Lo sciopero dei filosofi di Ascanio Celestini
All’inizio nessuno se ne accorge. Come se scioperassero le pulci sui cani o le carie nella bocca. Poi i filosofi incrociano le braccia....
Ascanio Celestini è un autore e attore di teatro, nato a Roma nel 1972. Questo è il testo dell’ultima “intervista da fermo” nella trasmissione di Serena Dandini, Parla con me, in onda su Raitre la domenica, più o meno all’una di notte. Il testo è stato anche pubblicato sull’ultimo numero della rivista Internazionale.
Lo propongo come augurio per il 2008. Se l’Italia ricomincia a pensare forse sarà meno triste.
Ascanio Celestini Lo sciopero dei filosofi
Il segretario se ne va dal presidente. “Oggi comincia lo sciopero”, dice. “Nessuno è indispensabile”, risponde il presidente, “chi sciopera? I fornai? Non si vive di solo pane.Mangeremo brioche, come diceva Maria Antonietta. Scioperano i medici? Ci prendiamo ’na mela, ché una mela al giorno toglie il medico di torno. Scioperano i giornalisti? In Italia i giornalisti veri saranno tre... Se si fermano non se ne accorge nessuno. Vorrà dire che salterà una puntata di Report e un paio di articoli sui giornali. Nessuno è indispensabile. Scioperano i teatranti? Ma perché... esiste ancora il teatro? Scioperano i calciatori? Se ne accorgono tutti, ma per una domenica può saltare pure il campionato. I calciatori se ne vanno al mare con le veline. I tifosi faranno a botte gratis da qualche altra parte. Torneranno a casa coi lividi, ma almeno avranno risparmiato i soldi dei bel biglietto. Nessuno è indispensabile”.
“Signor presidente”, dice il segretario, “oggi comincia lo sciopero dei filosofi”.
All’inizio nessuno se ne accorge. Come se scioperassero le pulci sui cani o le carie nella bocca. Poi i filosofi incrociano le braccia davanti ai libri nelle biblioteche e nelle librerie, nelle scuole e nelle università. Incrociano le braccia davanti al pensiero. Senza i filosofi non si può pensare. Gli operai di Torino al funerale dei loro compagni non riescono a capire. Se ne vanno dai filosofi, da Carlo Marx, gli chiedono: “Perché ’sti cinque so’ morti? Perché lavoriamo otto ore al giorno e non bastano e ce ne vogliono altre quattro per portare a casa lo stipendio?”.
Marx gli potrebbe dire che c’è stato un tempo in cui il lavoratore se ne andava al bosco che era di tutti, a prendere un pezzo di legno che diventava il suo, per lavorarlo con gli strumenti che erano suoi, per farci una sedia che era la sua, per venderla a un prezzo che faceva lui ed era un prezzo giusto. Adesso l’operaio va in una fabbrica che non è la sua, lavora con macchine che non può comprare, costruisce qualcosa che non gli appartiene e spesso non sa manco cos’è. “Questa è l’alienazione”, gli direbbe Marx. Che non è una specie di tristezza come nei film degli anni sessanta, ma un trucco del mercato per arricchire i padroni. Gli direbbe che il loro presidente del consiglio era il presidente dell’Iri ai tempi in cui la Thyssen Krupp è venuta a fare la spesa in Italia, ai tempi in cui il governo si svendeva le fabbriche. Che si sono comprati la loro acciaieria per chiuderla, come il proprietario di una macelleria compra la macelleria di fronte alla sua solo per azzerare la concorrenza. Ma non glielo dice perché oggi è il giorno in cui scioperano i filosofi.
In Chiesa a metà della messa comincia lo sciopero. Il prete alza l’ostia e il calice e rimane con le braccia per aria. Pensa: “Che ci devo fare co’ ’sto pane e co’ ’sto vino?” Pure i cristiani non lo sanno e vanno tutti dal Papa. Quello gli dice “credete e basta!”, ma non lo sa il perché. Perché pure il papa ha bisogno dei filosofi. Pure lui senza il pensiero brancola nel buio della fede. Allora se ne va da Agostino d’Ippona, Tommaso d’Aquino, ma pure da Socrate e i presocratici, da Hegel e Benedetto Croce. Loro glielo potrebbero spiegare che Dio non entra in un pezzo di pane come un manzo in una scatoletta di simmenthal. Potrebbero dirgli che “la fede è una scelta”, ma non lo fanno perché oggi è il giorno in cui scioperano i filosofi.
