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Un ricordo di Giuseppe Manzitto

Se c’è un lentinese che merita di essere definito „filantropo“, questo è certamente l’ing. Giuseppe Manzitto...

di Ferdinando Leonzio - domenica 14 febbraio 2021 - 3029 letture

Se c’è un lentinese che merita di essere definito „filantropo“, questo è certamente l’ing. Giuseppe Manzitto, di cui ho scritto in passato [1]. Lo merita non solo per il dono da lui fatto alla sua Città, ma anche per la sua rigorosa, benché umanamente difficile, applicazione del precetto evangelico che dice: „Non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra“ [2], che costituisce un esplicito invito al disinteresse nel compimento delle proprie buone azioni.

La mia ammirazione per questo cittadino esemplare mi spinge anche adesso, a 71 anni dalla sua morte, a rievocarne la figura.

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Ritratto dell\’ing. Giuseppe Manzitto

Le scarne notizie da me raccolte sulla sua figura sono ascrivibili a fonti diverse: all’avvocato Vincenzo Bombaci per la sua giovinezza, a quanto conservato nell’Archivio Storico Comunale e ad altri uffici comunali, per gli aspetti istituzionali, all’Istituto delle Poverelle per la gestione dell’opera a lui intitolata. Allo stesso Istituto devo anche la „scoperta“ di una poesia, in stile neoclassico, a lui dedicata, scritta da un altro illustre lentinese meritevole di essere ricordato: il poeta ing. Raffaele Bonfiglio.

L’infanzia e l’adolescenza di Giuseppe Manzitto sembrano uscite da una fiaba. Egli nacque, come risulta dai registri dello stato civile, alle ore 4,27 del 26 maggio del 1878, secondo la dichiarazione fatta dal padre Alfio Manzitto [3], di ventisette anni, assistito dai testimoni Natale Marino e Filadelfo Incontro.

La famiglia Manzitto, piuttosto povera, abitava in via Ponte Asmundo, in periferia, corrispondente all’attuale via Silvio Pellico.

Se il Nostro aveva avuto la sfortuna di essere nato in una famiglia povera, per la quale egli cercava in ogni modo di rendersi utile [4], la natura lo aveva compensato donandogli un’acuta intelligenza e una ferrea volontà di farsi strada nella vita.

Visti i buoni risultati ottenuti nelle elementari, la famiglia, con lungimiranza, andando incontro a qualche sacrificio, decise di fargli proseguire gli studi, iscrivendolo alla Scuola di Avviamento Professionale [5], alla fine del cui corso di studi conseguí la licenza tecnica.

Manzitto continuò poi gli studi a Catania e successivamente all’università di Milano, dove conseguí la laurea in Ingegneria industriale.

Grazie alla consapevolezza, acquisita sul campo, della crescente industrializzazione del Settentrione d’Italia e dunque delle migliori occasioni di lavoro che esso offriva a un tecnico, rispetto a un Meridione ancora dominato da residui feudali tutti gravanti su un’agricoltura ancora arretrata, il Manzitto capí che il suo avvenire professionale era nel Nord Italia. Non si sbagliava.

Rimasto in Lombardia, egli ebbe piú di un’occasione di dimostrare il suo valore come tecnico e come dirigente, guadagnandosi una notevole stima nel settore, fino a quando accadde qualcosa che avrebbe segnato una svolta nella sua vita.

La signora Virginia Gervasoni di Bergamo, rimasta vedova, con un figlio, di un industriale del luogo e obbiettivamente non in grado di dirigere la fonderia di cui era stato titolare il marito, decise di assegnare questo incarico all’ormai noto professionista lentinese.

Ben presto, favorito dai necessari contatti professionali fra proprietaria e dirigente, fra Virginia, familiarmente chiamata Gina, e Giuseppe, allora cinquantenne, nacque del tenero, tanto che i due decisero di sposarsi.

Il loro matrimonio fu celebrato il 20 gennaio 1924 e i due fissarono la loro residenza a Bergamo, in via Locatelli 21 [6]. Manzitto da allora, naturalmente, divenne qualcosa di piú che direttore, raggiungendo cosí l’apice della sua carriera.

