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Nel torbido si pesca meglio...

Vivere nel caos

di Sergej - giovedì 23 aprile 2015 - 2756 letture

In una delle scene di "Operazione sottoveste" (regia di Blake Edwards), l’ufficiale smaneggione Holden interpretato da Curtis, prima di avventurarsi nella città sottoposta a bombardamento, dice: "Nel torbido si pesca meglio".

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E’ esattamente quello che capita di pensare di questi tempi. Tempi malvagi, in cui i poveri muoiono e i meno poveri assistono alla televisione o al più chiacchierano nei vari bar dei social-network.

In età coloniale, quando era in vigore lo schiavismo, le navi europee facevano la spola dall’Africa al Sud e Nord America, e verso le nazioni europee, trasportando lavoratori, cioè poveri. Era un sistema micidiale, pieno di falle, ma che consentiva al mercato di svolgere il suo ruolo: da una parte c’era una domanda di manodopera, possibilmente a basso prezzo; dall’altra c’era la possibilità di soddisfare questa offerta. Una faccenda economica, nient’altro. Che permise l’arricchimento dei mediatori - quanto deve l’Inghilterra allo schiavismo?

Gli italiani fornirono manodopera a basso prezzo per lo sviluppo degli Stati Uniti dell’Australia e dell’Argentina tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Un sistema di marketing magnificava la ricchezza delle nazioni destinatarie, un sistema (sciacallaggio) di scafisti portava la manodopera attraverso l’oceano in condizioni inumane e con un certo numero di morti nel tragitto. Ma si sa, sempre parte della mercanzia si perde o si deteriora nel trasporto.

Quello che oggi colpisce è un altro aspetto. L’assoluta irrazionalità del sistema. C’è davvero una domanda di manodopera a basso prezzo in Europa, che giustifichi l’arrivo di questa massa di disperati? Il sistema attuale crea distruzione: distruzione di Stati, di regioni, di risorse. Sembra che l’unica logica davvero sia quella che "Nel torbido si pesca meglio". Ma attenzione, non è un pescare che serve per rafforzare degli Stati o delle potenze economiche o egemoniche. Non c’è dietro un "imperialismo" che razionalizzi la distruzione.

Esistono agenti destabilizzanti, che distruggono e che profittano del torbido.

Sono in parte i residui, depotenziati, del vecchio sistema precedente: così la Francia o la Germania che operano da potenze derivate, per i loro scopi secondari. Multinazionali e corporations (con maggiore forza) che operano soprattutto per accedere al minor costo possibile delle materie prime. A parte la Cina, non si vede nessun operatore globale in campo: gli Stati Uniti si muovono sempre come un pugile suonato, divisi al loro interno e rosi dagli interessi divergenti delle proprie corporations.

Attraverso il Mediterraneo non stanno giungendo i profughi del Vicino Oriente vittime della destabilizzazione operata dai surreali intendimenti delle Potenze vincitrici dell’ultimo conflitto mondiale (la Guerra Fredda). Arrivano i profughi dalla Somalia e dall’Eritrea. Non vi sembra strano questo? E’ possibile che sia rimasto aperto il "canale" che collega il Mediterraneo con le ex regioni coloniali italiane? Che esista una specie di "memoria inconscia" da parte di questi popoli?

I Paesi di sponda del mediterraneo fanno solo quello che hanno sempre fatto negli ultimi millenni: si pensi alla funzione intermediale avuta dal Libano / Fenicia, o dalla Tunisia / Cartagine. Guadagnano nel passaggio, permettendo il transito da una parte all’altra. Che siano derrate, persone o prodotti, è indifferente. Che questi Paesi si trovino tutti ridotti male, grazie al fatto che l’Occidente non ha idea di quale sviluppo deve dare a se stesso e al mondo, alla fin fine è persino ininfluente. La distruzione operata in questi Paesi dilata la possibilità per chi "opera nel torbido" e gli Stati Uniti finora non hanno agito diversamente da un piccolo delinquente di periferia, senza una chiara visione imperiale. Il problema certo è che una qualsiasi possibilità operativa ha bisogno di risorse, e oggi neppure gli Stati Uniti hanno le risorse sufficienti.

E’ come se di volta in volta qualcuno, in maniera sostanzialmente casuale (ma è davvero così?) si mettesse davanti alla carta geografica del mondo e con un martello desse un colpo alla superficie. Come un vetro colpito da una mazzata, il punto colpito si increspa e crepa, si forma non solo un buco ma anche raggi di cedimento della superficie. Così: un colpo in Albania, un colpo in Siria, uno all’Irak, uno in Crimea, uno qui uno là...

Non siamo più davanti a una situazione transitoria, ma a una situazione strutturale. Siamo un un’ "era", quella della politica di vetro. E si sa, quando un vetro si rompe, spettano sette anni di guai.

Ci aspetta il caos. E, in questo mondo sempre più destrutturato, occorrerà anche capire se le varie entità che formano l’Italia vorranno ancora avere una qualche funzione.


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Edoardo Sanguineti

Riporto una cosa riportata da AliceInDustLand:

“Da dove c’è la guerra, non si scappa in aereo. Si fugge a piedi e senza visto per il semplice motivo che non vengono rilasciati. Quando la terra finisce, si sale su una barca. In mezzo, ci sono i trafficanti di uomini, i soldi che pretendono, il deserto, gli stupri, il carcere in Libia, le botte, gli abusi, le mutilazioni. Ci sono donne trasformate in giocattoli, fino a che non si rompono. Ci sono bambine di nove anni incinte. Per una donna, è sempre peggio. Se si corrompono i carcerieri, si può salire sul barcone, spinti dai mitra, ammassati fino allo stremo, altrimenti si muore lì, di fame, di botte, di percosse. Gli italiani, considerati bestie fino a pochi anni fa, migrarono per disperazione, la stessa che porta persone che mai hanno visto il mare ad affrontarlo in queste condizioni allucinanti. È necessario ribadire codeste ovvietà per fare chiarezza, in un momento in cui i cadaveri vengono accumulati uno sull’altro per fare campagna elettorale. Parto quindi dalle origini, ché è una la fonte da cui sgorga l’acqua che ci abbevera. Una ragazza africana scappa dall’Africa, dalla città di Tiro, attraversando il deserto fino al suo termine, fino a quando i piedi non riescono più andare avanti perché c’è il mare Mediterraneo di fronte. Allora incontra un toro bianco, che si piega e la accoglie sul dorso, facendosi barca e solcando il mare, fino a farla approdare a Creta. La ragazza si chiamava Europa. Questa è la nostra origine. Siamo figli di una traversata in barca.”

— (Davide Enia su fb)



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