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Un ricordo di Delfo Nigro

Ebanista, socialista, antifascista, tra i fondatori del PCI a Lentini.

di Ferdinando Leonzio - sabato 16 settembre 2023 - 1042 letture

Nel ventennio a cavallo tra fine Ottocento e primo Novecento, le condizioni del proletariato siciliano erano veramente disperate. Fra i lavoratori erano numericamente prevalenti, come a Lentini, i braccianti agricoli, poveri jurnatari il cui lavoro era solo stagionale e dipendeva spesso dalle condizioni climatiche. Tutto ciò aveva spinto i lavoratori a cercare forme associative, nella speranza di poter cosí alleviare le sofferenze e gli stenti a cui essi erano condannai, assieme alle loro famiglie.

[A Lentini] Il popolo, in gran parte analfabeta, era formato da contadini, giacché il paese era eminentemente agricolo. Esso abitava a piano terra, in case composte di una sola camera con una sola porta, simile ad un antro, dove dormiva una numerosa famiglia e anche l’asino che, costituendo il mezzo di lavoro, era considerato un componente della famiglia [1].

Erano cosí sorti, in tutta la Sicilia, Circoli e Associazioni, aventi però fini essenzialmente mutualistici, piú che di tutela dei lavoratori. In seguito, quando l´incontro tra queste associazioni e un gruppo di intellettuali, quasi tutti provenienti dal garibaldinismo o dal mazzinianesimo e approdati al socialismo, fece comprendere l´importanza della lotta, anche politica, per la conquista democratica delle pubbliche istituzioni, sorsero i Fasci Siciliani [2], che raccoglievano lavoratori di vari mestieri, pronti a lottare per scrollarsi di dosso lo sfruttamento impietoso di nobili feudatari oziosi e grossi borghesi aggrappati al potere locale.

Erano alla testa di queste organizzazioni uomini di indiscusso valore umano e politico come Il ragioniere Rosario Garibaldi Bosco (Palermo), il medico Nicola Barbato (Piana dei Greci), l´avvocato Luigi Leone [3] (Siracusa), l´avvocato Giacomo Montalto (Trapani), l´impiegato Bernardino Verro (Corleone) e il piú noto fra loro Giuseppe De Felice Giuffrida [4], deputato di Catania.

Anche a Lentini, il 25 dicembre 1892, venne costituito un “Fascio dei Lavoratori”, con presidente l´avvocato Vincenzo Consiglio Zappulla, che perciò può considerarsi il primo socialista di Lentini.

Il fascio lentinese si proponeva di: 1. Combattere ogni forma di sfruttamento economico; 2. di combattere ogni forma di sudditanza politica; 3. di combattere tutti i privilegi.

Gli altri, sparsi nell´isola, avevano piú o meno le stesse idee. Ce n´era perciò piú che abbastanza per mettere in allarme le classi privilegiate, detentrici anche del potere grazie al suffragio ristretto; sicché il governo Crispi, espressione di quel sistema politico, represse con virulenza i fasci e ne decretò lo scioglimento; centinaia di anni di galera furono inoltre distribuiti ai principali esponenti del movimento [5]. Vincenzo Consiglio Zappulla, ufficiale di complemento dell´esercito, venne destituito dalla carica.

Il movimento operaio siciliano riuscí a riorganizzarsi anni dopo, nel periodo cosiddetto “giolittiano”.

A Lentini lo fece, grazie all´opera, oltre che dello stesso Vincenzo Consiglio, di altri socialisti, come il farmacista Francesco Centamore e gli avvocati Francesco Sgalambro e Raimondo Bruno, a cui si deve la costruzione del PSI a Lentini.

Dopo la scelta del gruppo dirigente socialista lentinese di aderire alla scissione dell´ala destra socialista, che nel 1912 costituí il Partito Socialista Riformista Italiano (PSRI), e la posizione interventista da questo assunta nella guerra mondiale 1915-18, nel dopoguerra il movimento operaio lentinese, stremato dalla guerra e guidato da Filadelfo Castro [6] e dal PSI, aderí in massa alle posizioni “intransigenti” che guardavano, con ammirazione e speranza, alla rivoluzione bolscevica, che sembrava aver dato un´accelerata alla ruota della storia nella marcia verso l´edificazione del socialismo.

Se il naturale ribellismo derivante dalle brutali e umilianti condizioni delle classi povere si era espresso attraverso l´adesione della gran massa dei lavoratori siciliani all´associazionismo, ai Fasci e al socialismo, alcune frange minoritarie dei ceti popolari lentinesi avevano affidato la loro voglia di riscatto, la loro aspirazione ad una vita migliore alla sfera religiosa, organizzandosi pian piano principalmente attorno alla nascente Chiesa Evangelica Battista.

Benché la loro scelta fosse stata prevalentemente spirituale, la comune origine sociale fatalmente spinse tali gruppi evangelici, pur nella distinzione dei ruoli, a solidarizzare con i socialisti, nella comune lotta per la loro liberazione da ogni soffocante oppressione.

Gli evangelici erano largamente minoritari rispetto ai militanti socialisti che avevano scelto la lotta di classe, ma “in vantaggio” su di essi da un altro punto di vista: quello culturale.

