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«Piazza Dante non vuole il mostro»

A margine dell’iniziativa di solidarietà del 12 luglio 2010 per Laura Salafia, la studentessa ferita all’università di Catania, un professore analizza il delicato rapporto con il quartiere.

di Antonio Cavallaro - mercoledì 14 luglio 2010 - 3830 letture

Lunedì 12 luglio, undici giorni dopo il ferimento della studentessa di lettere Laura Salafia, in quella stessa piazza di Catania dove una pallottola le si è conficcata tra la seconda e la terza vertebra, si è svolta la proiezione del film di Marco Tullio Giordana “I cento passi”. L’evento è stato organizzato dalle associazioni Libera e Addiopizzo con la collaborazione degli studenti ed è stato anticipato da una serie d’interventi, tra cui quello di Lucia Sardo che nel film interpretava il ruolo di Felicia Bartolotta madre di Peppino Impastato.

Alle 20.30, ora ufficiale di inizio della manifestazione, meno di centocinquanta studenti stavano seduti sui gradini della chiesa di San Nicolò. Un gruppo di abitanti del quartiere, osservava la piazza seduto sulla base del colonnato: saranno state una quindicina di persone, con una sola donna tra di loro.

«Non è stata la cosa giusta – raccontava a margine dell’iniziativa Alessandro De Filippo, un insegnante con il quale Laura Salafia avrebbe dovuto sostenere un esame a giorni – portare in piazza “I cento passi”. Questo film pone una distanza tra noi “legalitari” e loro “mafiosi”. Ma questo non è un quartiere abitato solo da delinquenti: c’è la stessa concentrazione di criminali di qualsiasi altra zona della città: cioè la maggioranza qui è di persone per bene».

De Filippo vedeva la reazione lenta del quartiere alla violenza sulla studentessa come «la conseguenza di una complessità di rapporti: “il pistolero” era conosciuto da cinquantaquattro anni da tutti gli abitanti come una persona mite e gentile. Essersi procurato una pistola è un comportamento che viene da una cultura mafiosa, ma avere sparato a mezzogiorno a poche centinaia di metri da dove giocavano i suoi nipotini è solo il frutto di un raptus. Per questo la gente del quartiere non intende riconoscerlo come “il mostro” anche se gli “altri” interpretano questa riluttanza (l’esempio sono le fotografie di Laura, prima esposte dai negozianti della zona e poi in qualche caso ritirate) come una connivenza verso la delinquenza, errando». De Filippo suggeriva pittosto che «magari avremmo potuto guardare “Il mio amico Eric” di Ken Loach, in cui gli abitanti del quartiere si mettono insieme contro le angherie del bullo».

Prima della proiezione, oltre alla Sardo si sono alternati diversi oratori man mano che la piazza andava riempiendosi fino a contare un trecento persone. Dario Montana, presidente provinciale per Catania di Libera, ha ricordato come «il legalitarismo sia nullo in assenza di giustizia e soprattutto di giustizia sociale». Ninetta Burgio, mamma di Pierantonio Sandri, ha testimoniato i quindici anni trascorsi alla ricerca della verità sulla scomparsa del figlio. Pierantonio venne sequestrato e ucciso il 3 settembre del 1995 solo perché aveva assistito suo malgrado al danneggiamento di un’auto a Niscemi in provincia di Caltanissetta.

E dopo Totò Grosso di Addiopizzo è stata la volta di Pino Maniaci. Il direttore di Telejato ha esposto ai presenti dei semplici numeri: «in Sicilia siamo cinque milioni. I mafiosi schedati sono cinquemila. Dobbiamo prenderli a calci nel culo forti di un rapporto uno a mille!».

Poi buio in piazza e via alla proiezione.


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