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Quando il reality entra all’Ariston

di laura stramacchia - mercoledì 8 marzo 2006 - 2748 letture

Giovedì sera il Festival di Sanremo ha battuto, in termini di share, il Grande Fratello. A sorpasso avvenuto, siccome si temeva che ciò non sarebbe successo, molti in RAI hanno tirato un sospiro di sollievo. È andata male, ma non così tanto. Dopotutto si è battuta la concorrenza. Secondo quali criteri viene giudicato Sanremo anno dopo anno? Se qualcosa va storto è sempre colpa della concorrenza spietata delle altre reti, dell’incapacità del conduttore, dei comici che non fanno ridere. Mai delle canzoni, che spesso risultano stucchevoli e ricevono un’accoglienza tiepida da parte del mercato discografico. Nella settimana di Sanremo, però, non è possibile non parlare del Festival e così su quasi tutte le reti è stato tolto un po’ di spazio ai reality (e a cosa, se no? il palinsesto non offre molte alternative), per focalizzare l’attenzione su uno spettacolo vero. Purtroppo, esattamente come succede per i reality show, anche per Sanremo si è mantenuto il costume televisivo del dibattito interminabile. In tutte (o quasi) le trasmissioni si è parlato di questo insuccesso, ponendo l’attenzione sempre sulla conduzione, sulle vallette, sul valore dei contributi comici. Parola d’ordine: autoreferenziale Il talk show diventa davvero lo “spettacolo della parola” fine a se stessa che non porta da nessuna parte, parola parlata e subito dimenticata perché priva di qualunque senso. Mantenendo sempre "alto" il livello della discussione, raschiando il barile della mediocrità, presentatori e opinionisti si sono stupiti nel riscontrare l’abilità affabulatoria di Ilary, e si sono chiesti perché Panariello abbia deciso di chiamare Victoria Cabello, visto che buona parte del pubblico di Sanremo non la conosceva. E che dire della trovata, considerata “straordinaria” (aggettivo/mantra ripetuto ossessivamente ogni sera dal presentatore) della suddivisione in categorie e delle varie eliminazioni serali, per risolvere l’annosa e pruriginosa questione della classifica? Sembra strano che non abbiano ancora pensato ad un modello di eliminazioni basato sulle nomination dei cantanti in gara. Per quest’anno. Ogni anno si dice che la gente cambia canale quando inizia una canzone, e invece di affrontare il problema, si punta sempre tutto sulla cornice. Se l’anno scorso bastavano i vestiti della Clerici, quest’anno ci voleva una palma dorata alta dieci metri... Il tutto all’insegna dell’autoreferenzialità. Reality festival Nel vuoto etico e creativo in cui è finita la nostra televisione e che si risolve sostanzialmente in una diffusione del modello reality in trasmissioni di generi diversi, Sanremo non poteva essere immune dal virus. E così durante la premiazione veniamo a conoscenza di scabrosi particolari della routine a casa Povia. Il signor Povia non coccola la signora Povia da quarant’anni: “Papà alzati e dai un bacio alla mamma”, è l’accorato appello della nuova promessa della canzone italiana. Su Repubblica l’hanno definito “reality show da parrocchia”. Proprio in questa situazione è possibile vedere quanto la tv dei reality, che ha imperversato su tutti i palinsesti in questi anni, abbia veramente trasformato il “galateo” della televisione. Una dedica impensabile nella tv pre-Grande Fratello. Si salutava la famiglia, la si ringraziava per il sostegno, ma difficilmente si rendevano noti particolari della vita privata. I reality show hanno reso "spettacolo" ciò che non è costruito per essere spettacolare, cioè la vita di tutti i giorni. Il concetto di “the show must go on” significa proprio questo: lo spettacolo deve continuare qualunque cosa sia successa nella vita vera, a chi lo spettacolo interpreta. Qui vita e spettacolo sono due mondi fortemente separati, in cui uno prevale nettamente sull’altro, ma mentre prima era lo spettacolo a prevalere sulla vita reale, oggi è la spettacolarizzazione della vita a fare lo spettacolo. I reality show hanno permesso allo spettacolo di invadere il dominio della vita comune. Sbirciare per pochi minuti sotto la maschera del personaggio, dove si nasconde la persona vera, era per il pubblico un piacere occasionale. Oggi è la norma.

(data pubblicazione sul sito 8 marzo 2006)


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