E pure il fornaio che fa i conti con la matita sulla carta del pane non è più capace di fare due più due perché la filosofia è anche pensiero matematico. E la gente per strada vede il sole che si muove nel cielo e non sa come fermarlo. E i filosofi glielo potrebbero dire che “non si può fermare perché il sole è già fermo!”, ma non lo fanno perché oggi è il giorno in cui scioperano i filosofi.
Allora il presidente col segretario se ne va dai filosofi. “Che volete per fermare questo sciopero?”, chiede.
“Vogliamo tutto, lo vogliamo subito e lo vogliamo per tutti”.
E il presidente non glielo può negare. Il giorno dopo finisce lo sciopero. Lo sciopero dei filosofi, ma non quello dei fornai. “Vabbé, nessuno è indispensabile. Non si vive di solo pane”. E dopo comincia lo sciopero dei medici e ci mangeremo ’na mela. Poi scioperano i trasportatori e in Italia finisce la benzina nei distributori. “Non importa, per un giorno ce ne andremo a piedi!”. Straordinario sarebbe quel paese nel quale i filosofi fossero considerati una categoria indispensabile.
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cogito...ergo SUM ... ma ora sto in fermo sciopero... e non cogito ergo non sum
Io sono un filosofo scioperato. M’hanno tolto il cervello. Dicono che non serve più a nulla, tanto è inutile perchè comandano sempre quelli dotati di senso pratico. Forse è per questo che l’Italia non decolla. Se comandassero i filosofi saremmo già decollati da tanto tempo: adesso ci troveremmo in prossimità di Saturno, e via via verso altri mondi, alla scoperta di altre forme di vita e civiltà.
Il pane o la filosofia? Anche il pane è una filosofia! Il companatico invece è un lusso. Ricordate la parabola della moltiplicazione dei pani e dei pesci da parte di Pitagora: Archimede durante le nozze di Caan portò un pane e un pesce a Pitagora chiedendo di moltiplicarli, e lui nella sua infinita sapienza spezzo il pane e taglio il pesce in una moltitudine di pezzettini, riuscendo così a sfamare la moltitudine.
Che dire poi del discorso della montagna? Lapilli infuocati (forse era meglio stare zitti).
La filosofia è il vezzo di chi ha un pezzo di pane da mettere sotto i denti. A volte può anche farti mangiare a casa d’altri e fin quando si porta amicizia va anche bene. Le cose cominciano ad andar male quando l’ospite comincia a puzzare: non ho ancora capito chi sia l’ospite; c’è chi dice che l’ospite è chi da ospizio, ma allora mi chiedo: perchè dopo tre giorni puzza e perchè proprio dopo tre giorni? Forse non aveva pagato la bolletta dell’acqua e gli avevano interrotto la fornitura? O forse, forse non lo so. C’è poi chi dice che l’ospite sia chi riceve ospizio, in tal caso se dopo tre giorni puzza la colpa è di chi lo ospita che non gli da la possibilità di fare almeno un bagno ogni tre giorni. In quest’ultimo caso c’è una ulteriore possibile interpretazione: la bolletta dell’acqua si era fatta troppo salata (l’acquedotto ’pescava’ forse sottosoglia, ossia a mare)e, alla faccia delle diete povere di sodio, si poneva la necessità di un razionamento, per cui ci si lava una volta alla settimana (questo spiegherebbe il puzzo sistematico del terzo giorno).
Il terzo giorno Dio creò l’acqua degli oceani e li riempì d’acqua salata. Mi sono sempre chiesto perchè con un piccolo sforzo non avrebbe potuto pensare di fare oceani di acqua dolce. La crisi idrica sarebbe stata risolta ab origine. Purtroppo quel giorno era un po’ sbadato e anche lui cominciava a puzzare un poco. Forse per questo creò gli oceani: per farsi un bagno. Solo che nel farlo rilasciò per osmosi il suo sudore salato nel prezioso liquido. I puristi dicono che il mare è salato perchè è il risultato del pianto di Dio, gli oceani sarebbero le sue lacrime (supposizione di ispirazione coranico-induista con tendenza al buddismo cristiano di fine millennio).
Tengo a precisare che nessuno dei discorsi appena fatti mi appartiene: sono tutti discorsi di quel San Giovanni incorniciato (amico mio prenditi una tachipirina).