Segreta Penelope

La riscrittura del mito di Penelope nell’ultimo libro di Alicia Giménez-Bartlett, pubblicato da Sellerio

di Pina La Villa - lunedì 23 ottobre 2006 - 5229 letture

Alicia Giménez-Bartlett, Segreta Penelope, Sellerio, 2006

Stavolta Alicie Giménez Bartlett si misura con un suicidio, e si misura direttamente, senza la maschera di Pedra Delicado, l’investigatrice dei suoi gialli di successo pubblicati sempre da Sellerio.

La scrittura e il ritmo sono però gli stessi ed è difficile staccarsi dal libro senza averlo finito.

La voce narrante è proprio quella della scrittrice, Alicia, e se non è lei le assomiglia molto: è una scrittrice sui cinquant’anni, una donna che ha vissuto le stagioni del femminismo e della sinistra in una Spagna che progressivamente esce dal franchismo fra tante contraddizioni. Negli anni settanta è una giovane universitaria che compie le sue fondamentali scelte di vita, nel contesto della cosiddetta liberazione sessuale. Insieme a lei, gli altri, le sue amiche e i suoi amici di quel tempo, con i quali resta in contatto anche dopo, e che rivede proprio in occasione del funerale di Sara, la protagonista del racconto.

Perché si è suicidata, Sara?

A differenza dei gialli classici e di quelli della stessa autrice, non dobbiamo aspettare l’ultima pagina per svelare il mistero (anche se si svelerà completamente solo alla fine).

Il suicidio sembra in qualche modo scritto nel destino di Sara e nelle spietate considerazioni di chi racconta, che comprendiamo fin da subito.

Sara è unica, Sara è diversa dalle altre: non conosce buon senso, norme, regole, è disordinata, pasticciona, senza progetti per il futuro, è vitale, egoista, indifferente, selvaggia, interessata unicamente al sesso.

Un mito,il mito della femminilità selvaggia e libera? Il simbolo della rivoluzione sessuale di quegli anni?Forse. O forse solo una persona unica, la cui vita però viene incanalata nei percorsi consentiti e riconosciuti, i percorsi che portano a Penelope, al prototipo del femminile, fatto di custodia della casa, cura del figli, attesa paziente. Man mano, sotto la guida ferma e sicura di una delle amiche che pensa di fare il suo bene, col silenzio e la complicità delle altre, Sara abortisce, Sara sposa un uomo che non ama e non conosce, Sara ha una casa alla quale resta indifferente, Sara ha una figlia... Sara pian piano si spegne, la sua vitalità, il suo sorriso, la sua indifferenza alle regole e all’ordine non sono compatibili con questo percorso, che però è l’unico consentito, quello al quale appunto la spingono le amiche, prendendosi cura di lei che non ha abbastanza fiducia nella sua capacità di prendersi cura di se stessa, di fare le scelte giuste.

Chi è Sara? Una persona sconfitta dal tempo che scorre per tutti? Certo, anche. Ma le sue vicende sembrano la sintesi della vita di tante.E il percorso che abbiamo brevemente ricordato induce fortemente nella tentazione di andare oltre la vicenda particolare, oltre l’abilità del narratore di rappresentare un individuo, una singola vita, a cercare di leggere in questa storia la metafora di un bilancio fortemente in perdita.

Tante erano le speranze che il femminismo aveva fatto nascere, e sono tutte rappresentate nell’ammirazione che la voce narrante nutriva e ha continuato a nutrire per Sara e per la sua libertà: la casa di Sara era frequentata dai gatti e da chiunque vi si trovasse a passare, donne di dubbia provenienza e di facili costumi, ragazzi in cerca di vitto, alloggio e avventure, mutande e sigarette dappertutto, Sara accoglieva con naturalezza indifferente, senza nemmeno immaginare le convenzioni borghesi dell’ospitalità e dell’ordine casalingo. A lei sembrava interessare una sola cosa: scopare. Anche lo studio, come poi il lavoro, che per le amiche era impegno, riscatto, realizzazione (saranno tutte donne in carriera, donne di successo) stavano molto sullo sfondo. Non parliamo dell’amore e dell’idea di una relazione stabile, erano completamente fuori dal suo orizzonte. Sara era incapace di amare, interessata solo al puro desiderio, al piacere dei corpi. Pura esplosione di vitalità, di piacere e di libertà.

Con Sara non si poteva vivere, tanto era il suo disordine. Con Sara non si potevano fare progetti. Sara tradiva il marito, non sapeva cucinare l’arrosto, lasciava a digiuno gli amici invitati a cena. Sara non è esattamente un ideale di donna. Sara è il rifiuto dell’ideale, della norma,di qualsiasi ideale o norma si tratti. Sara è l’antitesi di Penelope. Penelope che vive nella reggia lasciata vuota dal marito, nella sua attesa, perfetta padrona di casa, sorda alla corte dei vari pretendenti, devota nuora che tesse la tela del sudario di Laerte. Sara non aspetta, vive ora. Sara non vuole prendersi cura di nessuno, ama i gatti, liberi e indipendenti. Sara si è fatta tutti i proci (pretendenti). Sara non tesse né disfa alcuna tela.

Nel frattempo però il tempo passa e le sue amiche, donne di successo, hanno ricostruito l’immagine della donna perfetta. E’ il vestito che le amiche hanno amorevolmente cucito per Sara, che docilmente lo ha indossato, ma le stava male fin dall’inizio, non lo sapeva portare, la faceva essere goffa e impacciata. Lei ha tentato di adattarvisi, lo ha fatto fino a che l’elasticità del suo corpo glielo ha concesso, ma poi il suo corpo si è trasformato, e il il vestito le è stato sempre più stretto, fino a soffocarla.

Louise J.Kaplan, psicoanalista e psicoterapeuta a New York, autrice di volumi e articoli sullo sviluppo dei bambini, degli adolescenti e degli adulti, nel suo saggioPerversioni femminili. Le tentazioni di Emma Bovary, Raffaello Cortina editore, Milano, 2001, sostiene che la perversione è un meccanismo che permette di sopravvivere a quella perdita originaria che la nostra cultura infligge a ogni essere sessuato nel momento in cui lo piega alla schiavitù dei ruoli sessuali e di genere. Le perversioni femminili più frequenti sono cleptomania, anoressia, piccole mutilazioni, sottomissione estrema, sono cioé, a differenza di quelle maschili, forme di autopunizione. Sara, con l’aiuto delle amiche, si è autopunita per il suo desiderio di libertà.


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