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Confesercenti: i 100 casi di malasanità

Riflettori puntati sulla Sanità che evidenzia una serie impressionante di sprechi. A vivisezionare il settore è la Confesercenti

di Vincenzo Raimondo Greco - mercoledì 21 giugno 2006 - 5184 letture

Riflettori puntati sulla Sanità che evidenzia una serie impressionante di sprechi. A vivisezionare il settore è la Confesercenti.“Ospedali mai terminati o mal utilizzati, personale medico esuberante e paramedico insufficiente, investimenti improbabili e consulenze miliardarie, prescrizioni a pioggia, posti letto a tre o cinque stelle con costi differenti da regione a regione, così come le operazioni chirurgiche”. In una parola: 17 miliardi di euro. “A tanto - dichiara Marco Venturi, presidente della Confesercenti - ammonterebbe, secondo i nostri conti, il risparmio se la gestione della sanità fosse improntata a maggiore razionalità e costantemente monitorata”.

Il settore fa acqua da tutte le parti; e non da ora. “Il Servizio Sanitario Nazionale -aggiunge ancora Venturi - deve garantire a tutti ciò di cui hanno bisogno realmente, evitando squilibri: occorre evitare che un’appendicite o una colecisti valgano in Umbria molto più che in Veneto, che in un ospedale del nord si possa effettuare un esame in un terzo del tempo necessario in una struttura del meridione”. E le Regioni hanno il compito, importante, di “assicurare il giusto equilibrio tra spesa e prestazioni”. Argomentazione rappresentata anche da Teresa Petrangolini, segretario generale di Cittadinanzattiva. “Le Regioni - dichiara - comincino a dare il buon esempio lottando contro gli sprechi negli uffici, nelle consulenze, nella stessa applicazione dei contratti. Si potrebbe cominciare da una seria valutazione degli obiettivi effettivamente raggiunti dai responsabili dei servizi e dei dipartimenti, invece di proseguire a pagare a pioggia, anche chi questi non li ha raggiunti; in secondo luogo, varando un anno di stop a benefit e premi previsti per Direttori generali di ASL (in una percentuale sul loro stipendio del 20%)”.

Non è accettabile che in un nosocomio della capitale ci sia un numero di operatori sconosciuto o che in un istituto pubblico di ricerca un dirigente medico ortopedico percepisca 1.200 euro l’ora per consulenze, mentre, in quasi tutta Italia, una donna è costretta ad aspettare 60 giorni per una mammografia . Così come non ha giustificazioni la presenza di 126 ospedali mai completati. Opere incompiute per un valore di 8 miliardi di euro (Il primato è della Sicilia con 34, segue la Puglia con 22).

Siamo di fronte ad una casistica sconfortante sia in termini sociali, sia in termini finanziari”, dichiara sconsolato Venturi che aggiunge: “la nostra inchiesta si è scontrata con la tristemente nota Malasanità, dove gli sprechi sono l’espressione numerica del disagio al quale sono costretti milioni di cittadini”. E sono proprio i numeri che non lasciano spazio a dubbi: “il fondo sanitario - si legge nella Relazione della Confesercenti che elenca i 100 casi di spreco - è cresciuto dai circa 48 miliardi di euro del 1995 ai circa 90 miliardi di euro del 2005, con una contemporanea crescita anche della spesa diretta che devono sostenere i cittadini, passata nel medesimo periodo da circa 10 miliardi ai circa 25 miliardi attuali”. Ma questa crescita non si è accompagnata ad un miglioramento delle prestazioni.

E non basta: la finanziaria 2006 stanzia, infatti, 91 miliardi a fronte di un fabbisogno tendenziale che si aggira tra i 96,1 e i 97,6 miliardi, cui vanno aggiunti gli oneri dei rinnovi contrattuali, stimati dalle Regioni attorno ai quattro miliardi. Tra i tanti sprechi evidenziati (ne riportiamo solo alcuni, N.d.R.) colpisce la spese dei nosocomi per acquisto di farmaci. Ogni anno, vanno in fumo, circa 5 miliardi di euro “per gli acquisti di farmaci e beni biomedicali, mentre una diversa organizzazione consentirebbe di risparmiare qualcosa come 500 milioni di euro all’anno”. Un altro capitolo riguarda i farmaci. “In Italia - si legge nella Relazione - abbiamo i prezzi dei farmaci più bassi d’Europa quando le scatole escono dagli stabilimenti di produzione. E tra i più alti quando i medicinali arrivano tra le mani dei cittadini.La ragione è presto spiegata: i margini di ricarico a favore della distribuzione finale (farmacie) e intermedia (grossisti) in Italia sono tra i più elevati”.

Ecco perché, conclude Venturi, al “ministro della Salute, Livia Turco, chiediamo di intervenire subito e con decisione su un settore importantissimo nella vita del Paese, affinché possa tornare a garantire una migliore assistenza ai cittadini e possa restituire allo sviluppo le risorse impropriamente sperperate”. La risposta non si è fatta attendere.

Le politiche di rigore - sottolinea la Turco - di attenzione alla qualità e appropriatezza delle prestazioni non possono eludere una costante azione di controllo su quelle inefficienze che possono dare luogo a spreco di risorse, a duplicazioni di prestazioni ma anche ad interventi non necessari e, dunque, inappropriati che, oltre a far danno ai bilanci della sanità, non arrecano alcun benefìcio per la tutela della salute dei cittadini”. Un piano di risanamento del settore che va, quindi, attuato in tempi rapidissimi; non calato dall’alto ma stilato con il contributo delle Regioni e delle organizzazioni di tutela dei cittadini.


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