In tutti gli anni di studio e di lavoro passati al Nord Manzitto non si dimenticò mai delle sue radici siciliane e lentinesi e dei suoi concittadini, e perciò volle concretamente dimostrare il suo attaccamento alla sua Città di origine.

Da buon cattolico, il suo primo pensiero fu per il santo patrono della città, Sant’Alfio. Volle perciò , nel 1939, fare dono alla Chiesa Madre di una struttura in metallo idonea a far muovere la statua del santo su ruote, senza piú bisogno che fosse trascinata o sollevata di peso.

Si trattava di un dono assai importante, se il Comitato della festa, presieduto dal parroco don Francesco La Rosa [7] decise di apporre, su una fiancata della vara, una targa-ricordo, che ancor oggi si può ammirare, recante la scritta [8]:

„La distanza non cancella
gli affetti piú santi“

Dono del dott. Ing.
Giuseppe Manzitto
BERGAMO, maggio 1939 XVII

Successivamente andò maturando, nella mente e nel cuore di quel benefattore, l’idea di fare alla sua Lentini la donazione che lo consegnerà – sia detto senza enfasi, secondo il carattere del Nostro - alla storia locale e alla gratitudine dei suoi concittadini.

L’idea di quell’azione benefica gli venne in seguito ai colloqui avuti con un suo collega di Bergamo, l’ingegnere edile Luigi De Beni, con studio a Bergamo, in piazza Cavour 6.

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Luigi Palazzolo

Il professionista bergamasco, vedendo intensificarsi sempre piú in Manzitto il benefico intendimento, gli parlò delle „Suore delle Poverelle dell’Istituto Palazzolo“ [9], un istituto religioso femminile, con sede centrale a Bergamo, detto brevemente anche „Istituto Palazzolo“, dal nome del suo fondatore, il beato Luigi Palazzolo [10], dedito non solo alla cura dello spirito dei suoi assistiti, ma attento anche ai loro bisogni materiali [11].

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Teresa Gabrieli

La concretezza [12] era dunque stata la caratteristica principale dell’azione pastorale del Palazzolo che, con la collaborazione di suor Teresa Gabrieli [13], egli aveva anche trasmesso all’Istituto da lui fondato [14].

E fu proprio grazie a quella concretezza, del tutto conforme alla sua mentalità pratica di tecnico e di industriale, a far optare il Manzitto, nel 1947, per la costruzione, a sue spese, di un orfanatrofio, da gestirsi appunto dalle „Poverelle“, di cui dotare la sua amata città.

Come tutti quelli che vivono lontani dalla terra natía e che non hanno dimenticato i luoghi dove affondano le proprie radici, egli amava familiarizzare con i lentinesi che aveva l’occasione di incontrare.

Fu uno di essi, che era anche un altro suo collega, probabilmente conosciuto quand’era ancora in Sicilia, il lentinese ing. Salvatore Cosentino, tecnico comunale, che allora prestava servizio militare, come ufficiale dell’aviazione, appunto in Lombardia, a portare per primo la notizia in città.

Progettista fu da Manzitto nominato il De Beni [15], che nella sua relazione al progetto [16], datata Bergamo 12 marzo 1949, cosí scriverà:

Il Dr. Ing. Giuseppe Manzitto, noto ed apprezzato industriale della Lombardia, con gesto degno d’ogni migliore encomio che denota la nobiltà e la sensibilità del suo cuore, dispone che nella sua città natale sorga un’opera del Palazzolo a vantaggio dei poveri ed in modo particolare dei bimbi orfani. Egli ha avuto modo di conoscere ed apprezzare l’Istituto delle Suore delle Poverelle, detto anche Istituto Palazzolo, il quale si occupa di gran cuore nell’aiutare i bisognosi secondo la massima del proprio venerato Fondatore, il servo di Dio don Luigi Palazzolo, cosí espressa: „Io cerco e raccolgo il rifiuto di tutti gli altri, perché dove altri provvede lo fa assai meglio di quel che io potrei fare, ma dove altri non può giungere cerco di fare qualcosa io, cosí come posso.

