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Riflessioni a margine della presentazione del libro di Luigi Boggio "Qualche parola"

Nessun legame tra passato e presente può essere ricostruito e nessuna proiezione nel futuro può prendere forma se non siamo capaci di accogliere e ascoltare lo "straniero" che è tra noi, ma da noi non sempre è "visto".

di Nuccia Tronco - domenica 23 aprile 2023 - 1316 letture

Va dato ampio riconoscimento alla Casa Editrice ZeroBook per aver selezionato e dato alle stampe i corsivi di Luigi Boggio pubblicati tra il 2015 e il 2022 sulla testata Girodivite.

Ne è venuto fuori un libro, intitolato "Qualche parola", il cui primo pregio è la possibilità di essere letto - o per meglio dire navigato - in tutte le direzioni, senza necessariamente seguire un itinerario tematico o la cronologia dei corsivi. Quando un libro fa nascere in chi legge il desiderio di spaziare liberamente tra le sue pagine, esso raggiunge il suo scopo primario, che è quello di attrarre il lettore nel mondo dello scrittore. Questo risultato è reso possibile da una qualità che è allo stesso tempo della scrittura e della persona: la coerenza. Coerenza tra il pensiero e la parola che rispecchia la coerenza del vissuto di Luigi Boggio.

Nel dibattito seguito alla presentazione, nel parlare di se stesso Luigi si è definito uno "sradicato", per i molti luoghi in cui ha esercitato il suo impegno prima di stanziarsi a Lentini. E non sarà un caso che nella riflessione del 1° gennaio 2020 dedicata ad Albert Camus sia citato "Lo straniero", romanzo dell’eroe "assurdo", a cui una lucida coscienza del reale permette di approdare a quella verità ancora negativa che rende possibile la conquista di sé e del mondo.

Vanno rese grazie allora agli "stranieri", agli "sradicati" che poggiano uno sguardo differente e gettano una luce diversa sul nostro piccolo mondo, che è la Lentini - e perché no la Carlentini - di ieri e di oggi. Senza dimenticare, a proposito del dibattito che ne è nato in sala, che nessun legame tra passato e presente può essere ricostruito e nessuna proiezione nel futuro può prendere forma se non siamo capaci di accogliere e ascoltare lo "straniero" che è tra noi, ma da noi non sempre è "visto".

Come non visto, "straniero" nella sua città natale, è rimasto troppo a lungo il filosofo lentinese Manlio Sgalambro. Ed è proprio un omaggio a Manlio Sgalambro a costituire significativamente il corsivo di apertura del libro di Boggio. Qualche parola, scritta "nel solco di una storia tante volte ignorata per incapacità e ignavia".

Il "filosofo di Lentini", il "pensatore lentinese", il "filosofo lentinese". Così, per ben nove volte nelle quattordici pagine del saggio "La filosofia come "pervertimento", viene appellato Sgalambro dal filosofo Roberto Fai, che ha raccolto nel volume "Essere contemporanei della fine del mondo" (Mimesis, 2022) gli atti del convegno celebrato a Catania che avrebbe dovuto tenersi a Lentini nell’aprile 2015, assieme ad altre iniziative dedicate, tra cui l’intitolazione a Manlio Sgalambro del Centro Polifunzionale di via Aspromonte.

Il ricordo, come ben nota Luigi, avrebbe assunto un altro significato nella città natale di Sgalambro. Ripartire da quel ricordo, oggi, potrebbe essere l’occasione per dare un significato forte e ben ancorato culturalmente ad ogni buon proponimento per la rinascita di Lentini.


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