Iacopone da Todi

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Iacopone da Todi

Iacopone era nato a Todi nel 1230-36 (morì a Collazzone [Todi] nel 1306). Il suo nome era Iacopo de' Benedetti, ma i suoi concittadini lo chiamavano Iacopone. Esercitò forse in gioventù la professione di notaio e procuratore legale. Incerte le notizie biografiche anteriori alla conversione, avvenuta nel 1268 e provocata dalla morte della moglie Vanna, sposata da un anno e dalla scoperta di un cilicio sul corpo della donna. Nel 1278 entrò come frate laico tra i minori francescani e appoggiò subito con intransigenza la causa degli "spirituali" contro i "conventuali". Con altri compagni ottenne da Celestino V, cui aveva indirizzato nel 1294 nobili versi, il riconoscimento ufficiale dell'ordine degli spirituali. Fu accanitamente avverso a Bonifacio VIII che annullò le disposizioni del predecessore. Nel 1297 firmò , con i cardinali Colonna, il manifesto di Lunghezza con cui si deponeva Bonifacio e si chiedeva un concilio. Il papa rispose con la scomunica e l'assedio di Palestrina. Nel 1298 la città cadde, e Iacopone fu processato e rinchiuso in carcere. Chiese invano l'assoluzione dalla scomunica. Nel 1303 fu liberato dalla prigione dal successore di Bonifacio, Benedetto XI. Trascorse gli ultimi anni nel convento di Collazzone.
La produzione di Iacopone comprende 93 laude certe e numerosi componimenti latini e volgari, di attribuzione più o meno dubbia, tra cui un "Trattato" ascetico, una raccolta di "Detti", e lo "Stabat Mater". Temperamento violento ed estremista, inveisce contro la corruzione ecclesiastica e l'eresia, usando le sue letture bibliche patristiche e soprattutto francescane, con echi della produzione latina didattico-allegorica e persino motivi stilnovistici. Con ostentato espressivismo popolare e dialettale volle dare forma al suo polemico pauperismo. Nelle laude, che hanno forma di ballata dallo schema vario, maledice e ironizza con sferzante vitalità, insegna a pregiare le virtù ascetiche e a dannare i vizi mondani. Dalla negazione del mondo come male, nasce un canto violentemente spezzato, grottesco, realistico, che si consuma tragicamente con brucianti vampe di teatrale angoscia.
La sua cosa migliore è forse la lauda dialogata Donna di paradiso (o Pianto della Madonna): qui sceneggia un dramma di gesta sulla passione di Cristo, con distribuzione di parti individuali e corali, e implicita visualizzazione scenografica dell'azione. Primo e bellissimo esemplare di lauda drammatica, è il primo testo volgare in cui la figura di Maria assume, specie nell'assolo finale, pieno risalto di protagonista.

Contesto storico



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