E piú avanti:

Il sig. Dr. Ing. Manzitto ha avuto modo di conoscere ed apprezzare le molteplici attività delle Suore delle Poverelle, la bontà del programma dell’Istituto che si adegua continuamente alle necessità dei luoghi e dei tempi, la modestia delle RR Suore, il loro spirito di sacrificio, la loro laboriosità e l’oculatezza con la quale amministrano il Patrimonio del Palazzolo, che è patrimonio dei poveri. Non poteva, quindi, il Dr. Ing. Manzitto scegliere per la sua generosa Città di Lentini un Istituto di beneficenza piú adatto al proprio caso e l’opera benefica che verrà eretta in quella Città servirà di collegamento spirituale e materiale con la Città di Bergamo e la Lombardia ove l’Ingegnere ha svolto una intensa attività industriale che gli ha dato modo non solo di distinguersi nel campo tecnico, ma di costituire un cospicuo patrimonio.

Decisa l’opera da donare, che sarebbe stata amministrata e diretta dalle Suore delle Poverelle, occorreva ora trovare il terreno su cui costruirla.

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Filadelfo Castro

A tale scopo l’ingegnere Manzitto, nei primi mesi del 1947, venne a Lentini, dove prese contatto col parroco mons. Francesco la Rosa e col sindaco Filadelfo Castro [17].

Alla fine fu convenuto che il Comune avrebbe promosso la cessione gratuita del terreno su cui sarebbe sorta l’opera all’ing. Manzitto, che, a sua volta, l’avrebbe ceduto all’Istituto delle Suore delle Poverelle, che avrebbe costruito l’edificio, ma con spese a carico del Manzitto.

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Giovanni Pattavina

I contatti tra Manzitto e Amministrazione Comunale di Lentini [18] proseguirono per lettera, fino a quando, il 25 maggio 1948 il Manzitto venne di nuovo a Lentini [19], questa volta accompagnato dalla moglie Gina Gervasoni, per assistere alle fasi conclusive della lunga trattativa, che aveva visto concordi, forse per la prima volta tutte le forze politiche, sia quelle rappresentate nel Consiglio Comunale (PSLI e PCI), che le altre. Il procedimento deliberativo del Comune ebbe due passaggi:

1 - Una delibera [20] del 2 giugno 1948 della Giunta Comunale, adottata con i poteri del CC e dunque soggetta a ratifica dello stesso, con cui, vista l’utilità dell’opera e l’urgenza di iniziare i lavori, si stabiliva l’eliminazione dalle strade comunali di una superficie di circa 5000 mq, situata nella zona „Mercato Grande“ e di cedere, a titolo gratuito e in perpetuo, all’ing. Manzitto, tale terreno [21] per costruirvi un edificio di „pubblica beneficenza“.

2 – Tale delibera venne ratificata, il 25 giugno 1948, dal Consiglio Comunale con voto unanime, cui seguí un fragoroso applauso congiunto dei consiglieri e del pubblico.

Il progetto, redatto dall’ing. Luigi De Beni, il 12 marzo 1949 venne presentato alla Commissione Edilizia, per il parere di legge. Tale parere venne favorevolmente adottato dalla Commissione il 15 aprile 1949.

A smorzare l’entusiasmo sorsero però difficoltà da parte dell’organo di controllo degli enti locali, allora la Giunta Provinciale Amministrativa.

A tal proposito, l’ing. Manzitto, rispondendo ad una lettera del sindaco Castro, dichiarò di non poter accettare le condizioni poste dalla Giunta Provinciale Amministrativa per la cessione gratuita a lui del noto terreno, che lui avrebbe poi trasferito all’Istituto delle Suore delle Poverelle, che avrebbe provveduto alla costruzione dell’edificio destinato ad opere di bene [22].

Sembrava perciò che tutto rischiasse di andare perduto a causa di intoppi giuridico-burocratici. Ma a quel punto venne fuori di che pasta era fatto quel figlio di Lentini, quello che da bambino andava a controllare il mulo che faceva girare la zenia e che era diventato un ricco industriale continentale che non dimenticò mai le sue origini siciliane e lentinesi.

