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Lucrare sui rifiuti: i nuovi guadagni della Camorra

Ci troviamo dinanzi ad un’impresa globale che in Italia ha raggiunto dimensioni rilevanti per la convergenza d’interessi, soprattutto nel nostro Mezzogiorno, con le organizzazioni di stampo mafioso.

di Vincenzo Raimondo Greco - mercoledì 10 maggio 2006 - 9553 letture

Quella dei rifiuti è una ragnatela che avvolgere il nostro Paese, una holding nella quale si intrecciano interessi e attività criminali che rappresentano una seria minaccia per l’ambiente, la salute e la sicurezza dei cittadini. “La Rifiuti S.p.A. - per Legambiente - contende quote sempre più significative di mercato alle imprese che operano nella legalità. Lucra profitti ingentissimi e scarica sulla collettività i costi di bonifica delle aree compromesse dagli smaltimenti illeciti”.

La “mondezza” per la camorra “è diventata oro”; e non da oggi come dimostrano le prime dichiarazioni del collaboratore di giustizia Nunzio Perrella, del clan Perrella - Puccinelli, di Napoli, raccolte dagli inquirenti negli anni novanta. O come si evince dall’operazione, recentemente, conclusasi nel casertano. L’impianto, sequestrato nella provincia campana, nel solo periodo 2004-2005, ha prodotto un giro di affari di circa tre milioni di euro e smaltito illegalmente oltre 38.000 tonnellate di rifiuti pericolosi.

Purtroppo - afferma Walter Iannotti, responsabile nazionale rifiuti dell’associazione ambientalista VAS (Verdi Ambiente e società) - il casertano ancora si presta al servizio dell’ecomafia. Non bisogna abbassare la guardia e pretendere dalle istituzioni e dallo Stato maggiori investimenti per il controllo di questo territorio”.

Un territorio, che pur avendo grandi potenzialità di sviluppo, è terra di conquista della criminalità. “Nel Casertano - aggiunge Iannotti - sono ancora troppe le aree incontrollate, bisogna incrementare i presidi delle forze dell’Ordine, e le istituzioni locali investire di più sulla parte sana di questo territorio”. Anche con il sostegno del mondo politico.

La tutela dell’ambiente e la lotta alle ecomafie deve rappresentare una priorità nell’agenda politica della nuova legislatura”, dichiara, infatti, il forzista Paolo Russo che, nel giorno in cui è stato tenuto a battesimo il nuovo Parlamento, ha ripresentato la proposta di legge per l’introduzione del delitto ambientale nel codice penale.

Per il parlamentare “la proposta di legge sul delitto ambientale nel codice penale, firmata nel corso della precedente legislatura da uno schieramento trasversale composto da oltre 200 parlamentari e promossa dalla commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse ha tra gli obiettivi l’inasprimento delle pene ed il potenziamento degli strumenti investigativi”.

Lungo le rotte dei traffici illeciti si smaltisce di tutto: dalle terre di spazzamento delle strade ai gessi contenenti amianto, dai rifiuti urbani che passano per gli impianti di tritovagliatura ai solventi, dalle polveri di abbattimento fumi ai fanghi di conceria fino ai rifiuti provenienti dalle bonifiche di siti inquinati.

Per ogni tipologia di rifiuti trattato - si legge nel dossier di LegambienteRifiuti S.p.A., radiografia dei traffici illeciti anno 2005’ - e per ogni passaggio attraverso la ragnatela della Rifiuti S.p.A. è prevista una tariffa, che può oscillare da 1 a 50- 60 centesimi di euro”.

La concorrenza sul prezzo sembra essere l’unica regola che caratterizza queste reti criminali, impegnate a contendere quote significative di mercato a quelle che operano nella legalità. Insieme ad alcuni ’principi’ fondamentali: “quando il traffico riguarda rifiuti provenienti da privati, il prezzo complessivo dello smaltimento si riduce fino alla metà di quello di mercato; se invece le attività hanno come ’materia prima’ i rifiuti solidi urbani, il prezzo di smaltimento lievita in maniera esponenziale, tanto a pagare è lo Stato".

C’è poi la vicenda dei “rifiuti scomparsi”, ovvero quelli di cui viene stimata la produzione ma non se ne conosce il destino; “per avere un’idea delle dimensioni raggiunte da queste attività illecite: nel 2002 (ultimo dato ufficiale disponibile) sono mancate all’appello 14,6 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, equivalenti a una montagna con una base di tre ettari e un’altezza di 1.460 metri”. I rifiuti non si limitano a scomparire attraverso modalità illegali di smaltimento. Cambiano molto spesso ’identità’: “attraverso il meccanismo del giro bolla, grazie al quale un rifiuto pericoloso diventa speciale, oppure con la complicità di un laboratorio di analisi che ne falsifica le caratteristiche”.

Ci troviamo, insomma, dinanzi ad un’impresa globale, che in Italia ha raggiunto dimensioni rilevanti sia per ragioni strutturali (il ben noto deficit di impianti di trattamento e smaltimento) sia per la convergenza d’interessi, soprattutto nel nostro Mezzogiorno, con le organizzazioni di stampo mafioso.


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