Mihai Eminescu

La tragedia di un giovane operaio rumeno, addolcita e consolata dai versi melanconici di un grande poeta.

di Piero Buscemi - mercoledì 18 marzo 2015 - 4790 letture

Agli inizi di marzo, quasi a voler attualizzare ben più famosi idi romane, il crollo di un pilone della nefasta e omerica autostrada Salerno-Reggio Calabria, ha causato la morte di un operaio di venticinque anni. Si chiamava Adrian Miholca. Era di origine rumena.

Sarà dimenticato. Come tutte le morti bianche delle italiche riforme del lavoro. Lui, venuto da una delle nazioni più colpite dalla discriminazione e dal razzismo nazista. Lui, che a diciotto anni si è trasferito in un paesino del salernitano dalla lontana Romania. Lui, che è diventato protagonista involontario di un sacrificio umano per un’altra cattedrale nel deserto dell’indefferenza, vidimata dall’epica legge n.443 del 2001, passata alle cronache politiche con il nome altisonante di Legge Obiettivo.

E’ a lui che dedichiamo, questa settimana, la nostra rubrica. Lo facciamo prendendo a prestito i versi romantici del più grande poeta rumeno, Mihail Eminescu. E con questi versi, ci permettiamo di accostarlo alle nostre vite, troppo spesso superbe, distaccate, tremendamente artefatte da false verità su mondi che non abbiamo il coraggio di voler conoscere.

Mai am un singur dor

Mai am un singur dor
 În liniştea serii
 Să mă lăsaţi să mor
 La marginea mării,
 Să-mi fie somnul lin
 Şi codrul aproape,
 Pe-ntinsele ape
 Să am un cer senin.
 Nu-mi trebuie flamuri
 Nu voi sicriu bogat,
 Ci-mi împletiţi un pat
 Din tinere ramuri.

 Şi nimeni in urma mea
 Nu-mi plângă la creştet,
 Doar toamna glas să dea
 Frunzişului veşted.
 Pe când cu zgomot cad
 Isvoarele intruna
 Alunece luna
 Prin vârfuri lungi de brad.
 Pătrunză talanga
 Al serii rece vânt,
 Deasupră-mi teiul sfânt,
 Să-şi scuture creanga.

 Cum n-oi mai fi pribeag
 De atunci înainte,
 M-or troieni cu drag
 Aduceri aminte.
 Luceferi, ce răsar
 Din umbră de cetini,
 Fiindu-mi prietini,
 O să-mi zâmbească iar.
 Va geme de patemi
 Al mării aspru cânt...
 Ca eu voi fi pământ
 În singurătate-mi.

Un ultimo desiderio (vers. italiana)

Ho un solo desiderio,
 Nel silenzio della notte
 Lasciatemi morire
 Vicino al mare.
 Un sonno dolce avrò,
 Il bosco vicino
 Sulle distese acque
 Mi sia il cielo sereno.
 Non voglio bandiere,
 Nè una ricca bara,
 Fatemi solo un letto
 Di teneri ramicelli.

Nessuno dietro dovrà piangere,
 Solo l’autunno dovrà dare voce
 Alle foglie morte
 Che con rumore cadono.
 Il fiumicello scorre,
 Scivola anche la luna,
 Dentro gli aghi dell’abete
 Sopra, il tiglio santo
 Fa tremare i rami.
 Quando non sarò piu vagabondo,
 Da allora in poi
 Mi accarezzeranno con amore
 pensieri lontani.

Stelle che scorgono
 Dall’ombra del cedro,
 Essendomi amiche
 Mi sorridono ancora.
 Piange dal dolore
 Il canto del mare.
 Che io sarò polvere...
 Nella mia solitudine.


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