Non ha bisogno di commenti la frase con cui concluse la sua risposta a Castro, con due righe di intonazione burocratica, ma vibranti di intensa umanità:

Qualora la Giunta Provinciale Amministrativa non intendesse entrare nell’ordine di idee sopra espresse, prego codesta Amministrazione significarmi se e a quale prezzo potrebbe vendermi l’area di cui sopra che verrebbe destinata per le note finalità.

Non ce ne fu bisogno e tutto si aggiustò da sé, per cui Manzitto, fattosi donare il terreno dal Comune, circa 6000 mq alla periferia nord-orientale della città, si adopera per la costruzione dell’edificio [23].

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Ettore Baranzini

La posa della prima pietra ebbe luogo il 29 maggio con una pubblica e solenne cerimonia, cui furono presenti, oltre lo stesso ing. Giuseppe Manzitto, a cui sarà intitolato l’Istituto, per l’occasione accompagnato dalla moglie Virginia Gervasoni, una gran massa di cittadini, il vescovo di Siracusa S.E. mons. Ettore Baranzini (1881-1968), gli amministratori comunali e molte autorità autorità civili e religiose, quali il Prefetto di Siracusa, il deputato nazionale Corrado Terranova [24], quello regionale Francesco Marino [25], il progettista ing. Luigi De Beni, le suore Angela Francoli (consigliera) e Felicina Musesti (economa) dell’Istituto Palazzolo, il grande poeta lentinese Ciccio Carrà Tringali.

Direttori dei lavori saranno il tecnico comunale ing. Salvatore Cosentino e il noto ing. lentinese Vincenzo (’Nzinu) Ragazzi.

Per avere piena coscienza dell’importanza di questa monumentale opera, basta leggerne la descrizione particolareggiata nella già citata relazione dell’ing. De Beni:

Il complesso di fabbricati costituenti l’orfanatrofio di Lentini si eleva su tre piani oltre al seminterrato, fatta eccezione per il collegamento degli edifici medesimi alla strada che è su un piano solo e nel quale trovano posto: portineria, parlatorio e direzione. [...].

Nel seminterrato, reso salubre da un’intercapedine fra i muri perimetrali e il terreno e da un vespaio sotto i pavimenti, troveranno luogo un vasto salone per la ricreazione degli orfani; la lavanderia; magazzini; ripostigli ed altri ambienti con destinazioni analoghe. Al piano rialzato, oltre la portineria, ai parlatori ed alla direzione che troveranno posto nel tratto di fabbricato ad un solo piano che collega la pubblica via agli edifici principali, sono previste le aule scolastiche, il refettorio, le cucine, coi necessari ed opportuni servizi, nonché un grande salone per cine-teatro con cabina per macchina cinematografica, palco e quant’altro occorrente per l’esercizio del medesimo. [...].

Al primo piano sono previsti gli ambienti per scuola taglio e lavori domestici, alloggio Suore ed infermeria, foresteria, il tutto con i relativi servizi, oltre alla Chiesa che trova luogo sopra il salone cine-teatro ed alla quale si può arrivare anche a mezzo di una scala esterna in pietra oltre che attraverso le logge del primo e del secondo piano. Al secondo piano sono progettate le camerate per gli orfani con servizi relativi, il tutto capace di ospitare una cinquantina di bimbi. [...].

Chiunque abbia una sia pur minima dimestichezza con progetti di costruzione sa bene che essi si concludono con una cosa per molti decisiva: l’indicazione del prezzo dell’opera.

Ecco invece come conclude l’ing. De Beni la sua relazione:

La spesa necessaria per l’esecuzione dell’opera progettata, ammontante a cifra assai cospicua, verrà sostenuta dal benemerito Fondatore Sig. Dr. Ing. Giuseppe Manzitto al quale l’opera verrà intitolata, e lo stesso desidera che detta spesa non venga resa nota né in sede di preventivo né di consuntivo.

