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Adèle e l’enigma del faraone

Analisi, molto ragionata, di un pessimo film: l’ultimo di Luc Besson.

di Serena Maiorana - mercoledì 6 ottobre 2010 - 5374 letture

Nella storia del cinema francese non c’è mai stato un film più costoso. Adèle e l’enigma del faraone, ultima fatica di Luc Besson, è un opera faraonica e pirotecnica, girata senza risparmiare nulla in termini di costi, strumenti, ambientazioni ed effetti speciali. Eppure c’è qualcosa che il buon Besson (e l’aggettivo “buon” glielo concediamo ancora solo in onore dei bei tempi andati di Nikita) c’è qualcosa, dicevamo, che avrebbe potuto risparmiarsi ed è il film stesso, tutto intero. E risparmiandosi un tale dispendio di fatiche e denari avrebbe fatto a noi spettatori ancora fiduciosi (nonostante le già cocenti delusioni targate Minimei) un grande regalo, evitandoci la sconfortante visione di questo film inutile e molliccio, girato a lungo e per mezzo mondo senza riuscire a cavarci nulla di buono.

È vero che chi scrive non nutriva già a priori alcuna simpatia per il genere di film, facilmente etichettabile come “modello Stargate”: improbabili imprese archeologiche al cardiopalma miste a fantascienza grossolana. Ma Besson nel suo film fa ben di peggio, superando in negativo anche le più feroci antipatie per i film di genere.

La storia è quella di Adèle, spericolata giornalista tutto pepe disposta ad affrontare mille avventure pur di riportare in vita l’adorata sorella, rimasta con uno spillone conficcato in fronte a causa di un incidente durante una partita di tennis. Per riuscirci però dovrà viaggiare fino all’antico Egitto, affrontando molti pericoli e uomini senza scrupoli pur di riportare in vita la mummia del medico del faraone, capace si spera, di far rivivere la sorella. Intanto al museo del Louvre uno pterodattilo esce improvvisamente dal suo guscio seminando il panico per tutta Parigi. Le due storie si uniscono portando gli impavidi protagonisti a vivere mille rocambolesche avventure, fino al più che prevedibile lieto fine.

Più in generale la storia resta comunque sempre sospesa a metà tra la saga fantascientifica e quei film che aspiravano ad essere cartoni ma chissà perché ci hanno fatto un film, come quelli che la Disney amava fare fino agli anni ’90, con la differenza che la Disney sapeva farli e Besson no. Così nel film nulla decolla e i personaggi restano incollati al ruolo di macchietta condannando all’avvilimento lo spettatore, che sperava perlomeno di divertirsi e invece si ritrova a vedere un film con l’umorismo e lo spessore cinematografico degni delle peggiori sitcom italiane per le famiglie della domenica.

Da Stargate a Nonno Felice insomma il passo è breve e tutto nel film finisce per non funzionare: dagli effetti speciali, avveniristici quanto inutili, alla colonna sonora che non supera mai lo status della rumoristica da mondo dei puffi. Nel complesso un disastro.

Peccato. Per i soldi spesi e le competenze sprecate. Per le aspettative deluse e la fama di un regista andata in malora. Ma soprattutto peccato per quelle due ore di tempo andate perse al cinema.


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