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"Non bussare alla mia porta". Una storia d’amore e di occasioni perdute

Insieme ai fratelli Dardenne ("L’enfant") ed a Jim Jarmush ("Broken Flowers"), anche Wim Wenders indaga - nel suo ultimo film "Non bussate alla mia porta"...

di calogero - giovedì 13 ottobre 2005 - 5331 letture

Voglia di paternità sul grande schermo. Insieme ai fratelli Dardenne ("L’enfant") ed a Jim Jarmush ("Broken Flowers"), anche Wim Wenders indaga - nel suo ultimo film "Non bussate alla mia porta" - sulla forza e sul valore delle relazioni familiari. E lo fa con il suo solito stile "on the road" e trama narrativa come sempre maggiormente concentrata sui personaggi piuttosto che sull’azione.

Macchina da presa quindi puntata sull’attore Howard Spence (Sam Shepard - oltre a firmare lo script - gli regala la sua "realistica" fisicità), in passato una stella del cinema western, ma oggi alla ricerca di un senso della propria vita nell’immensa "prateria" di un’esistenza dissipata tra alcool, droghe e belle donne. Così abbandona improvvisamente il set del suo ultimo film e trova rifugio a casa della madre dove viene a sapere che potrebbe essere il padre di un figlio che non ha mai conosciuto.

Sullo sfondo di maestosi paesaggi alla "Wenders", assistiamo al casuale e mesto incontro di esistenze disilluse e trascinate ( il padre con il figlio; l’uomo con la sua ex donna; i due fratellastri dello stesso padre) che nella ricerca di un posto dove ci si possa sentire di appartenere sperano di recuperare le occasioni perdute di un destino spesso ingrato e sordo.

E se Jessica Lange (la donna amata in gioventù da Howard Spence) è il più fascinoso ed emozionante"rimpianto" che ci sia mai capito di incontrare sul grande schermo, allora ci si augura che sorte del genere possa spettare all’intero genere umano in cerca di un riscatto della propria vita.


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