Non si può non rimanere ammirati di fronte a tanto disinteressato altruismo filantropico!

I lentinesi non sapranno mai, dunque, il costo dell’opera, ma non potranno mai dimenticare la grandezza dell’uomo che qui noi abbiamo tentato di ricordare.

Interprete della riconoscenza della cittadinanza tutta fu un altro ingegnere, in questo caso poeta, Raffaele Bonfiglio, che gli dedicò un componimento poetico in stile classicheggiante di nove quartine [26].

Eccolo:

Salve, Campion, un immenso plauso
Dall’altro Olimpo sceso echeggia intorno
Con uno slancio sublime etereo
Che fa lieto il giorno.

Sollecite, pronte, le Castalie Dive
Temprano tosto la loro ispirata cetra,
Ch’eccita, scuote, ritempra gli animi,
Per le vie dell’etra.

Dentro l’avello, le mute ceneri
Del Donizzetti, già fremono intanto,
Anch’esse sciolgono con note un plauso,
Un piú dolce canto.

Sulle vette apriche di San Virgilio,
Tra quei pendii del nevoso Brembo,
Tutto ci allegra, che frena e dissipa
I fragor del nembo.

Giason novello, nel destro ellenico,
Ti sei spinto ardito pel Vello d’oro,
Suggellato già, nel piano d’Ercole
A tuo gran decoro.

La tua Leonzio esulta, e in pieno gaudio
Sui preziosi e scintillanti marmi,
Il tuo nome incide alla tua memoria
Con egregi carmi.

O diva Carità, virtú benefica,
Il tapino per te trova un conforto,
L’orfano già alle sue meste lagrime
Ben sicuro un porto.

Al mio campione sii sempre provvida
Qual guida sicura nei suoi begl’anni,
Le foschie atroci all’istante dissipa
Dei crudi affanni.

Vive pur sempre, ad elevato simbolo,
La tua fama ovunque ognor si spande,
Bella sorrida attraverso i secoli
Ricca di ghirlande.

La Lentini ufficiale espresse la sua riconoscenza anche con il conferimento della cittadinanza onoraria alla consorte del filantropo lentinese, che lo aveva assecondato nei suoi benefici propositi, attribuita con la delibera adottata dal Consiglio comunale [27] il 20 luglio 1949, all’unanimità e per acclamazione [28].

Il destino, però, non fu generoso col Manzitto, che non poté assistere al compimento dell’opera come tanto desiderava [29], giacché la morte lo colse il 29 dicembre 1949.

I lavori comunque proseguirono e giunsero a conclusione. Le prime quattro suore arrivarono a Lentini il 6 luglio 1951 e si misero subito alacremente al lavoro [30], dando cosí concretezza al sogno di Manzitto.

Il 26 ottobre 1951, alle ore 18, nella Chiesa Madre di Lentini, parata a lutto, si svolsero le onoranze funebri a Manzitto. Erano presenti, oltre alla vedova, appositamente venuta da Bergamo con suo figlio, un’immensa folla di popolo e le massime autorità, fra cui il Commissario Prefettizio del Comune dott. Mario Vaccaro [31].

Dopo la cerimonia funebre la salma di Manzitto, seguita dal gonfalone comunale, dalle autorità e da una moltitudine di persone, venne trasportata a spalla fino all’Istituto che da lui aveva preso il nome. Ad attenderla c’era la Madre Generale delle Poverelle, suor Fiorina Freti, accompagnata da molte altre suore, appositamente venuta da Bergamo.

L’elogio funebre fu tenuto, nell’atrio dell’Istituto, dall’avv. Alfio Sgalambro [32] che, con partecipati accenti, mise in luce i meriti da Manzitto acquisiti nella vita, nella professione e particolarmente come benefattore.

