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Trasgressione e filosofia

La storia è il luogo e lo spazio dell’impossibile, ma affinché l’impossibile possa realizzarsi l’essere umano deve riprendersi la storia con la prassi del pensiero.

di Salvatore A. Bravo - mercoledì 5 giugno 2024 - 417 letture

Trasgressione e Filosofia

La filosofia per sua struttura epistemica ed etica è trasgressiva, essa disorienta, in quanto pone in discussione dogmi e verità sclerotizzate che alla luce del logos si svelano “ideologiche”. Il ogni tempo è in tensione feconda con le strutture di dominio e, dunque, con l’egemonia di classe che determina linguaggi e visioni della realtà. Filosofare è arte politica ed impegno etico. Nel nostro tempo storico dominato, attualmente, dal monologo culturale, la filosofia è oggetto di una operazione ideologica finalizzata a renderla irrilevante, essa è divenuta “l’eunuco della cultura”.

Innumerevoli sono i festival della filosofia e gli interventi dei filosofi nei media, ma lo scopo è sempre uguale: rendere la filosofia impotente. Nel migliore dei casi essa è presentata come la disciplina che pone domande in un circolo di infinite problematizzazioni che non approdano mai alla verità. Disciplina, dunque, che rafforza e affina le capacità retoriche, insomma essa prepara agli artifici linguistici con cui si conquistano posizioni nel mercato e nella carriera e si vendono prodotti. Fin quando la filosofia sarà ospite nei salotti e sarà solo chiacchiera colta per signori e signore annoiati, sarà usata per consolidare le capacità linguistiche dei futuri venditori. Sarà alienata, quindi, da un sistema economico e sociale che ha nella reificazione la sua forza perversa. In questa cornice di violenza organizzata si prepara, nel presente, la critica radicale quale premessa per disegnare e progettare una nuova realtà politica conforme alla natura sociale e comunitaria dell’essere umano.

Il dominio avanza, ma il suo potere non è mai totale, poiché vi sono uomini e donne che resistono e pensano il presente storico. Concettualizzare il tempo storico è gesto linguistico con cui si denuncia l’innaturalità del capitalismo e si aprono brecce verso il futuro. Luca Grecchi è filosofo del nostro tempo, felicemente inadeguato al conformismo del politicamente corretto. Leggere le sue opere significa sospendere le grammatiche conservatrici del capitalismo per riorientarsi verso la verità. La filosofia da salotto esalta il filosofare che nega la verità e benedice il politeismo delle opinioni senza fondamento comune. Senza verità nessuna progettualità è possibile, in quanto manca la direzione politica.

Riportare la filosofia al suo senso profondo non può che condurre ad affermare che la filosofia non è un inutile girovagare di parole, ma essa pone problemi per poter cercare le risposte. Il capitalismo cerca di neutralizzare le risposte più che le domande in modo da garantirsi l’eternità. Luca Grecchi ripone al centro del filosofare le risposte quale momento dialettico senza il quale il problematizzare domandante non ha alcun senso:

“Col passare degli anni il desiderio di un sapere vero e buono continua in effetti, nel philosophos, a rimanere il fine della propria esistenza, la quale consiste sempre in una ricerca fatta per trovare, ossia per raggiungere un risultato utile per sé e per gli altri” [1].

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A cosa serve la filosofia?

Filosofia e verità

La filosofia non è una eterna e frustrante aspirazione alla verità, essa è un ricercare per trovare. Nessun filosofo possiede completamente la verità, ma il suo ricercare lungo e paziente è approdo alla verità. Egli partecipa in modo comunitario alla definizione della verità. La filosofia che pone problemi ma non dà risposte è coccolata, in quanto è rassicurante. Luca Grecchi ha deviato da tale infruttuoso percorso. Rappresentare la filosofia come una eterna ricerca senza risultato è un abile modo per disinnescarne il potenziale rivoluzionario e gestaltico:

“Nella sua opera, Platone afferma più volte che gli anthropoi non possono divenire compiutamente sophoi, in quanto, pur desiderando assimilarsi al divino, per i loro limiti naturali non possono riuscirvi. Malgrado questo, l’anthropine sophia che, per quanto non totale, comprende contenuti importanti di verità. Nessun anthropos, del resto, conosce proprio nulla. La sophia ricercata dalla philosophia, infatti, è per Platone questioni di gradi, sicché può, in parte piccola o grande, essere posseduta da tutti, nonché continuamente incrementata” [2].