Infatti il diritto-dovere di leggere la Bibbia e di interpretarla secondo la propria coscienza, comune a tutti protestanti, presuppone la capacità di saper leggere, alla quale infatti tutte le confessioni attribuiscono un´importanza fondamentale.

Una volta imparato a leggere, nulla impediva agli evangelici di leggere l´Avanti! e la stampa socialista o in genere, da cui non pochi di loro furono in qualche modo idealmente coinvolti.

Cosí, nel corso degli anni, troveremo nelle file della sinistra lentinese i battisti Cirino Speranza [7] (PCI), Filadelfo Maci (PCI) e Salvatore Formica (ind.di sinistra), Filadelfo Cantarella [8] (PSI) e l´avventista Paolo Zarbano, fautore di un suo originale “socialismo cristiano [9].

Massima espressione di questo “connubio”, non solo lentinese, fu Lucio Schirò, segretario della federazione provinciale socialista di Siracusa nel 1919 e pastore della Chiesa Metodista di Scicli [10].

In questo ambiente, fra socialismo sol dell´avvenire ed evangelismo solidale, crebbe e si formò Filadelfo (Delfo) Nigro.

Delfo Nigro, nato a Lentini il 18 giugno 1896, era figlio di Alfio, che lavorava nella risaia del Pantano [11], e di Maria Puglisi. Conclusi gli studi elementari, aveva imparato, molto bene secondo quanti lo conobbero, il mestiere di ebanista.

Il 24 maggio 1915 l´Italia entrò in guerra a fianco dell´Intesa (Francia, Inghilterra, Russia, ecc.), mentre il PSI lanciava l´ultimo accorato appello:

Passerà questa guerra, terribile propagatrice di odio contro il sistema che l’ha permessa e voluta. Torneranno dai campi insanguinati i figli del lavoro, che la morte avrà risparmiati, con negli occhi e nell’animo la visione orrenda di tante barbarie compiute. E le conseguenze morali, politiche ed economiche di questo flagello in tutti i Paesi, nei vinti come nei vincitori, saranno nuovo e più forte incentivo alla lotta di classe. Per quei giorni noi prepareremo gli animi. Il proletariato socialista non disarma, attende!

Il 10 aprile 1916, a vent´anni non ancora compiuti, Nigro venne chiamato alle armi e inserito nel 60° battaglione del 1° reggimento genio. Partecipò anche a combattimenti in zona di operazioni, guadagnandosi una medaglia al valore.

Dislocato infine in Francia, egli ritornò in patria nel marzo 1919 ed ottenne il congedo definitivo il 20 dicembre dello stesso anno.

La Lentini che Nigro rivide, straziata nei sentimenti per i 213 morti, i 214 mutilati e i 55 invalidi, e nella carne per la fame che costringeva moltissimi ad una lotta giornaliera per la sopravvivenza, viveva ormai in un clima di aperta avversione alla guerra - che il Papa Benedetto XVI aveva definito, nel 1917, una inutile strage – e a chi l´aveva voluta.

Le masse popolari, che le amministrazioni comunali cosiddette “popolari” (moderati più socialriformisti) avevano pur cercato di supportare, erano diventate ormai fortemente ostili anche alle loro posizioni interventiste e guardavano, con crescente simpatia, alla rivoluzione bolscevica e al Partito Socialista Italiano, pacifista, rivoluzionario e internazionalista, a Lentini guidato dal pittore di carretti siciliani Delfo Castro [12].

A fiancheggiare l´azione di Castro, nel luglio 1919 sorse a Lentini anche l´Associazione Proletaria Reduci di guerra, cui man mano affluivano i giovani scampati all´immane carneficina.

Ad essa e al socialismo classista probabilmente aderí [13] anche il giovane Nigro, rafforzato nella sua scelta anche dalle aspirazioni del mondo evangelico locale, anelante anch´esso ad una vita migliore, non solo ultraterrena, attorno al quale egli ormai orbitava [14].

L´attività di Castro per sottrarre le masse bracciantili di Lentini all´influenza socialriformista e per ricostruire il PSI classista, sostenuta anche da Maria Giudice [15], attivista inviata appositamente in Sicilia dalla Direzione del PSI, diede i suoi frutti, dei quali il piú vistoso fu la clamorosa conquista socialista del Comune alle elezioni amministrative del 1920 [16], accompagnata da una grande affermazione in tutta la provincia. Ma ben presto la brillante vittoria socialista fu presa di mira dalle forze agrarie e reazionarie siciliane, impaurite dal rischio di poter perdere i loro latifondi, i loro ozi, la loro vita comoda di privilegiati, qualora i socialisti avessero davvero deciso di “fare come in Russia”. Cominciarono dunque a farsi fiancheggiare dai gruppi nazionalisti e da quelli fascisti che andavano sorgendo un po´ in tutta l´isola, con la tacita benedizione dei governi “liberali”.

Un altro serio problema per il PSI veniva dall´acceso dibattito nel partito sulla collocazione dello stesso nell´Internazionale Comunista, fondata nel 1919 per impulso di Lenin. Il congresso socialista di Livorno del 15-20 gennaio 1921 si concluse con la scissione delle correnti di estrema sinistra, che poi costituirono il Partito Comunista d´Italia (PCdI), in aperta polemica col PSI.

