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Beppe Lumia: né connivenze, né cuffarismo nel "mio" Pd

Intervista con il senatore candidato indipendente alla segreteria del Partito democratico in Sicilia alle primarie del 25 ottobre.

di Shining - sabato 17 ottobre 2009 - 3041 letture

Come va la sua campagna per la segreteria siciliana del Partito democratico?

La mia è una scelta che va incontro alla domanda di cambiamento. Così com’è il Pd non va bene e me lo dicono con chiarezza dovunque vado. Io trovo consenso nella migliore impresa, nell’antiracket, nel volontariato, nei sindacati e tra i semplici cittadini perché propongo che bisogna farla finita col patto che da cent’anni vuole che il Nord produca e il Sud consumi attorno all’illegalismo assistenziale, false pensioni di invalidità e agricole, sussidi al posto di servizi sociali e altre distorsioni. Questo assistenzialismo diventa dipendenza e la politica innesca il grande e maledetto circuito dell’intermediazione. Per soddisfare il bisogno di un cittadino o per dare un incentivo a un’impresa si scatena l’intermediazione burocratica e clientelare e quando le risorse sono consistenti questa intermediazione diventa affaristico-mafiosa. La mia proposta è di rompere il “patto” e far tornare la Sicilia a produrre, non con le gabbie salariali, ma con una grande innovazione. Il lavoro non dev’essere più clientela ma una grande dimensione democratica come vuole la Costituzione.

Quindi la appoggiano la società civile e le forze sociali. E nel suo partito?

Incontro grandi resistenze negli apparati. I signori delle tessere si sentono minacciati ed è bene che siano preoccupati. Perché il Partito democratico è stato catturato dal circuito dell’assistenzialismo illegale rendendolo un partito marginale, a cui si lascia un radicalismo testimoniale o un’attrazione verso l’area di governo di tipo consociativo e trasformista. Invece la classe dirigente dovrebbe coniugare legalità e sviluppo; la legalità per colpire la mafia al cuore, alla testa e alle gambe, nel suo radicamento sociale e nel sistema di collusioni con l’economia e con la politica; e uno sviluppo moderno che punti su agricoltura, industria, turismo, commercio e artigianato.

Allora, se dovesse vincere che succederà nell’immediato?

Il 26 ottobre il “mio” Partito democratico farà tre scelte: “no”, anche con referendum e raccolte di firme, alla privatizzazione dell’acqua, “sì” a una moderna gestione pubblica; “no” al modello degli Ato, che si sono trasformati in luogo di clientele, affari, collusione mafiosa e pena per i cittadini che hanno ricevuto bollette quattro-cinque volte più salate; “sì” alla scuola a tempo pieno, dagli asili nido a quella dell’obbligo.

Ma il Pd non ha la lotta alla mafia come priorità?

Non è scontato per niente: ci sono settori che addirittura propongono l’alleanza con Totò Cuffaro. Quindi la lotta alla mafia non viene vissuta come una grande priorità, ma al massimo è una risposta a un singolo evento, quella che io chiamo “l’antimafia del giorno dopo”. Ma sull’antimafia del giorno prima, quella che previene, quella che anticipa, quella che costruisce un tessuto sociale ed economico moderno ed avanzato, lì non ci sono. Mi sono giunte delle critiche perché sono molto vicino alle imprese, all’antiracket e alla parte di Confindustria che denuncia il pizzo. Invece io rivendico di essere stato uno dei protagonisti nella costruzione in questi anni dell’associazionismo antiracket e nello stimolare la scelta di Confindustria di espellere chi non denuncia e paga il pizzo. Penso che questo sia un patrimonio da spendere in un grande progetto politico.

Se nel partito c’è chi vuole andare con Cuffaro, ci sono altri che sostengono che lei e Antonello Cracolici - capogruppo del Pd all’Assemblea regionale - andreste al governo con Raffaele Lombardo...

Queste voci io le chiamo depistaggio! Noi vogliamo spazzare via il cuffarismo, quel sistema che è difesa del vecchio e che nel venir meno del patto nazionale “il Nord produce e il Sud consuma” tenta di difendere il circuito clientelare, burocratico e collusivo con la mafia. E rompere con cuffarismo non vuol dire cadere nelle braccia di Lombardo. Anzi, noi lo sfidiamo a rompere con il centro-destra. E siamo pronti a denunciare il trasformismo di Lombardo quando pensa di sostituirsi al sistema di potere di Cuffaro. Ecco perché non c’è nessuna ambigità: “no” netto e chiaro a un’alleanza con Lombardo; “no” a un Pd stampella del Pdl. All’interno del Pd pur di proteggere Cuffaro, pur di teorizzare e argomentare un’alleanza con lui – come ha fatto pubblicamente Francantonio Genovese che sostiene la candidatura di Giuseppe Lupo, o come fa direttamente Bernardo Mattarella altro candidato alla segreteria regionale – ecco che si spolvera questa presunta alleanza con Lombardo, che altro non è che una nostra limpida presa di posizione che punta sul rapporto tra legalità e sviluppo e sull’innovazione della società e della politica.

