopo il primo impatto
devastante) però , lasciò intatte le basi della
cultura slavo-ortodossa e permise il perpetuarsi di una tradizione
che conoscerà una nuova fase di sviluppo alla fine del
XIV secolo.
Nel XIII secolo inizia un processo di germanizzazione dei popoli
baltici, che impedisce l'evolversi delle culture di quei popoli
verso una autonoma produzione scritta.
In Serbia la produzione letteraria ha inizio per influsso dell'attività
di Cirillo e Metodio; a differenza delle regioni croate, nelle
regioni serbe lo slavo ecclesiastico mantenne prerogative di lingua
letteraria oltre che liturgica, fino al XVIII secolo.
Favorita dall'ascesa dello stato serbo, la letteratura ebbe vigoroso
sviluppo proprio a partire dal XIII secolo, pervenendo a un alto
grado di maturità continuato per due secoli. Essa ebbe
i suoi centri nei monasteri, fondati fuori del territorio che
sarà nazionale - celeberrimo quello di Hilandar - nei quali
gli stessi sovrani si rifugiavano negli ultimi anni di vita. Il
modello rimase a lungo la letteratura bizantina, dalla quale si
assimilavano con fervore spiriti e forme. Il genere più fortunato
fu quello agiografico e biografico, in cui venivano consacrati
i regnanti fondatori di monasteri. Iniziatore ne fu Sava (1169\1236)
figlio del primo re serbo, da lui celebrato in una pregevole Vita
di san Simeone. Sul suo esempio, suo fratello, il re Stefano (1165\1227)
scrisse una più ampia biografia del genitore. Alla metà
del XIII secolo i monaci Domenziano (1210\1264) e Teodosio (seconda
metà del XIII secolo) scrissero una Vita di san Sava.
In Spagna continua la fioritura ebraica. Accanto alla produzione
delle scuole filosofiche, si ha una ripresa della mistica con
Mosheh de León (c.1240\c.1305), l'autore più probabile
de Lo splendore (Sèfer Zohar, Libro dello splendore),
che ebbe una grande influenza nella mistica ebraica successiva.
Secondo la tradizione, lo "Zohar" fu attribuita a Shim'on
bar Jochaj, erudito palestinese del II secolo (+). Sulla base
di un'accurata indagine critica storico-religiosa, si ritiene
invece che sia stato scritto almeno in gran parte da Mosheh de
León. Lo "Zohar" è un midrash omiletico
al Pentateuco e ad altre parti della Bibbia. E' scritto in un
aramaico artificiale. Comprende 21 trattati, in cui si sviluppano
le dottrine caballistiche su dio, i suoi nomi, la cosmologia,
la mistica dei numeri e delle lettere dell'alfabeto ecc. La forma
usata è spesso quella delle rivelazioni fatte da Shim'on
bar Jochaj. Considerato un libro sacro dai caballisti, ebbe un'influenza
anche sui "caballisti cristiani" nel XV-XVII secolo.
Figura importante nella mistica è quella di
Abraham Abulafia.
Accanto a questi, a fare da sottofondo, il lavoro di tutta una
serie di autori minori e minimi, e soprattutto di eruditi, cui
si deve un lavoro notevole di accumulo di informazioni e materiali:
di cultura. Tra questi eruditi minori è Shem Tob ibn Falaquera,
poligrafo, si occupò di poesia di corte, di studi medici,
di psicologia (scrisse un "sefer ha-nefesh" cioè
un "libro dell'anima"), scrisse un glossario filosofico
a introduzione di un florilegio di "Opinioni dei filosofi"
(Deot ha-filosofim), una specie di enciclopedia di 600 pagine
manoscritte, in ebraico.
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