La salma, secondo la volontà dell’illustre estinto, venne tumulata nella cappella dell’Istituto. Sulla sua tomba si legge la seguente scritta in latino:

HEIC

MORTALES EXUVIAE IN PACE QUIESCUNT
JOSEPHI MANZITTO
MOLITORIS INGENIO ET OPERA PRAESTANTISSIMI
QUI
POSTQUAM NATALEM CIVITATEM VIVENS
CONLUSTRAVERAT
EAM BENEFICIIS MORIENS CUMULAVIT

LEONTINIS BERGOMI
26 – V- 1878 29-XII-1949

Il giorno successivo, alle 9, si ebbe l’inaugurazione ufficiale dell’Istituto, alla presenza delle massime autorità provinciali e locali e di numerosi cittadini.


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Cartolina - Istituto Manzitto - 1954 circa
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Lentini - Istituto Manzitto - 2021 - Foto © Girodivite
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Lentini - Istituto Manzitto - 2021 - Foto © Girodivite
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Lentini - Istituto Manzitto - 2021 - Foto © Girodivite

Si ringrazia Rosario Pizzino e l’Istituto Palazzolo Suore delle Poverelle di Lentini per aver messo a disposizione l’immagine del ritratto dell’ing. Giuseppe Manzitto.


[1] In F. Leonzio 13 storie leontine Aped, 2007.

[2] Vangelo di Matteo 6:3.

[3] Il padre si qualificò professionalmente come „villico“, cioé bracciante agricolo poverissimo. La madre era Natalizia Ragazzo, allora ventunenne.

[4] Per esempio, da bambino, pur impegnandosi, con ottimi risultati, negli studi elementari, nel tempo libero andava a sorvegliare il mulo che faceva girare la zenia (in italiano noria).

[5] La Scuola di Avviamento Professionale, istituita con una legge del 1928, a Lentini per lunghi anni ebbe sede nei locali situati tra via Roma e via Italia, oggi adibiti ad uffici comunali. Cessò di esistere nel 1963, con l’istituzione della Scuola Media Unificata.

[6] La sede centrale della fonderia era invece in via Torretta 13, sempre a Bergamo.

[7] Sul noto parroco si può vedere, di Giuseppe La Pira, Mons. Francesco La Rosa Misterbianco, luglio 2002. Ed anche, di Gianni Failla, l’articolo Mons. Francesco La Rosa, un apostolo intenso e generoso sul trimestrale Leontínoi oggi anno IV, n. 2 del giugno 2008.

[8] La targa è firmata dall’intero comitato, composto, oltre che dal presidente don Francesco La Rosa, dal vicepresidente Amore Gaetano fu Filadelfo, dal cassiere Amato Giuseppe fu Filadelfo, dal segretario Conti Ignazio fu Alfio e dai membri Cardillo Alfio e Francica Salvatore.

[9] Noto anche con la sigla S.d.P.I.P.

[10] Luigi Maria Palazzolo Bergamo (1827-1886) era stato ordinato sacerdote il 23-6-1850. Fu dichiarato beato il 19-3-1963 dal papa Giovanni XXIII, suo conterraneo. È ormai prossima la sua canonizzazione.

[11] Non parole vane, tenere espressioni, gentilezze superflue, ma pane, vino, fuoco, ricovero, giusti consigli, aiuti opportuni (In opuscolo Beato M. Palazzolo, pubblicato a Bergamo nel 1963).

[12] Per la notte porterai in dormitorio qualche cosa da mangiare e anche un poco di vino per nutrire le bambine deboli e ammalate. […] Non risparmiare spese per le piccole orfane: ti rimprovererò se troverò che hai speso poco per loro […] Alle ragazze darai cibo abbondante e a quelle che sono pallide e deboli darai da mangiare di grasso anche se fosse il Venerdí santo (Dall’opuscolo Luigi Palazzolo, pubblicato in Clackson – Anno VI, n.9, pag.9, dicembre 1965 -, organo del seminario Giovanni XXIII di Bergamo).

[13] Maria Teresa Gabrieli (Bergamo 1837-1908) collaborò validamente col Palazzolo alla fondazione delle Suore delle Poverelle. L’11-3-2019 è stata proclamata “venerabile” da Papa Francesco.

[14] Sulla vita e sull’attività di Luigi Palazzolo e sulle Suore delle Poverelle, si veda l’opera del noto storico lentinese Francesco Valenti Suore delle Poverelle, Lentini, ottobre 2001.

