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La coerente diversità e unità del vivente. Intervista ad Aldo Sacchetti

Aldo Sacchetti, medico igienista, è uno dei pochi “padri nobili” dell’ecologismo italiano, che non hanno contrabbandato le scelte etiche con qualsivoglia opportunismo culturale e politico.

di pietro g. serra - mercoledì 26 aprile 2006 - 6270 letture

Aldo Sacchetti, medico igienista, è uno dei pochi “padri nobili” dell’ecologismo italiano, che non hanno contrabbandato le scelte etiche con qualsivoglia opportunismo culturale e politico. Dopo aver vinto il premio speciale “Firenze Ecologia” con il libro Sviluppo o salute: la vera alternativa (Patron, Bologna, 1981), ha scritto il saggio L’uomo antibiologico. Riconciliare società e natura (Feltrinelli, Milano, 19973). È autore, con il fratello Lamberto, de La democrazia degli erranti e la coerenza ecobiologica (Guaraldi, Rimini, 1996). L’ultima fatica Scienza e coscienza. L’armonia del vivente (Arianna Editrice, 2006) è un saggio fondamentale, che porta a maturazione definitiva le intuizioni raccolte nell’arco della sua ricerca pluridecennale nella prospettiva di una scienza nuova, non più avalutativa e dissipatrice ma eticamente fondata sulla simbiosi empatica tra l’uomo e la realtà naturale. Lo abbiamo incontrato e ci ha rilasciato la seguente intervista.

(a cura di Eduardo Zarelli)


Tutti i tuoi libri precedenti sono ben documentate testimonianze della crescente divaricazione tra sviluppo tecnico produttivo e realtà naturale in cui siamo immersi. Ora ha sentito la necessità di attaccare le radici stesse della scienza moderna. Vuole accennare in sintesi, per i nostri lettori, i motivi che la hanno indotta a puntare direttamente al cuore del paradigma scientifico dominante?

Oggi documentare singolarmente i tragici effetti, le incomprensioni, le insufficienze, gli errori della scienza moderna è dovere irrinunciabile, ma non basta più: occorre chiarire l’incompatibilità di fondo che la pone in conflitto con la vita. La biologia quantistica fa intendere la fisiologia di ogni essere (e dell’intero mondo vivente) come unità integrata, analiticamente irriducibile. Sotteso a ciò che la tecnica può rilevare - al confine tra materia, energia e coordinamento omeostatico del tutto - c’è in ogni istante uno sterminato incontrollabile intreccio di processi "coerenti" (ossia dinamicamente raccordati) destinato a rimanere, malgrado ogni tentativo di descrizione microfisica, l’affascinante mistero della vita.

A livello quantico energia, materia e forma sono aspetti strettamente interconnessi del medesimo ininterrotto processo morfogenetico omeostatico. Un processo che, in condizioni fisiologiche, consente a macromolecole e cellule dell’individuo - già nell’embrione - di adempiere al proprio ruolo nel posto giusto al momento giusto. La vita è un miracolo permanente che sfugge a ogni pretesa di riduzionismo. Ci sembra che, nel descrivere l’unità quantistica tra legame biofìsico, energia e forma lei dia un particolare rilievo al momento significativo della "forma".

L’evoluzione coerente della forma è senza dubbio aspetto istintivo della vita. Un sasso lascia modellare passivamente la sua forma dagli eventi esterni, ma la vita no: organizza attivamente i flussi di materia e di energia che fisiologicamente la alimentano. Le planarie (vermi platelminti) se tagliate a pezzi rigenerano da ciascun segmento l’intero organismo, testa compresa. Insetti batraci offrono stupefacenti esempi di metamorfosi evolutiva coerente. Biologi e biofisici - pure ignorando l’intrinseca natura lei processi morfogenetici, così palesemente finalizzati - nella seconda metà del XX secolo (e in particolare negli ultimi due decenni) hanno attribuito un crescente rilievo all’”apoptosi”, o morte cellulare programmata. Nei vertebrati l’apoptosi controlla senza sosta il numero e la configurazione dei neuroni e degli immunociti, elimina le cellule che hanno esaurito la loro funzione (come quelle della coda del girino nella metamorfosi del rospo e della rana, o quelle che, durante lo sviluppo fetale umano, tengono ancora unite le dita della mano e del piede). Ma perché denominare “suicidio cellulare” - come prediligono alcuni scienziati - questo fenomeno ineffabile che evoca la creatività dello scultore, proprio come Michelangelo scolpì il suo Mosè? Perché ricorrere a termini funesti per descrivere la regolazione fine e coordinata delle interazioni vitali? Il divenire di ogni cellula e di ogni organismo è da sempre una metamorfosi, ininterrotta e globale.

Il panorama che ci descrive è sorprendente, ma non sembra contenibile entro l’approccio biochìmico tradizionale su cui fondano tuttora biologia e medicina.

Certamente la biochimica è importante ma passa in secondo piano: il “coordinamento” dei processi biologici avviene a un livello assai più profondo della molecola e perfino dell’atomo, nel dominio Dell’“elettrodinamica quantistica coerente”. Le reazioni chimiche si danno tra molecole già sufficientemente vicine, nel raggio di alcuni diametri molecolari. Solo l’elettrodinamica quantistica può rendere conto dei processi istantanei a vasto raggio che governano la biologia, sostenuti da oscillazioni coerenti di alta e bassa frequenza coinvolgenti all’unisono molecole d’acqua e macromolecole vettrici di bioinformazione (come DNA, RNA, proteine).

