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Non sempre l’inclusione è producente

Chi attualmente propone classi di alunni differenziate, in base alle diverse abilità, ignora la contrapposizione che davvero incide sull’apprendimento di tutti. Che non è quella tra i ragazzi “normali" e “diversamente abili”...

di Silvia Zambrini - mercoledì 15 maggio 2024 - 584 letture

Chi attualmente propone classi di alunni differenziate, in base alle diverse abilità, ignora la contrapposizione che davvero incide sull’apprendimento di tutti. Che non è quella tra i ragazzi “normali" e “diversamente abili” ma tra quelli (e relative famiglie) che ancora credono nell’istruzione e gli altri che invece la subiscono, non senza manifestazioni di intolleranza, disprezzo.

Non ha così torto il Generale Vannacci quando propone le classi speciali per alunni con problemi. Solo che non individua i veri casi critici, quelli in grado di ostacolare il normale svolgimento scolastico. Si tratta di giovani che non hanno particolari problemi fisici, in un’età che varia tra i 10 e 16 anni: prima, per quanto irruente, un bambino non è ancora intenzionalmente maldisposto.

Dopo, il giovane è consapevole di aver superato l’età di obbligo all’istruzione. Vengono definiti caratteriali, problematici, affetti da energie in eccesso, ineducati. Il non rispetto nei confronti di compagni e insegnanti si esprime attraverso rumori con le sedie, i banchi, le urla. Mangiano, bevono e telefonano, durante la lezione. Il disturbo come mezzo plateale per imporsi in una continua competizione, principalmente a discapito degli alunni più emotivamente fragili e di quelli con diverse abilità per i quali, l’inserimento nella classe, è fonte di socialità, sviluppo delle proprie potenzialità.

La coesione di un nucleo scolastico, quella per cui tutti migliorano, si basa su equilibri tra gruppi particolarmente brillanti e altri meno, ma disposti a collaborare. Gruppi disciplinati e altri meno, ma con dei genitori che li inducono all’autocontrollo. Chi attualmente propone classi di alunni differenziate, in base alle diverse abilità, ignora la contrapposizione che davvero incide sull’apprendimento di tutti. Che non è quella tra i ragazzi “normali" e “diversamente abili” ma tra quelli (e relative famiglie) che ancora credono nell’istruzione e gli altri che invece la subiscono, non senza manifestazioni di intolleranza, disprezzo.

In età scolare sentimenti di xenofobia, sessismo, omofobia è facile siano influenzati dagli adulti secondo una realtà spesso trascurata quando si parla di corsi di affettività per i più giovani. Ed è bene agire prima che queste emozioni negative si trasformino in mentalità radicate, particolarmente pericolose in epoca di cyberbullismo: molti purtroppo gli adolescenti che arrivano a togliersi la vita esasperati dalle continue offese a scuola e in rete.

L’allontanamento dalla classe di alunni volutamente ostili, senza più un pubblico per il quale esibirsi, impone loro un confronto diretto con se stessi e i pochi che hanno attorno. E anche “fare branco” perde interesse in assenza di vittime facili mentre invece possono emergere delle personalità distinte. É ciò che hanno riscontrato diversi insegnanti ritrovandosi a tu per tu, o in piccoli gruppi, con ragazzi che, una volta usciti dal ruolo di provocatori, esternavano pensieri fino ad allora inascoltati da quelli stessi genitori che tanto li difendono. I lavori socialmente utili, magari a stretto contatto con coetanei realmente sofferenti, li inducevano a mettere da parte ogni impulso di aggressività e spacconeria. A testare l’esperienza dell’ascolto e della riflessione.

Mentre chi svogliato, o distratto, può migliorarsi attraverso gli automatismi che si creano nel gruppo per cui ognuno da e riceve qualcosa, arroganza e reticenza si impongono sull’insieme senza compensazione alcuna: l’inclusione in questi casi gioca un ruolo avverso. É vero che ragazzi maleducati (così come si chiamavano prima) ci sono sempre stati ma la scuola, in un passato non così lontano, godeva ancora di un suo prestigio e autorevolezza (se non altro per i genitori) e il rumore non era aggravato dalla voce amplificata delle tecnologie portatili.

Ha ragione il Generale quando dice che certi casi, proprio perché suscettibili di attenzioni particolari, andrebbero trattati separatamente. In attesa di potersi nuovamente inserire in una classe senza intralciarne i naturali equilibri di coesione e serenità di ognuno. Indipendentemente dalle proprie abilità.


Articolo diffuso anche da Fana.one.


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