A Lentini le frange socialiste più rivoluzionarie, che guardavano con ammirazione ai Soviet e a Lenin, erano rimaste deluse dal Congresso di Livorno, che sostanzialmente aveva posto il PSI fuori dall’Internazionale Comunista.

Con questo malumore, assai probabilmente, almeno secondo alcune attendibili testimonianze raccolte da chi scrive, si intrecciava una certa difficoltà di convivenza col leader Delfo Castro, ritenuto da alcuni personalità accentratrice.

La tensione esplose quando i piú decisi di loro, alcuni anche consiglieri o assessori, lasciarono il PSI e decisero di aderire al PCdI, iniziando una dura polemica contro Castro, causa questa non ultima del futuro spostamento del leader a destra nella geografia interna del partito [17].

Nigro fu tra i tredici [18] fondatori, nel corso del 1921, del primo nucleo comunista di Lentini, quasi tutti artigiani, dunque in possesso di una certa istruzione, una vera avanguardia rivoluzionaria. Ma la gran massa dei contadini rimase con Castro e col partito socialista.

Ci penseranno i fascisti, non molto tempo dopo, a tacitare gli uni e gli altri. Il 20 settembre 1922 venne aperta a Lentini, per iniziativa del fondatore avv. Filadelfo La Ferla, la sede del P.N.F. [19], e il 12 novembre 1922 venne sciolto il Consiglio Comunale e commissariato il Comune.

I comunisti fondatori e gli altri che via via si aggiungevano rimasero sempre in contatto fra loro, anche quando, col sopraggiunto governo fascista, la cosa divenne assai pericolosa. La loro attività, per forza di cose, sarà indirizzata solo al proselitismo e alle analisi politiche clandestine, che troveranno momentanee allocazioni nella falegnameria di Nigro, nella sartoria di Scatà o nella orologeria degli Arena.

Cirino Speranza e Filadelfo Castro

Durante il fascismo, come risulta da una nota di Pietro Secchia [20], “il partito comunista non ha nessuna sezione; solo in pochi centri alcuni singoli elementi comunisti spiegano una scarsa e occulta attività” [21].

Uno di questi centri era Lentini e Nigro ne era il protagonista.

Apprendiamo dal suo archivio privato [22], precisamente da un appunto-relazione redatto alla fine del 1944, che il 10 ottobre 1933 fu costituita una sezione comunista clandestina e che la stessa si era riunita il 25 dello stesso mese “per l´accettazione di nuovi compagni”.

La pur segretissima attività cospirativa degli antifascisti lentinesi non riuscí però a sfuggire del tutto all´apparato repressivo fascista, e all´OVRA [23] in particolare, nelle cui reti incapparono molti di loro durante il Ventennio, fra cui Delfo Nigro, la cui attività cospirativa potrebbe definirsi politico-religiosa, in quanto derivante da convinzioni politiche e dall´esegesi del Vangelo.

Qui di seguito il documento integrale di una relazione di polizia [24] su di lui:

“ NIGRO Filadelfio fu Alfio e di Puglisi Maria, n. a Lentini (SR) il 18 giugno 1896, residente a Lentini, coniugato con due figli, quinta classe elementare, ebanista, ex combattente, antifascista.
Arrestato il 21 gennaio 1941 per avere svolto propaganda disfattista e auspicato una rivoluzione mondiale.
Assegnato al confino per anni cinque dalla CP di Siracusa con ord. del 29 marzo 1941.
Sede di confino: Montescaglioso. Liberato il 12 marzo 1942 per commutazione in ammonizione.
Periodo trascorso in carcere e al confino: anni uno, mesi uno, giorni 20.

Sin dall’agosto 1940 l’OVRA aveva notato che nelle piazze e nella villa comunale di Lentini alcune persone confabulavano in modo appartato e sovente si riunivano nella bottega del calzolaio Filadelfio Santocono e nella farmacia di Paolo Zarbano.
Fu accertato che durante le riunioni commentavano la Bibbia protestante e precisamente il capitolo dell’Apocalisse.
Con la loro interpretazione venivano cosl alla conclusione che la Russia sarebbe entrata in guerra contro le potenze dell’Asse, avrebbe scatenato la rivoluzione mondiale e avrebbe instaurato un’era di giustizia e di benessere.
Nella metà di novembre la questura di Siracusa comunicava all’ispettore dell’OVRA che nella chiesa Evangelica di Lentini si faceva del disfattismo, ma dai « servizi fiduciari di osservazione » fatti nella chiesa durante le riunioni dei fedeli non emerse nulla [25].
In perquisizioni domiciliari invece furono sequestrati una Bibbia con commenti a penna e a matita, una copia del Nuovo Testamento e quaderni di appunti vari di Filadelfio Nigro, tenuti da Paolo Zarbano che condivideva quelle idee assieme a Francesco Aliano.
Tra gli appunti vi erano frasi esaltanti come : « I quattro angeli che fanno male alla terra, al mare e agli alberi : Mussolini, Hitler, Vittorio Emanuele III e il falso profeta o Papa » e « ... la grande rivoluzione in Francia, che deve essere prossima ed il ritorno della giustizia sociale nel settembre del 1942 ».
La riforma sociale ideata dal Nigro poteva essere così riassunta : il popolo italiano avrebbe dovuto raggrupparsi in « Enti » o « Sindacati », i cui rappresentanti avrebbero dovuto formare un governo regionale e i vari governi regionali avrebbero dovuto far capo ad un governo centrale. Infine questo, nel caso di una costituzione di una federazione di Stati europei, avrebbe dovuto a sua volta essere subordinato ad un governo internazionale.
Undici sarebbero stati i ministeri. La terra sarebbe stata data ai contadini · costoro avrebbero dovuto consegnare tutto il raccolto all’ente da cui dipendevano che avrebbe provveduto ai bisogni e alle necessità dei suoi gregari. Confinati per lo stesso motivo: Francesco Aliano, calzolaio ; Filadelfio Santocono, calzolaio; Cirino Speranza, bracciante; Paolo Zarbano [26] farmacista, tutti di Lentini. “

