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Un primato italiano

Fotoromanzo: genere di cui si è “parlato così tanto sapendone così poco”.

di Pina La Villa - martedì 11 giugno 2024 - 310 letture

“Negli anni Cinquanta e Sessanta milioni di francesi si commuovono su storie di villaggi svuotati dall’emigrazione e aspettano con ansia la morte del marito dell’eroina o della moglie dell’eroe, che impediscono agli innamorati di unirsi in un secondo matrimonio, questa volta felice. In Francia non ci sono flussi migratori e c’è il divorzio. Ma quei milioni leggono fotoromanzi, e il fotoromanzo è nato nel ’46 in Italia, per poi estendersi rapidamente, oltre che in Francia, nel nord Europa, in America Latina, dove sarà uno dei modelli delle telenovelas, nell’Africa mediterranea, in Turchia. Spesso confezionato sul posto, a volte tradotto tale e quale, sarà per decenni il marchio italiano più conosciuto in un pezzo vasto di mondo. Ancora oggi succede che autori stranieri lo usino per caratterizzare atmosfere e personaggi”.

Così ci racconta Anna Bravo nel saggio Il fotoromanzo, fenomeno che viene finalmente raccontato come una delle vie italiane alla modernizzazione.

La storica sottolinea inoltre come di questo filone culturale si sia “parlato così tanto sapendone così poco”.

Più esattamente se ne è parlato male o se ne è taciuto. A nulla è valso il suo essere un primato italiano.

Figlio della letteratura rosa, il fotoromanzo ne ha subito l’ostracismo. È quasi impossibile trovare una storia che prenda sul serio il genere. Anche i pochi testi che ne parlano si limitano ad alcune date e alcune osservazioni di superficie.

Difficile, fra l’altro, togliere la patina di nostalgia che riveste le ricostruzioni della storia del fotoromanzo da parte dei suoi fan, soprattutto quando si parla del grande successo dei fotoromanzi Lancio dalla fine degli anni Sessanta alla metà degli anni Settanta.

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Copertina di Le carte rosa, di Ermanno Detti

In quegli anni, su 8 milioni di fotoromanzi venduti, 5 milioni erano prodotti da questa casa editrice. Ma la diffusione era superiore: i fotoromanzi li leggeva tutta la famiglia, passavano di mano in mano, si leggevano dalla parrucchiera. A leggerli erano soprattutto donne, in particolare le tredicenni.

Interessanti alcuni dati relativi al 1977, tratti da una ricerca di Roberto Giammanco e Daniela Natalini su quattro città campione: Reggio Calabria, San Martino in Fiume, Carpi, Parma. La ricerca teneva conto del livello di sviluppo, dei redditi, dei servizi e del livello culturale dei lettori.

Dalla ricerca emerse che il fotoromanzo era fortemente ed equamente diffuso in tutte le quattro città, che a leggerli non erano solo persone di basso livello culturale, che a Reggio Calabria una copia veniva letta da 6/7 persone mentre a Parma e Carpi da 2/3 (differenza del potere d’acquisto).

Interessante anche il dato che a Parma piacevano di più le storie tradizionali, prive di riferimenti a problemi sociali, mentre al sud erano graditi elementi di innovazione.

Commenta Ermanno Detti, in Le Carte rosa. Storia del fotoromanzo e della narrativa popolare (La Nuova Italia, 1990) da cui ho tratto i risultati di questa ricerca:

Avviene insomma che in realtà meno sviluppate l’immaginario è più disponibile ad avventurarsi nel mondo moderno, industrializzato, evidentemente concepito come esotico e lontano.



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