La verità non può che comportare la definizione di “bene”. La filosofia da festival non osa pronunciare la parola “bene”, la quale è stata consegnata alla cultura della cancellazione. Il capitalismo ha convertito il bene in calcolo degli interessi privati, ha oscurato con il bene la verità, in modo da sottrarsi alla valutazione etica. Con tale procedura ideologica il “bene” è parola sconosciuta e misconosciuta dai padroni del discorso. Riportare il “bene” al centro del filosofare non può che comportare l’uscita dal politicamente scorretto per ricondurre la filosofia nell’alveo fecondo del suo corso:

“Quando l’episteme caratterizza la philosophia, essa viene a costituire un sapere che comprende, oltre a contenuti ontologici essenziali per la conoscenza del vero, anche contenuti assiologici essenziali per la realizzazione del bene” [3].

Il filosofare tradizionale non è un vagheggiare astratto come non pochi presentano la filosofia, ma è ricerca dell’eterno nella storia. L’arma della calunnia fu usata contro Socrate, oggi è utilizzata contro la struttura veritativa della filosofia. Il sistema le permette di sopravvivere come esoscheletro spettrale di se stessa mutila della sua essenza e della sua reale finalità. A tal scopo i filosofi sono presentati come metafisici alla ricerca di impossibili verità astratte che non conducono a nulla. La verità non è da ricercare, perché non c’è, per cui si usa la filosofia per dimostrare che l’oggetto della sua ricerca: la verità è solo una chimera del passato. Luca Grecchi, invece, dimostra e smaschera la falsità di tale postura ideologica.

La filosofia ricerca la verità, ma ha ben presente che l’essere umano deve soddisfare in primis i bisogni primari, ma questi non gli sono sufficienti per essere “umano”, ma deve ricercare la verità della totalità in cui è implicato per potersi umanizzare. La verità non è un possesso, ma una prassi che rende l’esistenza individuale e comunitaria qualitativamente migliore. Quantità e qualità sono, di conseguenza, in felice connubio:

“Dopo aver soddisfatto le necessità materiali della vita, il bisogno di philosophia, per un ente razionale-morale come l’anthropos, che necessita di attribuire un senso ed un valore alla realtà, costituisce appunto l’attività primaria, ossia la più utile. Essa soltanto consente, infatti, di condurre nella maniera migliore la vita, realizzando la sua essenza nel modo più eccellente verso il fine naturale della verità. Per questo la sophia, per Aristotele, deve non solo essere posseduta, ma compiutamente utilizzata. È il fine del raggiungimento in atto della sophia, del resto, a muovere la potenza insita nel philosophein” [4].

Filosofia dell’educazione

Il bene è pratica, per cui la filosofia è pratica paideutica. Essa insegna il difficile cammino dell’umanizzazione. Il bene è prassi sociale pone in essere l’eccellenza dell’essere umano: l’indole comunitaria e sociale, ma senza una adeguata paideutica delle emozioni e dei bisogni la finalità universale è profondamente imperfetta. La filosofia sin dalle origini insegna a contenere le spinte irrazionali e crematistiche mediante la chiarezza della verità e del bene, i quali devono essere testimoniati e vissuti, affinchè portino all’armonia interiore e sociale. Da ciò deduciamo la motivazione dell’avversione del capitalismo alla filosofia. Il capitalismo per sopravvivere esige il disordine delle emozioni e l’oblio del logos, quale razionalità etica capace di disciplinare le emozioni e di favorire le buone relazioni comunitarie nel segno del discernimento tra “essenziale ed inessenziale”:

“La philosophia, disciplinando le emozioni, risulta utile per orientarsi fra i problemi più rilevanti conducendo verso le soluzioni migliori, svolgendo in tal modo un compito fondamentale per l’essere umano” [5].