Il suo comunismo libertario e umanistico era da lui vissuto senza alcuna contraddizione con la sua fede religiosa:

Dai rapporti del capo zona OVRA la figura di Filadelfo Nigro (nato a Lentini nel 1896, autodidatta, ex combattente, artigiano di modeste condizioni economiche) si delinea con i tratti del profeta («Vittorio Emanuele sta per andarsene, e Umberto, quando salirà, durerà poco», «Quattro angeli fanno male alla terra, al mare e agli alberi: Mussolini, Hitler, Vittorio Emanuele e il falso profeta o Papa») e del riformatore sociale (distribuzione della terra ai contadini, organizzazione politico-sindacale su base regionale inquadrata in una federazione europea a sua volta collegata a un’organizzazione mondiale) [27].

Sulla questione della terra, di prioritaria importanza nella sua visione politica, specialmente in una zona come Lentini, in cui la classe operaia era costituita essenzialmente dal bracciantato, Delfo Nigro aveva idee abbastanza precise:

Il problema della terra è il problema centrale della questione italiana, come lo fu per la Russia, ma per fortuna esso è il problema più adatto a ricevere una pronta soluzione. Oggi tutti guardano alla terra perché solo da essa sorgerà la nuova vita, per virtù di quelli che l’hanno veramente sempre amata, senza mai possederla. Questo spirito di rivendicazione è l’unica forza viva che ci rimane che potrà rimettere in moto la macchina sociale, perché si tratta di estirpare dalla radice - dalla campagna – il servaggio semifeudale che ancora opprime il paese in ogni manifestazione del lavoro e del pensiero. Il contadino nostro, come il mugik russo, pensa che “bisogna cassare i diritti ereditati ed acquisiti sopra la terra, rovesciare tutti i termini e questa terra così ripulita delle sovrastrutture storiche, consegnarla a chi la lavora.
La terra non è di nessuno, la terra è di Dio” [28].

Non lontana da quella di Nigro era la posizione di Paolo Zarbano: La miseria può essere completamente abolita facendo rivivere con tutta la nostra forza, con tutta la nostra intelligenza, con tutto il nostro cuore l’eterno comandamento di Cristo: Voi tutti siete fratelli [29].

In questa specie di comunismo agrario si fondevano le piú antiche aspirazioni socialiste e i principi del cristianesimo primitivo, come conferma nel suo scritto sul padre Alfio Nigro:

C’erano comunisti atei: non ci sarebbe mai stato, secondo loro, un dio di giustizia; ma l’Uomo, emancipato, evoluto, avrebbe risolto i problemi del vivere. C’erano pure comunisti credenti che credevano che il comunismo avesse radici nel cristianesimo. F. Nigro fu comunista di tipo profetico per una tendenza propria; senza tema di esagerare si può dire che amò il Prossimo più di se stesso: ospitò poveri, diseredati, anziani bisognosi di un posto per dormire e di un pasto di sopravvivenza. Al confino politico dimostrò dignità, correttezza, capacità lavorativa e coerenza di pensiero… Ancora di Alfio Nigro un delicato confronto tra la figura del padre, religioso, e quella del suo piú intimo sodale Ignazio Magrí, laico. Se il Magrì fu comunista scientista, con una visione del reale secondo una logica razionale, ma sempre protesa verso un Bene Sociale, F. Nigro, invece, fu un appassionato studioso della Sacre Scritture… I due, per porre termine al loro unico punto di dissenso, un giorno conclusero un curioso patto [30]: Chi per primo sarebbe morto, se vivente in un’altra dimensione sarebbe dovuto venire a trovare l’amico e spiegare come stanno le cose.

Dopo la dura esperienza del confino, Nigro non cessò la sua attività politica, che anzi divenne piú intensa nel 1943, dopo la clamorosa sconfitta subita dai nazifascisti nella battaglia di Stalingrado in Russia [31]. I comunisti, e Nigro con essi, ripresero ad incontrarsi clandestinamente [32].

