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Sallusti: una grazia di casta

Napolitano chiude la legislatura concedendo la grazia ad un diffamatore. Uno schiaffo a coloro che sono in galera e ai magistrati. Una brutta pagina convalidata da colui che ha firmato tutte le porcherie che gli sottoponeva Berlusconi

di Adriano Todaro - martedì 25 dicembre 2012 - 3616 letture

L’avevamo scritto in tempi non sospetti, all’inizio di questa burlesca e grave vicenda. Tranquilli, scrivevamo il 2 ottobre scorso, Sallusti non andrà in galera. Non solo non c’è finito nonostante una condanna definitiva, ma è stato anche graziato dal presidente Napolitano.

Antonio Sallusti avrebbe dovuto scontare 14 mesi di arresti domiciliari e, invece, visto che siamo tutti uguali di fronte alla legge, non starà ai domiciliari ma se la caverà pagando 15.325 euro. E’ una vicenda, quella di Sallusti, che poteva avvenire solo nel nostro Paese. Altro che culla del diritto, della democrazia. Qua abbiamo un presidente della Repubblica che fa strame della Costituzione, che si è messo in testa di essere il Monarca assoluto, il Sovrano. Da noi non c’è più la separazione dei poteri, c’è questo personaggio che non rispetta le sentenze, che fa la guerra ai magistrati di Palermo per le sue telefonate ad un inquisito, che si pone contro le decisioni dei magistrati di Taranto per la questione Ilva e che ora concede, magnanimo, la grazia ad un bieco diffamatore.

D’altronde il personaggio ha una certa coerenza. Quando era giovane plaudiva ai carri armati sovietici, poi con la maturità ha pensato bene di firmare tutte le porcherie che Berlusconi gli sottoponeva. In alcuni casi non gli ha fatto neppure attendere i 30 regolamentari giorni; ha firmato subito, qualche volta, anche di notte. La conseguenza è sotto gli occhi di tutti: siamo un povero Paese violentato dai poteri, dalle caste, dove per venti anni ha spadroneggiato l’illegalità, dove i ricchi sono diventati sempre più ricchi e i poveri... Lui aveva il monito pronto quasi su tutto, anzi aveva il monito incorporato. Monitava sul Parlamento, sul Porcellum, sulle liste pulite, sulle carceri. Inutile dire che nessuno di questi argomenti ha visto la luce. Monitava e firmava ma soprattutto firmava.

E’ la prima volta che si concede la grazia senza che il soggetto interessato abbia fatto un solo giorno di carcere. La concessione della grazia ha un iter abbastanza complesso, deve esserci un percorso rieducativo evidente da parte del detenuto, suffragato dai pareri del magistrato di sorveglianza ed altro ancora come motivazioni di carattere umanitario. Qua, invece, nel nostro caso, Antonio Sallusti, non solo non è mai andato in galera ma era agli arresti domiciliari (dorati) in una casa lussuosissima di proprietà della sua compagna. La sua grazia non è stata concessa certamente per motivi "umanitari". Perché allora?

Quello che è avvenuto è uno schiaffo a migliaia di persone detenute, è la dimostrazione che la giustizia è di classe o meglio di casta. Nelle fatiscenti carceri italiane, fra la sporcizia, l’umidità, ammassati in celle anguste vivono migliaia di persone. Ma di questi non s’interessa nessuno e tanto meno, a parte il solito monito, Napolitano. Solo Pannella crede importante digiunare per i detenuti. Ci sono in carcere persone accusate di aver venduto Cd copiati, altri perché non avevano in tasca un foglio di carta con qualche timbro. Nei Centri d’identificazione, dove spesso è peggio che vivere in prigione, ci sono cittadini stranieri senza diritti e senza aver commesso nulla di illegale: solo perché quel foglio con i timbri in tasca non l’avevano.

