Wolfram von Eschenbach

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Wolfram von Eschenbach

Wolfram von Eschenbach era nativo di Eschenbach [Franconia]: qui nacque nel c.1170. Soggiornò a lungo alla corte del langravio Hermann di Turingia, dove incontrò forse Walther von der Vogelweide.
Le sue liriche sono scritte in altotedesco medio, sono prevalentemente d'argomento amoroso secondo la tradizione del minnesang. Vi sono spunti di forte concentrazione poetica. Suggestive in particolar modo le "albe", con la rappresentazione del distacco degli innamorati al termine della notte felice. Esse si distinguono, all'interno della tradizione, per la loro visione morale e per l'esaltazione della "fedeltà". Wolfram è però soprattutto l'autore di uno dei poemi più ampi e profondi del panorama europeo del tempo. Il Parzival (c.1200-1210) è formato da circa 25 mila versi. Rielabora l'incompiuto "Perceval" di Chré tien de Troyes, si rifà alle leggende del ciclo bretone del Graal. Sfondo teologico e morale della vicenda è il rapporto tra colpa umana e grazia divina. Sfondo storico e letterario, l'innesto della nuova spiritualità delle crociate e degli ordini monastico-cavallereschi (i Templari) sulla tradizione celtica di re Artù e della Tavola Rotonda. Nell'avventura del giovane Parzival che, superati ostacoli e tentazioni arriva alla dignità di supremo custode della reliquia (il Graal), è la metafora di un processo di elevazione morale, dalle tenebre terrene del peccato fino alla luce di dio, secondo uno schema tipico degli scrittori mistici. Il poema annuncia anche un tipo caratteristico di narrazione, destinato a rinnovarsi poi nella tradizione successiva, per diventare alla fine il "bildungsroman", il romanzo cioè che ricostruisce la "formazione" dell'individuo come graduale costruzione della sua personalità etica. Una ansia inquieta spinge i cavalieri, che oltrepassano boschi e si lasciano alle spalle ricche città , alla ricerca d'altro: emotivi e nostalgici, tuttavia non si lasciano mai andare, anzi controllano con "cortese" attenzione i loro atti e le loro parole. Parzifal, ragazzo ingenuo e rozzo lascia il castello dove vive protetto dalla madre e, come i cavalieri che ammira e il cui modello segue, impara a essere riservato e a tacere. Ma deve imparare anche a superare le regole dell'educazione cortese e dell'etica cavalleresca, e parlare e interrogare quando il destino lo vuole. Sia la madre prima di partire, che Gurnemanz che si è fatto carico della sua educazione cortese, gli hanno raccomandato comportamenti gentili e prudenti, e soprattutto il riserbo. Ma questa educazione mondana e approvata dai suoi simili non gli gioverà nell'incontro fatale con il re pescatore Anfortas. Parzifal giunge al palazzo del re, giudato dal suo cavallo a briglie sciolte, e ferito, con una piaga sempre aperta, simbolo del peccato carnale inconciliabile con la purezza che i guardiani del santo Graal debbono conservare. Anfortas soffre senza speranza, e con lui tutta la corte. Basterebbe che Parzifal facesse una sola domanda, quella 'vera', e chiedesse al re cosa lo fa soffrire: la guarigione del re riporterebbe la gioia alla sua corte. Parzifal invece, memore del riserbo cortese, tace commettendo una colpa fatale di cui, come negli antichi drammi greci, è inconsapevole. E' proprio questo comportamento stoltamente 'innocente' uno dei punti più significativi del romanzo, che distingue il "Parzifal" dagli altri racconti del ciclo arturiano. Il discrimine tra perfezione cortese e mondana, e la perfezione cristiana e mistica. Per Abelardus l'etica coincide con lo spazio della ragione consapevole e della intenzione: non può esserci colpa là dove non c'è assenso consapevole, una azione non premeditata è sempre innocente. Ma per l'oppositore di Abelardus, Bernardus da Cleirvaux, che Wolfram segue, ogni atto ha in sé una forza e un significato al di là della adesione intenzionale perché rompe un ordine soprannaturale e invisibile: chi lo compie anche inavvertitamente non può quindi sottrarsi alla colpa e alla pena. Solo umiliandosi e riconoscendo la superiorità della incomprensibile volontà divina che lo ha condannato alla disperazione, Parzifal potrà ritornare al castello del Graal, interrogare Anfortas e essere infine proclamato re. Il "Parzifal", primo grande bildungsroman europeo, pone dunque il percorso morale dalla ingenua adolescente incolta e selvaggia, attraverso l'educazione mondana e cavalleresca, fino al raggiungimento della gioia mistica ottenuta con il superamento di ogni norma umana e l'abbandono alla volontà divina. In Wolfram è dunque forte la visione religiosa e morale. Ma accanto a questo è un forte amore per il fantastico. La sua è spesso una viva narrazione, sempre molto attento ai fatti della vita e al colorito esotico. Ciò che costituisce il maggior fascino del poema che ebbe una buona fortuna, oltre a un rilancio in epoca romanticistica (specie dopo l'uso fattone da Richard Wagner).
Wolfram, oltre alle liriche, ha scritto anche altri poemi. Il Willehalm (c.1215) che si rifà ad argomenti del ciclo carolingio (in special modo alla "Chanson de Aliscans") e che traccia un ritratto ideale del conte Guglielmo d'Aquitania, pio cavaliere e crociato. Suo anche l'incompiuto Titurel (c.1215) ispirato anch'esso alle vicende del Graal.
Contesto storico



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