La filosofia delle Accademie universitarie insegue e si adatta al mondo, e in tal modo si frammenta in specializzazioni incapaci di cogliere l’approccio olistico che la connota e denota. La filosofia, invece, è sapere teoretico concreto. Educa a ricomporre le parcellizzazioni, per dono uno sgurdo nuovo con cui “mirare” la realtà. Teoria e prassi sono un corpo unico e vivente in perenne osmosi:

“La mera conoscenza pratica infatti, per lo Stagirita, non può sostituire la philosophia, che in tutte le sue parti si presenta come una episteme, ossia anche come un sapere teoretico. Per deliberare bene sul piano politico è in effetti necessario un orientamento filosofico, che nemmeno phronimos può trascurare completamente” [6].

La filosofia non è, dunque, un vuoto chiacchiericcio, ma essa ha un carattere epistemico ben saldo e chiaro. La filosofia è ricerca veritativa dell’intero, valutazione assiologica e metodo dialettico. Filosofare è ragionare per martellare la qualità veritativa delle “proposizioni”. La dialettica non è un mero parlare, è la struttura metodologica con la quale si approda alla verità e alla valutazione etica dell’intero:

“In base, infatti, a quanto finora argomentato, essendo la philosophia una ricerca dialettica della verità dell’intero avente come fine la buona vita degli esseri umani, tali elementi strutturalmente intrecciati, dunque separabili solo per esigenze didattiche – risultano essere: a) l’orizzonte veritativo dell’intero; b) la finalizzazione della buona vita; c) il metodo dialettico” [7].

Filosofia, scienza e religione

La filosofia si differenzia dalla religione, in quanto è sapere veritativo fondato a livello dialettico e argomentativo, ma anche dalla scienza, poiché quest’ultima si astiene dalla valutazione etica, si limita a descrivere i fenomeni e a matematizzarli. L’economicismo scientista è il vero nemico della filosofia. Lo scientismo asservito all’economia e agli affari è una forma di riduzionismo gnoseologico che struttura trasversalmente l’occidente. Esso è ateo, in quanto rimuove volutamente la verità, in modo da proliferare e depredare l’umanità e l’ambiente:

“Come insegnano sia Platone che Aristotele, la prima operazione da compiere, per la definizione di philosophia, è, esattamente come per gli altri enti la differenziazione della medesima dalle altre “specie” del “genere” comune, ossia del sapere. Erano in effetti presenti già in epoca presocratica molteplici forme di sapere simili alla filosofia, quali in primo luogo, come detto, le religioni e le scienze definite da alcune differenze specifiche. Le religioni, infatti, a differenza della philosophia, non sono caratterizzate né da un approccio veritativo, né da un metodo dialettico (…), così come le scienze non sono caratterizzate né da un approccio interale, né da una finalizzazione valoriale (…)” [8].

La filosofia è “sapere di non sapere”, il capitalismo estrapola con il consenso del mondo accademico talune frasi e le trasforma in Totem con cui manipola il fine della filosofia. Nella logica “stile baci perugina” Socrate è un eterno ricercatore di verità, è condannato ad un’esistenza accostabile al mito di Sisifo: un lavoro continuo ma senza soddisfazione alcuna. La filosofia, come detto, è invece pacata e razionale soddisfazione del bisogno di verità in una cornice amicale nella quale chi è sconfitto ha fatto un passo in avanti verso la verità:

“Il clima dialogico-amicale, unito alle note affermazioni del Socrate storico di “sapere di non sapere” – o meglio, di sapere di non sapere tutta la verità in maniera assoluta, rimanendo dunque sempre aperto alla possibilità della confutazione - , ha dato tuttavia luogo ad alcuni equivoci ermeneutici sul suo pensiero. Frequenti sono tuttora, infatti, gli studiosi che interpretano Socrate come un mero fautore del dialogo, come se fosse impossibile, alla philosophia, trovare il sapere (la sophia), ma fosse possibile solo cercarlo, per amore del medesimo (la philia, appunto)” [9].

