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“La Pazza Gioia” di Paolo Virzì

Tra “Thelma & Louise” e “Qualcuno volò sul nido del cuculo”

di Orazio Leotta - mercoledì 25 maggio 2016 - 4878 letture

Il regista Paolo Virzì, con “La Pazza Gioia” presentato al Festival di Cannes 2016 nella sezione collaterale Quinzaine des réalisateurs, abbandona le algide terre lombarde de “Il Capitale Umano” e torna nella sua Toscana ove le due protagoniste del film, Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, sono ospiti di un centro di recupero per donne disagiate e con grossi problemi di relazione. Un tempo l’avremmo chiamato manicomio. Diverse tra loro ma complementari; l’una, Beatrice Morandini Valdirana (la Bruni Tedeschi), logorroica, cleptomane, amori sbagliati alle spalle, manie di grandezza e modi da aristocratica, l’altra, Donatella Morelli (la Ramazzotti), ingenua, boccalona, spiccato accento toscano, piena di tatuaggi, buona d’animo, che si porta dietro un dolore enorme: le è stato sottratto il figlioletto dato in adozione a una coppia senza figli.

Le due entrano subito in sintonia e in coppia, come dandosi forza l’una con l’altra, riescono a trovare quel coraggio di architettare un qualcosa che da soli magari non avrebbero potuto fare dandosi così alla “pazza gioia” del titolo del film. Commedia si, a tratti si ride di gusto per le disarmanti e spontanee considerazioni della Ramazzotti o per il brio senza remore della Bruni Tedeschi, ma una commedia che definiremmo drammatica perché le protagoniste, ma anche le altre donne del centro, ciascuna, spiattellano in faccia allo spettatore un’incredibile varietà di problematiche legate a quel sottile filo che governa il nostro cervello che si tramutano in tentativi di suicidio, perdita degli affetti e capacità di relazionarsi col mondo esterno decisamente compromessa.

Virzì di concerto con Francesca Archibugi mette in atto una sceneggiatura convincente negli intenti buonisti e nel conseguente grido d’allarme che lancia a tutela di certe fasce dimenticate di esseri umani; gli si perdonano alcune casualità e circostanze, determinanti nel contesto della storia, ma al limite della credibilità e il finale commuovente è il giusto premio all’animo buono dello spettatore che per tutta la durata del film non può che fare il tifo per queste due “pazze scatenate”.

Marco Messeri, uno dei più bravi caratteristi italiani in circolazione, recita il ruolo del babbo musicista adorato da Micaela Ramazzotti (lei è convinta che la canzone “Senza Fine” sia stata composta dal padre..) mentre Marisa Borini, che nel film recita la parte della madre di Valeria Bruni Tedeschi, è in effetti davvero sua madre, un tempo pianista di successo, voluta da Virzì per rendere quanto più credibile la sequenza in cui la stessa è chiamata ad argomentare sul background della figlia. Un film destinato a fare grandi scorpacciate ai Nastri d’Argento ed a scalare la classifica dei maggiori incassi.


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