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Settimana della musica: intervista a Maria Teresa Mangano

Dal 2 all’8 maggio si festeggia la settimana della musica. Abbiamo voluto sentire un parere da un’esperta che ogni giorno ha a che fare con i giovani e la musica

di Donatella Guarino - martedì 8 maggio 2007 - 4599 letture

Dal 2 all’8 maggio si festeggia la settimana della musica.

Istituita dieci anni fa da Luigi Berlinguer, allora ministro della Pubblica Istruzione, è stata riproposta da Fioroni un’attività culturale legata alla musica, che andrebbe caldeggiata su più fronti e non vissuta come episodica.

Sono tante le scuole che organizzano laboratori di musica, che spesso risultano stimolanti e veicolo di grandi esperienze per alcuni provetti musicisti. Ma sempre la buona riuscita degli stessi risulta legata alla disponibilità del singolo docente di musica o di un gruppo di docenti che per gusti personali o esperienze private fanno leva su questo ambito creativo-artistico.

Considerato il forte impatto che l’espressione musicale ha sui giovani bisognerebbe rivalutare il ruolo della disciplina musicale nelle scuole. Musica e canto dovrebbero trovare (o ritrovare) dignità in ogni curricolo scolastico che si rispetti. Essi, invece, sono spesso relegati ad una posizione marginale. Poche ore alla scuola media di primo grado e pochissime ore al biennio di alcuni indirizzi di studio nella scuola superiore.

“Quello che manca in un paese come il nostro, e che farebbe da collante tra i giovani e le istituzioni, è l’educazione musicale. Essa è assolutamente inesistente e quando c’è è fatta male… Bisognerebbe fare qualcosa perché rischiamo di non avere pubblico domani. Non c’è ricambio, poiché i giovani in generale sono bombardati da tantissime altre cose. La scuola dovrebbe (…) far capire ai giovani che esistono altre situazioni musicali ed esiste altra musica. Saranno poi i giovani stessi a scegliere. È ovvio: non è detto che a tutti coloro che riceveranno un’educazione musicale piacerà Beethoven, Mozart, Schubert, Berio, Nono o quello che sia. Devono avere però la possibilità di scegliere. Bisogna assolutamente fare qualcosa per l’educazione musicale”. E’ questa la voce autorevole di un grande violinista – Salvatore Accardo – (intervista rilasciata al trimestrale “La Rosa nel Cristallo", ndr) che mostra un profondo amore per la musica e un costante impegno per il suo insegnamento.

Curiosi di sapere che cosa accade in giro per le scuole abbiamo voluto sentire il parere sull’argomento di un’addetta ai lavori, che con i giovani e la musica ha a che fare ogni giorno.

Girodivite ha intervistato la professoressa Maria Teresa Mangano, diplomata in pianoforte presso il Liceo musicale pareggiato “V. Bellini” di Catania, esperta di musicoterapia (diplomata presso il C.E.P. di Assisi) e docente di Linguaggi non verbali al Liceo Polivalente “Quintiliano” di Siracusa.

Come docente di musica può dirci cosa essa suscita nei giovani?

Tutto… La musica si intreccia con i vissuti, i valori, gli ideali, i bisogni psicologici dei giovani. Numerose ricerche in proposito confermano che la modalità di ascolto musicale privilegiata dai ragazzi è quella emotiva. Pertanto, l’universo di significati che innesca l’ascolto della musica da parte dei giovani è legato al mondo del “sentire”. La musica è per loro svago, sfogo, divertimento, amplificazione di uno stato emotivo, compagna, correttivo della realtà, ricordo nostalgico, identificazione. Proprio la particolarità dell’esperienza d’ascolto che i ragazzi praticano nell’extrascuola ( in forma privata, personale e distratta, integrata nella routine quotidiana) influisce sull’interpretazione che essi danno dell’educazione musicale: la considerano una disciplina scolastica diversa dalle altre, la cui funzione è legata ai bisogni del momento.