Il 5 maggio 1943, su impulso del Centro Interno comunista, ebbe luogo a Lentini, in vista di un eventuale sbarco degli Alleati in Sicilia, un importante convegno regionale clandestino antifascista, con una quindicina di partecipanti, fra cui Franco Grasso (Palermo), Calogero Boccadutri, Nicola Piave e Angelo Berretta (Caltanissetta), Salvatore Renda (Trapani), Nino Graffeo (Siracusa), Rosario De Luca, Luigi Favara e Luciano Pistritto (Carlentini), Marco Fleres, Cirino Speranza, Natale Vella e Filadelfo Nigro (Lentini), ecc. [33]

Il prolungarsi della guerra aveva precipitato la popolazione civile in una situazione di fame in cui ormai prevalevano “l´arte di arraggiarsi”, il mercato nero, gli intrallazzatori ed ogni stratagemma per sopravvivere. Solo i piú intelligenti riuscivano a fronteggiare la crisi. Come, ad esempio Nigro, abile e industrioso ebanista che, vedendo diminuire sensibilmente le ordinazioni, prese a costruire zoccoli di legno, costruendosi da sé le macchine per modellare e levigare le forme degli zoccoli nelle varie misure [34].

Lo sbarco alleato in Sicilia ebbe infatti inizio nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 e la Sicilia venne rapidamente conquistata: il 17 agosto l’ultimo soldato tedesco abbandonò l’isola. A Lentini le truppe alleate entrarono il 15 luglio 1943 [35].

Lentini venne così restituita alla libertà e le forze antifasciste, prima costrette alla clandestinità, ma mai cancellate nella coscienza popolare, poterono riemergere alla luce del sole, pronte a raccogliere la pesante eredità del regime che per vent’anni aveva dominato la città, senza mai veramente conquistarla.

In città si insediò l’A.M.G.O.T. (Governo Militare Alleato dei Territori Occupati), capeggiato dall’inglese maggiore Petter. Alla guida del Comune venne confermato il ten. Colonnello Luigi Bugliarello, poi sostituito (13-11-1943) dall´ex maggiore dei carabinieri dott. Vincenzo Magnano di S. Lio.

Il 25 luglio cadde il governo fascista di Benito Mussolini, a cui subentrò il governo monarchico del maresciallo Pietro Badoglio. Il nuovo governo, Il 28 successivo, sciolse il PNF e abrogò la legge sul Tribunale Speciale e le istituzioni fasciste.

Il 3 settembre fu concluso a Cassibile, fra Italia e Alleati, un armistizio, poi reso pubblico il giorno 8 successivo. L´immediata reazione tedesca spaccò in due l´Italia: al Nord, occupato dai nazisti, venne formata la Repubblica Sociale Italiana (RSI), guidata da Mussolini, mentre al Sud rimase il Regno d´Italia, con alla testa il Re Vittorio Emanuele III e il governo Badoglio. Nel Nord di sviluppò un forte movimento di liberazione, guidato dal CLN (Comitato di Liberazione Nazionale).

A Lentini i partiti riemersero alla luce del sole, in particolare i socialisti, ancora guidati da Delfo Castro e i comunisti con leader Ciccio Marino, alleati sul piano nazionale, ma rivaleggianti a Lentini.

Per i comunisti erano alla guida del partito, oltre il leader, Il cooperatore Francesco Marino, i prestigiosi esponenti che nel Ventennio mai avevano piegato la testa, a cui si aggiungeranno le promettenti figure, di Nello Arena e di Giovanni Pattavina, entrambi eccellenti oratori.

A quel punto il segretario Delfo Nigro ritenne giunto il momento di dare una direzione collegiale al partito.

Infatti, il 1° gennaio 1944, in casa Arena, venne eletto un Comitato Esecutivo del PCI, guidato da Cirino Speranza. Il partito aprí una sede in via Roma 10, mentre al suo interno affioravano rivalità piuttosto rilevanti, fra il gruppo Arena e gli altri.

Al punto che il Comitato Esecutivo della sezione comunista l´8 maggio 1944 deliberò addirittura l´espulsione di Giovanni Arena, di suo figlio Neddu e di Alfio Oddo, decisione poi ratificata dal Comitato Federale il 17 luglio 1944 [36].

In quella stessa data fu però necessario procedere alla nomina di un ulteriore Comitato Esecutivo [37] con segretario il dirigente probabilmente piú amato del partito, Filadelfo Nigro.

Neddu Arena e Umberto Fiore

La gravità dei provvedimenti disciplinari non poteva però passare sotto silenzio, anche per il peso numerico del gruppo Arena, di cui ormai Neddu era il leader di fatto. E infatti, per dirimere il groviglio di dissensi che angustiava il comunismo lentinese, la Direzione del PCI inviò a Lentini un prestigioso dirigente siciliano, il messinese di Giampilieri Umberto Fiore [38].

Dopo due giorni di intensi colloqui, Fiore impartí con una lettera “ai compagni di Lentini”, avente lo scopo di realizzare l´unità del partito, le sue disposizioni con le quali veniva insediato un Comitato Provvisorio, in cui erano presenti rappresentanti di entrambe le frazioni concorrenti [39]. Le funzioni di segretario sarebbero state assunte da un funzionario nominato dal centro. Nell´attesa dell´arrivo di quest´ultimo tale ruolo sarebbe stato svolto da Delfo Nigro, il cui prestigio, la cui storia e la cui autorevolezza erano evidentemente note anche nelle alte sfere del partito.

Terminato il periodo di transizione del Comitato Provvisorio, il 14 ottobre 1944 si svolsero le votazioni per eleggere un ennesimo comitato, non piú nominato dal vertice, ma rappresentativo della base.