[15] Il De Beni era stato, fra l’altro, nel 1927, progettista del centro sportivo di Bergamo comprensivo del campo di calcio dell’Atalanta Bergamasca Calcio.

[16] In ASCL (Archivio Storico Comunale di Lentini): „Relazione tecnico-descrittiva dell’ing. Luigi De Beni, allegata al progetto per la costruzione dell’Orfanatrofio Giuseppe Manzitto (Bergamo, 12 marzo 1949“.

[17] Filadelfo Castro (1884-1963) era allora a capo di un’amministrazione monocolore socialdemocratica, sostenuta da 18 consiglieri su 30. L’intero intero gruppo consiliare socialista era stato eletto, il 17-3-1946, nella lista del PSIUP, ma nel gennaio 1947 aveva seguito la scissione socialdemocratica guidata da Saragat ed aderito in massa al PSLI. Sulla biografia politica del sindaco si può vedere, di Ferdinando Leonzio, Delfo Castro, il socialdemocratico ZeroBook, 2020.

[18] In seguito ai risultati delle elezioni regionali del 20-4-1947 che avevano visto il “Blocco del Popolo” (PCI+PSI) superare il PSLI, l’Amministrazione Castro si dimise, lasciando il posto a una Giunta Municipale bicolore PSLI-PCI, con sindaco Il comunista Giovanni Pattavina (1919-2004), che restò in carica dal 18-6-1947 al 5-5-1948). Infatti all’approssimarsi delle elezioni politiche del 18-4-1948 i due partiti della coalizione si trovarono schierati su fronti opposti, di conseguenza la maggioranza si disgregò e Castro il 6-5-1948 tornò alla guida del Comune con un nuovo monocolore PSLI, rimanendovi fino alla fine anticipata della legislatura (2-7-1951).

[19] In quell’occasione alloggiò in via Garibaldi 6, come si evince da una cartolina postale da lui spedita „alla molto rev. Madre Superiora generale“, suor Fiorina Freti.

[20] In ASCL. C 45 Reg. Delib. Giunta 1948 – C 5

[21] Manzitto, nella citata cartolina postale alla Madre Superiora Generale, definí tale terreno come situato in una posizione bellissima e salubre.

[22] In ASCL, “E” Cat. X NC 437 CC 667-668.

[23] “Cronaca dell’Istituto” - Vol. 2°, pag. 312 – in Archivio Centro Studi – Istituto Palazzolo – Bergamo.

[24] Corrado Terranova (DC) era stato eletto deputato nazionale nelle elezioni politiche del 18-4-1948.

[25] Francesco Marino (PCI) era stato eletto deputato all’Assemblea Regionale Siciliana nelle elezioni del 20-4-1947.

[26] Una copia di detto componimento trovasi nell’archivio del Centro Studi dell’Istituto Palazzolo, a Bergamo.

[27] Registro delle deliberazioni del Consiglio Comunale del 1949 in ASCL.

[28] Per l’occasione il Consiglio Comunale decise anche, su proposta del consigliere Salvatore D’Anna (PSLI), di inviare un telegramma di omaggio alla signora Gervasoni Manzitto.

[29] Non le nascondo il grandissimo desiderio di assistere all’inizio, svolgimento ed attuazione del programma che tanto spontaneamente e di tutto cuore mi sono prefisso a favore della nostra tanto amata Città natale (dalla Lettera di Manzitto a Castro, cit.).

[30] Superiora era suor Maria Iarizzo.

[31] Il dott. Vaccaro era subentrato alla dimissionaria Amministrazione Castro il 2-7-1951.

[32] L’avv. Alfio Sgalambro (1920-1984), pronipote del famoso storico lentinese Sebastiano Pisano Baudo, era un intellettuale appassionato delle ricerche archeologiche dell’antica Leontínoi, anche nella sua veste di ispettore onorario ai monumenti. Fu anche consigliere comunale in rappresentanza del PLI e uno dei fondatori del Centro Studi Notaro Jacopo di Lentini.


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