Michail Jur’evič Lermontov

Uscire solo sulla strada significa accettarne i pericoli e le difficoltà, scegliere da solo il proprio cammino, rischiare di inciampare sul selciato impervio e sassoso

di marisa attanasio - mercoledì 28 gennaio 2015 - 11070 letture

Sulla strada esco solo

Sulla strada esco solo.
 Nella nebbia è chiaro il cammino sassoso.
 Calma è la notte.
 Il deserto volge l’orecchio a Dio
 E le stelle parlano tra loro.
 Meraviglioso e solenne il cielo!
 Dorme la terra in un azzurro nembo.

Cosa dunque mi turba e mi fa male?
 Che cosa aspetto, che cosa rimpiango?
 Nulla più aspetto dalla vita
 E nulla rimpiango del passato,
 cerco solo libertà e pace!
 Vorrei abbandonarmi, addormentarmi!
 Ma non nel freddo sonno della tomba.

Addormentarmi, con il cuore
 Placato e il respiro sollevato.
 E poi notte e dì sentire
 La dolce voce dell’amore
 Cantare carezzevole al mio orecchio
 E sopra di me vedere sempre verde
 Una bruna quercia piegarsi e stormire.

Ci si riconosce in quel desiderio di libertà e pace, desiderio perseguibile a quanto pare solo attraverso la solitudine, amata e aborrita nello stesso tempo. Una solitudine che consente di estraniarsi da una moltitudine vuota e confusa, per intraprendere la scomoda via dell’anticonformismo, della ribellione, della protesta. Via che spesso si rivela un vicolo cieco, un cammino disperato quanto inutile per uscire da una strada a senso unico di gran lunga più semplice da percorrere, ma solo per chi sceglie di lasciarsi condurre. Uscire solo sulla strada significa accettarne i pericoli e le difficoltà, scegliere da solo il proprio cammino, rischiare di inciampare sul selciato impervio e sassoso, nel buio come nella luce, nel sole come nella nebbia senza sapere cosa ci sarà alla fine della via. Un duello sbarrò improvvisamente la strada del giovane Lermontov, strada ancora desiderabile per quanti come lui nulla più si aspettano dalla vita, ma cercano solo libertà e pace al di sopra di una moltitudine informe che brulica come gregge mansueto verso una meta decisa da altri. E a distanza di circa duecento anni la sua domanda resta ancora attuale e senza risposta: “... come è misero l’uomo! Che cosa vuole?... Il cielo è puro e quaggiù c’è posto per tutti; pure senza motivo e senza necessità solitario egli vive di odio. Perché?"


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