La lista Speranza-Marino ottenne 253 voti, mentre quella Arena si attestò a 209. Due giorni dopo fu ancora rieletto segretario Delfo Nigro, personaggio ormai prestigioso e affidabile.

Tuttavia, alla fine dell´anno, il comitato della sezione si dimise, ufficialmente per dare spazio alle nuove leve che man mano affluivano nel partito, ma anche perché logorato dalla dura lotta antifascista [40], dalle tumultuose vicende del dopoguerra e dalle tensioni interne.

Il decennio comunista guidato da Delfo Nigro, si chiudeva con un risultato abbastanza corposo. In particolare il PCI aveva promosso la costituzione del C.L.N. [41], aveva ottenuto l’inserimento di un proprio rappresentante nella commissione comunale dell’agricoltura, aveva organizzato un convegno intercomunale per l’applicazione del decreto Gullo [42] per le terre incolte, aveva appoggiato le occupazioni di vari latifondi, in seguito alle quali mille ettari di terreno erano stati assegnati alle cooperative di Lentini, Carlentini, Scordia e Pedagaggi, aveva ottenuto dal Comune che i locali del Dopolavoro fossero assegnati alla Camera del Lavoro [43].

Da allora il nome di Nigro non avrà piú risonanza pubblica. Dopo una serie di complicate vicende politiche che precedettero le prime elezioni comunali democratiche del 17 marzo 1946 [44], il nome di Nigro riappare solo nell´elenco dei candidati del PCI, ma egli non sarà eletto [45].

Su questa strana esclusione, a mio avviso, può solo essere avanzata un´ipotesi: Nigro si era formato ed aveva operato soprattutto nella clandestinità, quando si aveva interesse ad apparire il meno possibile per non cadere sotto le grinfie della repressione fascista. Questa mentalità cospirativa era poi continuata anche nel clima convulso del dopoguerra, quando ancora non si sapeva come sarebbe andata la finire la guerra al Nord, né se in Italia ci sarebbe stata una rivoluzione socialista.

Inoltre occorre ricordare come Nigro fosse di carattere schivo e riservato: egli non combatteva per se stesso, ma per gli altri. Nel suo orizzonte non c´era la gloria o un pur legittimo desiderio di affermazione personale e il suo comunismo era di tipo messianico, imbevuto di uno spirito evangelico cui egli ispirò sempre la sua azione generosa. Prosaicamente possiamo immaginare che egli non andò in giro a cercare voti di preferenza.

Alcuni anni dopo tutto il vecchio gruppo dirigente, formato principalmente dai fondatori del 1921, venne accantonato e molti suoi componenti furono imbalsamati nel ruolo di icone, rispettate e riverite, ma senza poteri decisionali. Al loro posto si formerà un nuovo gruppo dirigente [46], molto efficiente nella battaglia politica e molto piú allineato rispetto al “centralismo democratico” vigente nel PCI.

Filadelfo Nigro morí improvvisamente il 9 ottobre 1953, a soli 57 anni, lasciando ai suoi concittadini il ricordo di un uomo integerrimo, di un fermo antifascista, di un politico disinteressato, intelligente e coraggioso, in cui pensiero politico e religioso furono sempre in coerente assonanza col suo comportamento di ogni giorno. Un uomo volontariamente lontano dalle luci della ribalta, ma anche un esempio da imitare.

Ferdinando Leonzio


Per la serie „Un ricordo di...“ sono stati in precedenza pubblicati su Girodivite, dello stesso autore, i saggi storici dedicati a Neddu Arena, ´Nzinu Bombaci, Alfio Mangiameli, Giuseppe Manzitto, Enzo Nicotra, Giovanni Pattavina, Cirino Speranza e Alessandro Tribulato, nonché due volumi biografici: Delfo Castro, il socialdemocratico e Otello Marilli.


Aggiornamenti

L’articolo-saggio di Ferdinando Leonzio su Delfo Nigro è stato ripubblicato dalla prestigiosa rivista MondOperaio, ottobre 2023, pp. 83-90.


[1] Anna Floperla, La mia Sicilia, Tringale Editore, 1976.

[2] In proposito si vedano Francesco Renda, I Fasci siciliani 1892-94 , Einaudi, 1977 e Giuseppe Micciché, I Fasci dei lavoratori nella Sicilia sud-orientale, Sicilia Punto L. „Zuleima“ Edizioni, Ragusa, 1981.

[3] Luigi Leone (1858-1938), avvocato, scrittore, poeta e politico repubblicano e socialista, fondo´ e diresse le riviste L´Alba, Il Convivio (1883), La Domenica (1897) e Rassegna di Cultura. Fu consigliere comunale di Siracusa.

[4] Giuseppe De Felice Giuffrida (1859-1920), dottore in legge e giornalista, fu deputato dal 1892 per otto legislature, sindaco di Catania e Presidente del Consiglio Provinciale etneo dal 1914 alla morte. Dapprima socialista indipendente, aderí al PSI, da cui in seguito uscí per aderire al movimento socialriformista di Bissolati (PSRI).

[5] Fu inviato in Sicilia il generale Morra di Lariano, al comando di 40.000 soldati (!) e decretato lo stato d´assedio (3-1-1894). Bilancio: un centinaio di morti e circa 2000 arrestati, compreso il deputato De Felice, nonostante la sua immunità parlamentare.

