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Sciopero del Pubblico Impiego

Lo sciopero generale organizzato dalla Usb che ha portato nelle strade di Milano, Roma, Napoli e Cagliari la protesta di migliaia di lavoratori. Il resoconto della giornata di Napoli.

di Piero Buscemi - venerdì 20 novembre 2015 - 3307 letture

Il pregio del governo, se di pregio si possa parlare, "parlando con rispetto" come direbbero a Napoli, è quello di una forma di tutela nei confronti degli affetti di demenza senile. Perché, ad analizzare le riforme sostenute dalla squadra di Renzi, è fin troppo evidente una linea di continuità con i governi precedenti.

Sciopero Generale 20 novembre 2015È una delle considerazioni che hanno spinto migliaia di lavoratori del pubblico impiego a sfilare per le strade urlando il loro dissenso nei confronti di una legge di stabilità, in discussione in Parlamento in questi giorni.

Riprendendo i punti fermi delle precedenti riforme in tema di gestione dei servizi sociali, in mano a istituti quali l’Inps, sottovalutando l’importanza che questo ed altri istituti rivestono per la trattazione degli ammortizzatori sociali e le prestazioni pensionistiche erogate, è evidente un’irrefrenabile corsa alla privatizzazione che, in molti casi precedenti, ha dimostrato di non essere stata una scelta azzeccata.

Abbiamo seguito la manifestazione organizzata a Napoli in questo venerdì di sciopero generale. Lavoratori provenienti dalla Sicilia, dalla Puglia, dalla Calabria e dal Molise si sono uniti a quelli della Campania sotto lo slogan "Vostre le guerre, nostri i morti", dove sotto la parola "morti" metaforicamente sono racchiusi i precari del Corpo dei Vigili del fuoco, gli ex-Lsu, i dipendenti pubblici con il contratto scaduto da quasi dieci anni. Ma c’erano anche gli immigrati, usati a scudo di politiche arroganti e votate alla corsa al riarmo sotto l’alibi del terrorismo internazionale.

La prospettiva dell’alternativa proposta dal governo Renzi, che oltre ad offrire i ridicoli e miseri ritocchi degli stipendi quantificati in 5 euro d’aumento mensile, si sta indirizzando sempre di più verso l’uniformità delle tipologie dei contratti di lavoro, racchiusi in un precariato a vita, con l’aggravio di una speranza pensionistica sempre più proiettata verso i settanta anni di età come requisito principale.

L’idea di un mega contenitore dei servizi essenziali di questa società instabile e timorosa per il futuro, che anni fa Prodi aveva battezzato con l’altisonante nome di Superinps, ha trovato il riscontro nell’attuale governo con la fusione tra i vari istituti, il più recente l’Inpdap, che si aggiunto all’Inps e agli altri già accorpati, vedi Inail, Ipost, Enpals. Una fusione non supportata da mezzi logistici ed economici adeguati che finiranno per peggiorare la qualità dei servizi o, con conseguenze imprevedibili, ceduti ai privati.

Le bandiere messe a tacere a Piazza Plebiscito a chiusura della manifestazione, sono già pronte a tornare per le strade per nuove iniziative che, alla luce delle ultime votazioni tenute alle Camere, non sembrano essere inevitabili.


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