Ciò pone in evidenza i limiti dell’approccio biomedico tradizionale e conferisce una superiore dignità scientifica a medicine alternative come l’omeopatia. Le molecole d’acqua, molto piccole, possono costituire oltre il 98% delle particelle vibranti di una cellula e sono tutte “dipoli elettrici permanenti” in continua oscillazione. Ogni degradazione della coerenza fisiologica, così come ogni recupero omeostatico, deve necessariamente coinvolgere le vibrazioni dell’acqua. La natura oscillatoria del medicamento omeopatico (per esempio l’Arnica potentizzata in mille diluizioni seriali di un fattore 10, vibra con una frequenza di 9725 Hertz) spiega la sua efficacia selettiva sulle comunicazioni elettrodinamiche coerenti che distinguono l’essere vivente.

Non ritiene di superare, con queste descrizioni, il dominio della scienza per invadere quello della metafisica?

L’obiettivo è proprio il superamento della deleteria frattura secentesca tra fisica e metafisica, domini complementari ineludibili della conoscenza umana. Il paradigma materialistico e utilitaristico della scienza moderna, fondato sulla ricerca del sapere come potere, base del "progresso", sta scompaginando su scala planetaria con “progressione geometrica” i tenui invisibili legami sottesi alla fisiologia della vita. Tutto sembra crollare in un oceano di incoerenze fisiche, culturali, sociali, economico-politiche. Gli stessi scienziati proclamano la "fine delle certezze" ma si rifiutano di prendere atto che, più la divergenza tra potere e sapere aumenta, più l’errore diviene il marchio dell’egemonia umana. Solo una scienza nuova, consapevole della duplice violazione inferta nell’era tecnocratica alla coerenza elettrodinamica quantistica dei legami vitali e alla coscienza stessa dell’uomo, potrà consentire l’approdo a una società più matura, capace di superare il pauroso abisso che si è determinato tra sviluppo materiale ed elevazione spirituale e morale dell’umanità.

Lei mette a fuoco la crisi planetaria dal punto di vista scientifico epistemologico, così estraneo a consueto approccio politico economico. Come ritiene possibile vincere questa battaglia, le cui ragioni profonde sfuggono anche alla maggioranza dell’opinione pubblica?

Le malattie degenerative di cui soffre la società contemporanea (come cancro, AIDS, Alzheimer, encefalopatie spongiformi, alterazioni sessuali fisiche e comportamentali, allergie, nevrosi, deficienze mnesiche sempre più precoci e ingravescenti) trovano puntuale riscontro nella crescente instabilità del clima e nell’alterazione degli equilibri omeostatici congiunti della biosfera, che a livello quantistico è unità indivisibile, dai fondali oceanici alla fascia stratosferica di ozono che la protegge dalle radiazioni letali.

Ho cercalo di documentare nel libro, capitolo per capitolo, che il problema dello sviluppo tecnocratico non si pone in termini di astratti limiti quantitativi e di sostenibilità. Il manto artificiale che - distrutto il mondo contadino - strangola la Terra e si sviluppa ogni giorno con carattere di ineluttabilità non è inerte, semplice corpo estraneo, bensì attivamente dissonante dalla coerenza vibratoria unitaria della biosfera. Sono dissonanti le miriadi di molecole di origine tecnologica che invadono con crescente intensità i protoplasmi in ogni angolo del pianeta; i rigidi legami che il vivente non può modificare (come quelli carbonio-fluoro, annodati dalla chimica industriale); i residui radioattivi prodotti dalle centrali nucleari (residui che possono rimanere minacciosi per millenni). E dissonanti sono tanto le onde elettromagnetiche tecnogeniche da cui siamo sempre più aggrediti in ogni ora del giorno e della notte, quanto i rumori (frequenze incoerenti per definizione)generati dalla civiltà meccanizzata. Le strutture biologiche possono convenire infatti reciprocamente, al loro interno, vibrazioni meccaniche e oscillazioni elettromagnetiche. La divaricazione accelerata tra mondo virtuale e mondo reale disegna prossima la fine dello sviluppo, della tecnoscienza e di tutto l’evo moderno.

Mi rendo conto che mettere a fuoco il dissesto planetario sotto il profilo scientifico epistemologico è radicalmente diverso rispetto all’approccio economico politico tradizionale. Le due ottiche per altro non si escludono necessariamente, ma è la prima quella che ora va illuminata in modo decisivo. Diverrà presto chiaro che la progressiva rottura dell’omeostasi planetaria non può essere risolta con gli stessi strumenti tecnici da cui è prodotta. Nei confronti delle vibrazioni coerenti della vita ci troviamo come l’orologiaio cieco, che non può percepire lutto le conseguente infime delle proprie manipolazioni. La generale crisi economica, ecologica, sanitaria imporrà di far quadrare i conti con ciò che non può essere dominato.

Le rivoluzioni politiche della modernità non hanno potuto garantire né libertà, né uguaglianza, né fraternità. Ma la nuova visione scientifica del mondo, fondata sulle forme a priori della vita date dal legame coerente che si fa carne, può generare un movimento etico unificatore, quasi religioso, di sobrietà e solidarietà capace di riscattarci. "Il comandamento nuovo - disse Ernesto Calducci - è iscritto nelle tavole di bronzo della necessità storica".


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La coerente diversità e unità del vivente. Intervista ad Aldo Sacchetti
18 ottobre 2006

Ho trovato la stessa intervista che risale all’aprile 2006 al link http://wds.bologna.enea.it/articoli/02-04-zarelli-la%20coerente.htm Ce ne vorrebbero milioni di link uguali affinchè l’uomo possa prendere coscienza di ciò che sarà.