[6] Vedasi: Ferdinando Leonzio, Delfo Castro, il socialdemocratico, ZeroBook, 2020.

[7] Su Speranza vedasi il saggio di Ferdinando Leonzio, Un ricordo di Cirino Speranza, pubblicato su Girodivite dell´8-4-2021.

[8] La ditta Cantarella, dal 1955 in poi, eseguirà i lavori di costruzione della Chiesa Evangelica Battista, sita in via Regina Margherita a Lentini. Filadelfo Cantarella era il padre del futuro pastore battista Gino Cantarella.

[9] Nel PCI militarono altri battisti come, ad esempio, i fratelli Alfio e Filadelfo Caponetto (che fu eletto consigliere comunale del PCI nelle elezioni del 1960) e Antonio Virgillito. Il quale ultimo, militante di base, si trovò a partecipare, nel 1948, a un comizio della deputata regionale del PCI Gina Amara, al quale seguì un corteo di protesta per i “fatti della Vaddara”. Nel 1944 aderí al PCI il futuro carismatico pastore battista Filadelfo Maci, poi divenuto segretario giovanile del partito e membro del direttivo sezionale.

[10] Su Schirò si veda l´articolo di F. Leonzio, Socialisti e cristiani, pubblicato nel numero di dicembre 2020 della rivista online La Rivoluzione Democratica.

[11] Tale risaia si trovava sulla costa ionica siciliana prossima all´ultimo tratto del fiume San Leonardo.

[12] La maggioranza consiliare di Lentini, che si era illusa di individuare nobili finalità patriottiche nella guerra, guidata dal socialriformista sindaco avv. Raimondo Bruno, si dimise prima della fine della legislatura, il 12-7-1919, aprendo cosí la strada a varie gestioni commissariali del Comune.

[13] Lo stesso dicasi per il suo piú intimo sodale, Ignazio Magrí, come lui falegname ed ex combattente, anche se di formazione laico-socialista.

[14] Nigro si può definire un evangelico indipendente, ma assai vicino ai battisti, come suggerisce il fatto che sua moglie, Benedetta Fidone, rimasta vedova, aderí all´Unione Battista femminile di Lentini, diventandone anche presidente.

[15] Su Maria Giudice si vedano: Una maestra tra i socialisti : L´itinerario politico di Maria Giudice, a cura di V. Poma, Cariplo-Laterza, 1991; Iole Calapso, Una donna intransigente: Vita di Maria Giudice , ed. Sellerio, 1996; Maria Rosa Cutrufelli, Maria Giudice: la leonessa del socialismo, Perrone Editore, 2022.

[16] Il PSI ottenne 2598 voti contro i 1199 andati ai nazionalisti e 24 seggi sui 30 del Consiglio Comunale. A capo dell´Amministrazione comunale (come prosindaco) fu eletto Delfo Castro.

[17] Sulla formazione del partito comunista a Lentini si veda il saggio di Ferdinando Leonzio Appunti sulle origini del PCI di Lentini, pubblicato su Girodivite del 19-8-2017.

[18] Questo numero deriva da una testimonianza diretta di uno di loro, Ignazio Magrí. Fra di essi, oltre Nigro (ebanista) e Magrí (falegname), Sebastiano Scatà (sarto), Tano Giudice (muratore), Paolo di Giorgio (esercente), Delfo Santocono (calzolaio), Filadelfo Pupillo (calzolaio); ad essi si aggiungeranno Francesco Marino (ragioniere e geometra), Giovanni Arena (orologiaio), Cirino Speranza (bracciante), ecc.

[19] In: Alfio Curcio, Gruppi sociali ed élites politiche a Lentini dai Fasci siciliani ai Fasci di combattimento, Tesi di laurea, pag. 244. La sede del Fascio era allocata inizialmente in via Arrigo Testa e successivamente nella Casa del Fascio, accanto alla Chiesa Madre.

[20] Pietro Secchia (1903-1973) fu uno dei fondatori del PCdI. Parlamentare comunista dal 1946 alla morte, fu anche vicesegretario del PCI (1948-55).

[21] Giuseppe Micciché , Dopoguerra e Fascismo in Sicilia, Editori Riuniti, 1976, pag. 215.

[22] L´archivio fu ritrovato da chi scrive grazie a un fortunato incontro col figlio Alfio Nigro, ufficiale della marina mercantile in pensione, che glielo mise gentilmente a disposizione. La preziosa documentazione storica fu poi inviata in copia all´Istituto Gramsci di Palermo. Alfio Nigro darà al sottoscritto anche una sua memoria scritta sulla figura del padre.

[23] Organizzazione per la Vigilanza e la Repressione dell´Antifascismo (polizia politica che svolgeva attività di spionaggio per conto del regime).

[24] Trovasi in: Archivio Centrale dello Stato, IL POPOLO AL CONFINO- La persecuzione fascista in Sicilia di Salvatore Carbone e Laura Grimaldi. Prefazione di Sandro Pertini Roma, 1989 pag. 380-381 (fra le biografie dei confinati politici).

[25] La circostanza è confermata in Mimmo Franzinelli , I tentacoli dell´OVRA, Bollati Boringhieri, Torino, 2000, pag. 370. Vi si riferisce, infatti, che l’OVRA dispose nel 1940 un’accurata indagine, con revisione della corrispondenza, perquisizioni domiciliari e infiltrazione di confidenti nella Chiesa evangelica di Lentini.