Lo può ripetere più terra-terra?..

Al governo con Lombardo no. Al governo sì, perché il Pd dev’essere una forza di governo, ma che passi dalla via maestra delle elezioni e della grande innovazione del sistema politico siciliano.

Maurizio Avola, il pentito di Cosa nostra che sparò a Giuseppe Fava, ha rivelato di aver visto Lombardo incontrare Nitto Santapaola durante la latitanza. Cosa ne pensa?

Il grosso della Dc, piuttosto che affermare i suoi valori e di confrontarsi con la sinistra sulle capacità di governo, dentro il patto “il Nord produce e il Sud consuma” scelse la via delle collusioni. Un’intera classe dirigente cadde in questo sistema ed ebbe rapporti con Cosa nostra. Aspettiamo lo sviluppo delle indagini per capire che tipo di rapporto ci fu e come si realizzò.

Il ministro dell’interno Roberto Maroni sbandiera gli ottimi risultati nella cattura dei latitanti, invece Piera Aiello ritorna a vivere a Partanna - seppure temporaneamente - rimproverando “insensibilità istituzionale”. Come sta operando davvero il governo?

Sia Maroni che Alfano usano un linguaggio doppio: da un lato esaltano il loro presunto impegno e dall’altro sviliscono la vera lotta alla mafia, quella fatta dai testimoni di giustizia – che non sono i collaboratori – che come Piera Aiello e Pino Masciari hanno dato un contributo decisivo da cittadini onesti che hanno voltato le spalle all’omertà, che hanno abbracciato la cultura del diritto e dello stato democratico e che hanno sfidato la mafia facendo i nomi dei boss. E questo viene riproposto sul 41 bis, sulle intercettazioni, sul riciclaggio, sul racket e sull’usura. Insomma: il governo non ha quello che serve per sventolare la bandiera dell’antimafia. Lo abbiamo sfidato con emendamenti sul pacchetto sicurezza, molti dei quali firmati da me, come quelli sull’abolizione gratuito patrocinio ai boss, l’aumento di due anni della pena per associazione mafiosa, la modifica delle regole del carcere duro, le norme sulla confisca dei beni. C’è una norma che rende obbligatoria la denuncia durante la realizzazione di opere pubbliche, che avremmo voluto estendere a tutti gli operatori economici in tutte le situazioni. Questo governo pensa di illudere i cittadini ma sul piano concreto quando si deve occupare di riciclaggio, di testimoni, di anti-racket e anti-usura, del 41 bis, delle intercettazioni telefoniche e quando poi propone un “lodo Alfano” mostra di non avere le carte in regola.

Nel “suo” Partito democratico cosa succederà a chi viene preso con le mani in pasta, come nel noto caso di Vladimiro Crisafulli?

Questo è uno dei temi che ci divide e che qualifica la mia proposta di innovazione nel partito in Sicilia e in Italia. Ho fatto la scelta di esaltare la responsabilità morale e politica. Quando c’è una relazione consapevole e sistematica tra un politico e un mafioso il partito deve fare una scelta chiara e netta: sanzionare ed espellere chi ha avuto queste frequentazioni. Non bisogna mai affidarsi esclusivamente al giudizio penale, bisogna sapersi assumere la propria responsabilità nel selezionare la classe dirigente. Prima del giudizio penale deve esserci il primato della politica.

E qual è l’effetto politico dell’attuale “tolleranza”?

C’è il terrore nella politica siciliana che Lombardo destabilizzi il centro destra. Qualcuno dentro il Pd pensa che bisogna essere gendarmi dello status quo: che dobbiamo fare da pacieri per ricomporre l’integrità e l’unità del Pdl con l’Udc e l’Mpa. No! Dobbiamo acuire queste differenze con un lavoro limpido dentro l’Assemblea regionale sulla riforma della sanità, sfidando Lombardo a fare di più. Sfidandolo anche a toccare il sistemi della formazione professionale, della dirigenza della burocrazia regionale, dei rifiuti e delle risorse idriche.

Ma i democratici che sostengono Cuffaro e il suo modello perché lo fanno?

Hanno paura di governare e penso anche che abbiano poca autonomia. Cioè penso che ci sia una parte del Pd che non sia in grado di fare scelte autonome – e lo voglio verificare – perché partecipa al sistema di potere nel settore idrico, in quello dei rifiuti, della formazione professionale, nella dirigenza burocratica regionale. Una parte che partecipa al cuffarismo, nonostante oggi sia entrato in crisi.


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