L’essere umano è comunitario e veritativo per sua natura, ricerca il senso della sua esistenza nella totalità della comunità. Universale e particolare sono inscindibili:

“L’essere umano è in effetti, per il prevalente pensiero greco, un ente che si realizza in maniera compiuta cercando di conoscere con verità e di agire bene. Per questo necessita della philosophia per la realizzazione della propria umanità. Nessun altro sapere, infatti, oltre la philosophia, si occupa della verità e del bene” [10].

La prassi del bene-verità

Per uscire dal politicamente corretto dobbiamo riconquistare il sapere filosofico e sulle orme dei filosofi dobbiamo reimparare a valutare la totalità sociale nella quale possiamo fiorire o sfiorire. La valutazione è responsabilità politica, in quanto invoca la partecipazione a migliorare qualitativamente la totalità. La filosofia, dunque, è impegno nella comunità e deserta i salotti:

“Per lo Stagirita, infatti, per quanto concerne la realtà umana, non basta descrivere le cose per come effettualmente si sono svolte, al fine appunto di conformarsi alla physis dell’essere umano. Si tratta peraltro di un compito in certo senso naturale, dato che per natura quelle modalità, se non impedite tendono a realizzarsi in quanto le cose vere e giuste sono più forti delle loro contrarie. Nella considerazione dello Stagirita, infatti non vi è mai opposizione, bensì complementarietà fra fatti e valori, così come fra teoria e prassi, le quali vengono quasi sempre analizzate in connessione. Aristotele parla per questo anche di una verità pratica, che si dà quando un ragionamento vero ispira, appunto, una scelta buona” [11].

Dobbiamo ricercare i motivi per ricominciare a leggere filosofi ed autori che hanno trasgredito il linguaggio dell’impero e che non usano tale prospettiva come uno strumento di affermazione personale, ma per sollevare domande vissute che “osano dare risposte”. Nel nostro tempo tutto è possibile, tranne essere autenticamente umani con i limiti e le contraddizioni che queste comportano, per cui riprendiamoci la nostra umanità-verità che il sistema ci nega con la sua hybris atea e nichilistica.

La risposta al dramma etico in cui siamo, Luca Grecchi l’ha elaborata con la Metafisica umanistica. L’essere umano è l’assoluto che pone la storia, ma quest’ultima ritrova il suo senso nella prassi finalizzata al bene e alla verità. Dobbiamo riprenderci la storia che il capitale vuole curvare ai suoi interessi mediante una progressiva opera di cancellazione di essa:

“Il fatto che l’Uomo costituisca un Assoluto solo secundum quid, non un Assoluto simpliciter, non deve far dubitare del suo ruolo di Fondamento. L’Uomo non è l’Assoluto simpliciter, dunque non è il Principio, semplicemente in quanto la sua esistenza è sottoposta sul piano fisico ad alcune condizioni, che sono appunto quelle del Principio. Ciò nonostante, l’Uomo è il suo Fondamento sul piano metafisico, poiché è, come ormai più volte ricordato, il solo ente in grado di conferire significato trascendentale alla Realtà” [12].

L’Umanesimo filosofico riconduce la storia al suo fondamento, l’essere umano, il capitalismo, invece, pone al centro la merce e il dispositivo tecnocratico. La storia è il luogo e lo spazio dell’impossibile, ma affinchè l’impossibile possa realizzarsi l’essere umano deve riprendersi la storia con la prassi del pensiero.

[1] Luca Grecchi, Il concetto di philosophia dalle origini ad Aristotele, Scholé 2023, pag. 30

[2] Ibidem, pag. 89

[3] Ibidem, pag. 106

[4] Ibidem, pag. 184

[5] Ibidem, pag. 191

[6] Ibidem, pag. 223

[7] Ibidem, pag. 35

[8] Ibidem, pag. 82

[9] Luca Grecchi, Verità, Unicopoli 2023, pag. 103

[10] Ibidem, pag. 23

[11] Ibidem, pp. 212 213

[12] Luca Grecchi, Metafisica umanistica, Petite Plaisance, Pistoia 2023, pag. 89


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