[26] Paolo Zarbano (1905-1978) farmacista, chimico, favolista, novelliere, poeta, oratore, predicatore, filantropo e antifascista fu confinato a Pisticci (Matera). Aderirà alla Chiesa Avventista di Lentini, di cui nel 1956 diventerà “anziano consacrato”. Suo il bellissimo inno religioso in dialetto siciliano Spranza mia. Il suo pensiero politico, una sorta di socialismo cristiano, è espresso in tre suoi opuscoli: Il regno di Dio, stampato a Catania (C.I.T.E.M.) alla fine del 1944, Più luce nelle tenebre (C.I.T.E.M., Catania, 1945) e Canali capillari di potenza (Lentini, Tip. Saluta, 1945).

[27] Mimmo Franzinelli, I tentacoli dell´OVRA, Bollati Boringhieri, Torino, 2000, pag. 370.

[28] Archivio Filadelfo Nigro.

[29] Paolo Zarbano, Il regno di Dio, cit, pag. 8.

[30] Il figlio di Nigro, presente, ne fu testimone.

[31] La sanguinosa battaglia durò dal 17-7-1942 al 2-2-1943.

[32] Le riunioni si tenevano nelle grotte di sant´Aloi (sant´Eligio). Oltre Nigro, vi partecipavano: Vincenzo Pulvirenti, Cirino Sleranza, Giovanni Arena, Delfo Santocono, Ignazio Magrí, Paolo Di Giorgio e il giovane Giulio Brunno, da cui abbiamo appreso, a suo tempo, la circostanza, nel corso di un´intervista.

[33] La vicenda è riferita, con dovizia di particolari, nell´importante memoriale scritto dal tenace antifascista Natale Vella, da lui stesso intitolato Lentini dell’Antifascismo. Dal 1921 al 1943.

[34] Dagli appunti biografici del figlio Alfio Nigro.

[35] Poco prima qualcuno della locale sezione fascista aveva provveduto a far sparire l’archivio del PNF, timoroso forse che potesse essere causa di ritorsioni da parte degli Alleati o da parte di chi, nel corso del ventennio, aveva dovuto sopportare soprusi di vario tipo.

[36] Archivio Filadelfo Nigro.

[37] Del nuovo Comitato facevano parte, oltre il segretario Delfo Nigro, Vincenzo Crisci, Giuseppe Galice, Sebastiano Guercio, Andrea Magnano, Ignazio Magrí, Francesco Marino, Giovanni Pattavina e Cirino Speranza.

[38] Umberto Fiore (1896-1978), già segretario della Camera del Lavoro di Messina e fervente pacifista, nel 1921 aderí alla scissione di Livorno e al PCdI, di cui conobbe i primi esponenti lentinesi. Durante il fascismo subí il carcere, l´esilio e il campo di prigionia a Lacedonia (AV). Nel 1946 fu eletto alla Costituente e rimase in Parlamento fino al 1968. Fu anche segretario generale dello SPI-CGIL.

[39] Ne facevano parte Carmelo Ansaldo, Alfio Arcidiacono, Vincenzo Crisci, Paolo Di Giorgio, Giuseppe Fagone, Filadelfo Maci, Ignazio Magrí e Filadelfo Nigro.

[40] Il fascismo cadde definitivamente anche al Nord il 25-4-1945 con l´insurrezione generale ordinata dal CLN. A Lentini tornarono valorosi partigiani come Luigi Briganti (Medaglia d´Oro della Resistenza) e Salvatore Lazzara (comandante di zona in Piemonte).

[41] Rappresenti del PCI nel CLN di Lentini erano Francesco Marino, Cirino Speranza e Ignazio Magrí.

[42] Fausto Gullo (1887-1974), uno dei fondatori del partito comunista nel 1921, fu ministro dell´Agricoltura dal 1944 al 1946, nei governi presieduti da Pietro Badoglio, Ivanoe Bonomi, Ferruccio Parri e Alcide De Gasperi.

[43] L´attuale scritta “Camera del Lavoro” fu dipinta dal pittore e antifascista socialista Peppino Aliano.

[44] Sulla storia di queste elezioni si veda il libro di Ferdinando Leonzio, Lentini 1892-1956 Vicende politiche , ZeroBook, 2018, pagg. 171-178.

[45] Dei 30 seggi del Consiglio Comunale 18 andarono ai socialisti e 12 ai comunisti. Per il PCI furono eletti, oltre il capolista Giovanni Pattavina, Salvatore Caracciolo, Salvatore Cattano, Gaetano Emanuele, Alfio Gaeta, Ignazio Magrí, Francesco Marino, Salvatore Moscato, Alfio Raiti, Sebastiano Ventura, l´indipendente Elena Nipitella, prima donna in assoluto a sedere nel C.C. di Lentini e lo stimato barbiere repubblicano Alfio Cannone.

[46] Mario Strano, Giovanni Pupillo, Guido Grande, Carmelo Baudo, Peppino Calamaro, Vitale e Salvatore Martello, Fortunato Mastrogiacomo, Ciccio Ciciulla, Cirino Garrasi, Delfino Tomasello, Sebastiano Vinci.


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