Mi parli del progetto a cui lei, quest’anno, ha lavorato moltissimo…

È il progetto extracurriculare “Cantare in coro” previsto dal P.O.F. Nelle mie intenzioni, spero condivise dal Dirigente Scolastico, c’è il desiderio di costituire stabilmente una corale del “Quintiliano” per poter valorizzare quel “fare musicale” dei giovani troppo spesso mortificato dall’esiguità degli spazi orari in cui è confinata la disciplina nell’attuale curricolo scolastico. Gli adolescenti dedicano più tempo all’ascolto della musica che alla pratica, sviluppando competenze musicali in forma ricettiva – raggiungendo scarsi livelli di alfabetizzazione musicale - solo sui generi da loro frequentati. Ecco allora che il coro potrebbe diventare luogo privilegiato per stimolare l’espressività musicale , potenziare la comunicazione verbale e non verbale nel gruppo e allargare la cultura musicale, avvicinando i ragazzi ad altri generi musicali, diversi anche da quelli che solitamente preferiscono...

Come è stata accolta questa esperienza?

Non nascondo che ho incontrato qualche resistenza, da parte dei ragazzi, a partecipare agli incontri pomeridiani. Probabilmente ciò è dovuto sia alla scarsa considerazione riposta in questa pratica formativa – per loro nuovissima - sia per dei pregiudizi sul repertorio - ho proposto brani pop, jazz, e anche dei pezzi tratti da Musical -. Maggiore entusiasmo hanno mostrato i discenti del biennio. Con 15 ragazzi abbiamo messo su alcuni canti sia all’unisono sia polifonici (a 2/3 voci) che hanno animato due momenti diversi della vita scolastica : il Natale (nella foto un momento dell’esibizione) e la Pasqua.

Qual è la funzione formativa della musica nei giovani?

La funzione formativa della pratica musicale è un fatto assodato. Il ministro della Pubblica Istruzione, con la nota del 13/03/2007, la riafferma con vigore proprio perché attraverso la “presa di suono” vocale,strumentale, corporeo-gestuale i giovani imparano a muoversi in maniera consapevole, creativa e critica nei confronti dell’universo musicale sempre più congestionato da stereotipi e omologazioni del gusto. Il “fare musicale” con la voce se da un lato stimola piaceri musicali di intonazione, estensione, espressività, orecchio musicale e senso estetico, dall’altro agisce trasversalmente sulla crescita personale e sociale dell’adolescente perché favorisce i meccanismi di identificazione, il rinforzo dell’identità, il bisogno di relazione e di cooperazione, armonizzando l’emotività. Al di là dei limiti e delle difficoltà incontrate, il coro - nelle esecuzioni pubbliche - ha manifestato gioia e desiderio di esprimersi e di trasfondere negli altri questa carica. E’ un piccolo segnale che, perpetuato nel tempo, potrebbe innalzare il clima emotivo delle scolaresche, migliorare la qualità delle relazioni interpersonali e motivare l’apprendimento.

Può educare la scuola all’ascolto della buona musica?

Sì. Educare i giovani all’ascolto della buona musica si inscrive dentro una competenza più generale e trasversale che è educare all’ascolto di sé e dell’altro.

Nelle aule scolastiche si ascolta sempre meno… non “si ascolta” il silenzio come momento di attesa dell’altro. Una consuetudine tra i giovani, che mi ha sorpreso, è quella di non ascoltare un brano per intero, ma di stopparlo brutalmente dove non c’è più testo, per passare alla canzone successiva senza soluzione di continuità. O addirittura ostacolare l’ascolto di una canzone solo perché non piace ai più. Questi comportamenti mi fanno capire che al di là dei gusti e delle preferenze musicali c’è un abuso consumistico della musica, un atteggiamento prevalente nei ragazzi che li porta ad usare la musica come un cibo da consumare velocemente per saziarsi, senza assaporarlo. Così come nelle relazioni interpersonali e sociali l’altro diventa un mezzo per soddisfare i propri bisogni… Credo che l’educazione musicale possa fare molto. Può riportare il ragazzo a conoscere il silenzio come momento di riappropriazione della propria sensorialità, emotività, fisicità, immaginazione… Può guidarlo nella consapevolezza - dopo che ha imparato a conoscere ciò che ascolta – che esiste buona e cattiva musica.


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