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A Palermo in mostra Bruce Weber. My own story in Vogue

"Get a big act, not a big head". (Jimmy Scott), recita una frase ingigantita, in una delle sale di Palazzo Ziino. Fai una grande cosa, non avere solo una grande testa!

di Paola Fagone - giovedì 6 gennaio 2005 - 7918 letture

A Palazzo Ziino è possibile ammirare fino al 2 febbraio 2005 una mostra fotografica dedicata all’artista fotografo americano Bruce Weber.

Promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Palermo, in collaborazione con Vogue Italia, la mostra, il cui titolo è "my own story in Vogue", propone duecentocinquanta scatti, in formati diversi, sottolineati da gigantografie di frasi che, restituiscono il senso delle immagini, qualora ve ne fosse bisogno.

Racconti in bianco e nero e a colori, per spiegare la collaborazione, che dura oltre vent’anni, di Bruce Weber con Vogue, la testata femminile che, in assoluto, è il riferimento degli operatori di moda.

Vogue è la testata, di respiro internazionale, che anticipa le tendenze della moda e del costume. Vecchie foto ritrovate negli archivi della rivista, inventano il filo conduttore della carriera di Weber, ovvero esprimere situazioni e modi di essere del mondo dello spettacolo e del jet-set internazionale. Attori e personaggi famosi, una carrellata di facce e still life dello star system americano. Tina Turner, Madonna, le modelle Kate Moss e Linda Evangelista, i cani, i bambini, le splendide dimore, immagini immortalate con la naturalezza che solo il grande fotografo sa rendere.

I momenti di pausa, le stranezze, che evidenziano le contraddizioni dell’America, rimandano un affresco patinato, tuttavia né banale né prevedibile. Bruce Weber, nasce nel 1946 a Greensburg (Pennsylvania), newyorchese di adozione, inizia a fotografare nei club della città, dove noti artisti jazz proponevano la loro musica.

John Lee Hooker uno dei primi soggetti dell’artista, che negli anni settanta muoveva i primi passi nel campo della fotografia. Modello di Richard Avedon, suo maestro e fotografo di grande talento, Bruce Weber approda alla fotografia dopo aver studiato cinema e fotografia alla New York University. Diventa famoso per le scandalose pose dei personaggi delle sue campagne pubblicitarie, tra tutte, quelle per Calvin Kline. Collabora per le riviste Vanity Fair, Interwiew, Life e naturalmente per Vogue. Uno scambio proficuo, che permette al giovane fotografo di fare sconfinare la foto dal ruolo di pura sottolineatura della notizia. Al rotocalco, che fino ad allora era deputato al ruolo di giornale per signora, di comunicare, anche attraverso le immagini, i reportage, i cambiamenti della società e le evoluzioni del costume.

Bruce Weber espone al Victoria and Albert Museum di Londra e nelle più famose gallerie del mondo. Gira film, che approdano al Sundance Festival, il premio americano al cinema off, ovvero alle pellicole che sono fuori dai circuiti di Hollywood. Crea video musicali e spot pubblicitari molto discussi. Nel 1998 la consacrazione come fotografo, il Calendario Pirelli, oggetto di culto, a tiratura limitata, del più importante ed inimitabile calendario con "modelle nude", il punto di riferimento e l’antesignano imitatissimo, di tutti i calendari con nudo artistico che verranno. "Get a big act, not a big head". (Jimmy Scott), recita una frase ingigantita, in una delle sale di Palazzo Ziino. Fai una grande cosa, non avere solo una grande testa!

Questa frase non è stata presa alla lettera dal Comune di Palermo, che è sicuramente da ammirare per l’iniziativa così importante, che ha i tratti dell’evento, ma ha mostrato i limiti della sua azione nel non aver pubblicato purtroppo il catalogo della mostra.


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> A Palermo in mostra Bruce Weber. My own story in Vogue
6 gennaio 2005, di : Hugo P. |||||| Sito Web: Quoto in toto...

Quoto in toto quello che scrivi. Tra l’altro, a parte qualche appassionato, mi sembra che la mostra l’abbiano vista in pochi. Io sono stato per quasi due ore a godermi le foto ed in quel periodo non è entrato nessun visitatore. Ho parlocchiato con gli addetti all’ingresso e non puoi immaginare che negatività c’era in quelle persone. Ho saputo anche che ci sono almeno un centinaio di altre foto che non sono state esposte e sono ancora ammucchiate nel magazzino... Ma anche quelle esposte. gigantografie a parte, sono messe così male che alla fine ero tutto un dolore di collo! alcune per vederle devi metterti in ginocchio e per altre dovresti avere il collo di giraffa... ordinaria disorganizzazione.
    > A Palermo in mostra Bruce Weber. My own story in Vogue
    11 gennaio 2005

    Grazie per le cose che hai scritto, hai esteso il senso dell’articolo pubblicato. Paola.