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Nella Casa (Dans la maison) di Francois Ozon

(Fra, 2012, drammatico, 105 min.) Con Fabrice Luchini, Kristin Scott Thomas, Emmanuelle Seigner, Denis Menochet.

di Orazio Leotta - martedì 7 maggio 2013 - 4732 letture

In attesa di ammirare l’ultimo lavoro del cineasta francese Francois Ozon al prossimo imminente Festival di Cannes (in concorso con “Jeune & Jolie”, Giovane e Carina, con protagonista la bellezza mozzafiato di Marine Vacht), intanto ci godiamo - nelle sale italiane da meno di un mese – l’intrigante suo ultimo lavoro, “Nella Casa”. Un professore di letteratura di un liceo francese (Germain, Fabrice Luchini) rimane affascinato dalla lettura di un elaborato di uno dei suoi alunni, l’apparente timido Claude (Ernst Umhauer); il tema, descrittivo e scorrevole oltre che permeato di un linguaggio forbito, incuriosisce il professore ( e subito dopo anche la coinvolta moglie, la gallerista d’arte moderna Jeanne –Kristin Scott Thomas) per la capacità indagatoria dell’alunno, non solo per le situazioni esteriori e visive ma soprattutto per la capacità di indagare l’animo delle persone descritte.

danslamaison1[1]In più, il docente, resta sorpreso dal finale del tema, che non si conclude col solito punto di chiusura, ma con un “continua”, quasi a volere fare intendere che questa storia è destinata a proseguire, sarà a puntate. L’ambito di interesse di Claude, riportato nell’elaborato e in quelli seguenti, è la descrizione della casa e della famiglia piccolo borghese del suo miglior amico Rapha. Incoraggiato dal professore, che quasi lo consiglia nel suo modus operandi, Claude si spinge sempre più nella sua analisi, riesce a frequentare con disinvoltura la casa in questione e ne vien fuori il ritratto di una famiglia che solo apparentemente è perfetta: il padre di Rapha (Denis Menochet) ha problemi sul lavoro, ha una fissazione per la cultura cinese e per il basket, sport che pratica insieme al figlio; la madre, Esther (E. Seigner) è distratta, svogliata e con un fardello di rimpianti; sembra riacquistare sorriso e voglia di vivere quando si parla di decorazioni d’interni. Claude ne è intrigato, Esther, a sua volta, è lusingata dalle attenzioni di Claude, forse ha bisogno solo di essere amata davvero. dans-la-maison-emmanuelle-seigner[1]

Rapha, dal suo canto, è molto fragile, le sue stesse inclinazioni sessuali non sembrano ancora ben definite. Le vicende prendono pieghe impreviste, il professore ritiene che forse è l’ora di smetterla qui, di far cessare questo gioco voyeuristico, a tratti surreale ma è tardi…..Nel finale del film, non appare più così chiaro, come lo è all’inizio, ciò che è finzione e ciò che è realtà: tutto sembra poter essere cangiante, un finale che si può sistemare, che si possa adattare così da andare bene a tutti, spettatore compreso, e questa è un’altra chiave di lettura del film: quanto il lettore e le sue aspettative possono influenzare lo scrittore? O il fruitore di un film, il regista o lo sceneggiatore? O allo stesso modo quanto un editore lascia davvero libero di esprimersi uno scrittore?. Il film è il risultato di un libero adattamento della piece teatrale “El chico de la ultima fila” del drammaturgo spagnolo Juan Mayorga. Chiari i riferimenti al cinema di un altro spagnolo, Luis Bunuel, con particolare riguardo a “Il fascino discreto della borghesia” per la chiave surrealista di lettura.


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