Se leggiamo le motivazioni del Quirinale sulla grazia, c’è da restare sbalorditi non solo per la pochezza degli argomenti ma anche per qualche falsità evidente. Dice il comunicato "con il provvedimento di commutazione della pena detentiva", il Presidente della Repubblica "ha inteso ovviare a una situazione di evidente delicatezza" e "sollecitare" una "riflessione" per giungere a "norme più equilibrate" dei reati di diffamazione a mezzo stampa. La decisione del Quirinale "tiene conto dell’avviso favorevole formulato dal Ministro della Giustizia a conclusione dell’istruttoria compiuta con l’acquisizione delle osservazioni (contrarie) del Procuratore generale di Milano e del parere (favorevole) espresso dal magistrato di sorveglianza. Sono state anche considerate le dichiarazioni già rese pubbliche dalla vittima della diffamazione. Così come si è preso atto che il giornale sul quale era stato pubblicato l’articolo giudicato diffamatorio dopo la condanna del suo ex direttore ha riconosciuto la falsità della notizia formalizzando con la rettifica anche le scuse".

Il lungo comunicato cita anche gli "orientamenti critici avanzati dal Consiglio d’Europa rispetto al ricorso a pene detentive nei confronti dei giornalisti" e tenendo conto che "la volontà politica bipartisan" non si è ancora tradotta "in norme legislative per la difficoltà di individuare, fermo restando l’obbligo di rettifica, un punto di equilibrio tra l’attenuazione del rigore sanzionatorio e l’adozione di efficaci misure risarcitorie", Quindi? Ecco che il presidente oltrepassa il Parlamento e decide lui: che sia grazia per chi ha diffamato. E se diffamo io qualcuno, Napolitano mi concederà la grazia?

Mi piacerebbe proprio conoscere le motivazioni del magistrato di sorveglianza considerato che, probabilmente, Sallusti non l’ha mai visto. Ma quello che fa specie è la inattendibilità evidente nel venirci a raccontare che Sallusti "ha riconosciuto la falsità della notizia formalizzando con la rettifica anche le scuse". Ha avuto ben 5 anni di tempo per scusarsi e non l’ha mai fatto. Anzi. Ha rincarato la dose definendo i magistrati "Infami!". Qualcuno dovrebbe suggerire a Napolitano che le leggi contro la diffamazione esistono già. I giornalisti hanno l’obbligo di "correggersi" anche in assenza di formale richiesta di rettifica. Lo prevede anche la Carta dei doveri dei giornalisti ma probabilmente Sallusti non ha doveri, solo diritti.

In questa brutta e umiliante storia non bisogna mai dimenticare quello che è avvenuto. L’abbiamo già scritto e non vogliamo ritornarci. Vogliamo solo sottolineare che in questa storia la libertà di stampa non c’entra per niente. Qua si tratta di aver scritto un falso e aver diffamato un giudice tutelare, Giuseppe Cocilovo. Questi aveva fatto la proposta di rimettere la querela se Libero avesse versato 20 mila euro all’associazione Save the Children. Ma Sallusti non ha fatto né la smentita né accettato di dare i soldi in beneficenza. Da qui, alla fine, la condanna definitiva.

Certo, questo la stampa codina e ubbidiente al Potere non l’ha mai detto chiaramente. Giornali e Tv (non tutti per fortuna) hanno alzato una cortina fumogena per cercare di scagionare questo loro rappresentante, l’hanno dipinto come un novello e indomito combattente che si batte per la libertà di stampa. Quindi la sua battaglia è la battaglia di tutti i giornalisti che amano la verità.

L’ipocrisia si spande a piene mani. Quella di Sallusti non era un’opinione, ma era un falso. Con la decisione di Napolitano di concedere la grazia, lo stesso ha sconfessato la Cassazione, ha messo i giudici in una posizione difficile, ha ridato smalto a chi pensa che la giustizia debba essere asservita al potere politico. Sallusti fa parte della casta (come Napolitano) e, forse, finirà in Parlamento. Non poteva certo finire in galera, grazie anche all’ex comunista migliorista, Sua Maestà Giorgio Napolitano.

In tutta questa vicenda c’è anche un altro aspetto. Non è un caso che secondo Reporters Sans Frontieres nella classifica mondiale dei Paesi con maggiore o minore libertà di stampa, l’Italia sia al 61° posto. Il Botswama, alla 43/a posizione. Ora Napolitano ci mette del suo per aiutare l’Italia a scendere, ancora più in basso, nella graduatoria. Fra poco ci supererà anche il Turkmenistan.


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