La Cina è vicina (sempre più)

La Candy diventa cinese per 475 milioni di euro. Preoccupazioni per il posto di lavoro di un migliaio di lavoratori italiani

di Adriano Todaro - martedì 2 ottobre 2018 - 3979 letture

Venerdì 28 settembre, ore 19,30. L’Ansa manda in rete la seguente notizia: “Il gruppo cinese Qindao Haier compra per 475 milioni di euro gli elettrodomestici Candy. Quotato a Shangai acquisirà il 100% dell’azienda dai due soci italiani. La società della famiglia Fumagalli è l’ultimo dei marchi italiani che passa in mani estere”.

Fin qua la notizia dell’agenzia di stampa. Ma l’Ansa riporta anche una dichiarazione della Fiom-Cgil di Monza e di Paolo Mancini, delegato sindacale Candy, che la dice lunga sui rapporti che la proprietà ha con i propri dipendenti: “Abbiamo visto nelle scorse settimane i cinesi di Haier in azienda e abbiamo chiesto spiegazioni. Ma la direzione aziendale ha negato che ci fossero, nel breve, intenzione di vendere. Nella giornata del 26 abbiamo incontrato l’azienda in Assolombarda e nulla ci hanno detto rispetto a questo scenario. Siamo molti amareggiati di aver acquisito la notizia dai giornali”.

Sono questi i due punti più importanti. Da una parte la vendita per 475 milioni di euro di un’azienda italiana e, dall’altra, che si dichiara che non si vuole vendere e, invece, si è già venduto.

Parafrasando Humphrey Bogart nel film “L’ultima minaccia”: “È la globalizzazione, bellezza. E tu non puoi farci niente”. È vero non ci si può fare nulla e soprattutto non possono fare niente i lavoratori. La globalizzazione ce l’avevano descritta come la panacea dei problemi dei lavoratori. In realtà la prima cosa che fanno quando un’azienda straniera acquista in Italia è tagliare i posti di lavoro, i lavoratori, addossarli alle casse dello Stato che magnanimo pagherà loro qualche anno di cassa integrazione. Poi? Poi vedremo.

La sede della Candy è a Brugherio, 35 mila abitanti in provincia di Monza e Brianza. Una decina di chilometri da Milano, solo 5 da Monza. E lì che nel 1945 nasce quella che sarà la Candy. Nasce su iniziativa di Niso Fumagalli e dei suoi figli, Enzo, Eden e Peppino. In realtà Niso la vede, per la prima volta, mentre è internato in un campo di prigionia americano. L’idea della lavatrice la porta in Italia e la chiama “Caramella”, in inglese Candy. Un nome semplice e accattivante, molto indovinato anche se, allora, non c’erano, in Italia, esperti di marketing.

Da quel momento, i tre fratelli cominciano a lavorare. Lo fanno come molti in Brianza. Spesso si lavora di sera, dopo il normale lavoro in fabbrica. Si lavora nei sottoscala, nelle cantine. L’attaccamento al lavoro, l’abnegazione portano la Brianza ad eccellere nel mondo dell’industria. Negli anni Cinquanta la Candy rivoluzionò completamente il modo di fare il bucato. E fu, anche, la prima lavabiancheria a caricamento frontale. Un’azienda a conduzione familiare non quotata in Borsa. L’ultimo discendente della famiglia, Peppino, è morto il 9 marzo 2015.

Oggi la Candy è in mano dei fratelli Aldo e Beppe (figli di Peppino Fumagalli) che hanno rilevato le quote dei cugini Maurizio e Silvano e di altri eredi Fumagalli. Non fa solo lavatrici ma anche microonde, forni ad induzioni, forni con web cam interna e tanto altro. I cinesi si prendono un’azienda che nel 2017 ha avuto 1,6 miliardi di ricavi e quasi 5 mila dipendenti dislocati su sette fabbriche in Europa, Turchia e Cina e 45 società controllate. In Italia ci sono mille lavoratori.

Anche gli italiani di Brugherio avevano fatto un po’ di globalizzazione acquistando alcuni marchi negli anni scorsi come la Hoover e la francese Rosières. La vendita ai cinesi è un altro brutto segnale per l’industria italiana in settori che una volta erano all’avanguardia e che hanno creato il cosiddetto made in Italy. L’industria del “bianco”, degli elettrodomestici è stata per lunghi anni uno dei principali poli produttivi europei, una delle attività manifatturiere più importanti del nostro Paese. Oggi arrivano i cinesi che vogliono, come dicono loro stessi, sviluppare il settore degli “elettrodomestici intelligenti nell’era dell’Internet of Thing” (L’Internet delle cose). Sarà anche così ma intanto le preoccupazioni, fra i lavoratori, aumentano. Il Sole 24 Ore fa parlare Beppe e Aldo Fumagalli i quali dichiarano che sono “felici di entrare in Haier. Qingdao Haier e Candy Group condividono la stessa visione, che è quella di continuare a migliorare la qualità della vita delle famiglie. Crediamo che la capacità di innovazione tecnologica e design unite allo stile italiano di Candy si integreranno perfettamente con il modello operativo di Quingdao Haier. Insieme soddisferemo meglio le crescenti richieste di prodotti più personalizzati e renderemo migliore e più semplice la vita delle persone”.

A quale qualità di vita delle famiglie si riferiscono i fratelli Fumagalli non è dato sapere. Probabilmente i clienti futuri. Anche perché il 26 settembre, come detto, i proprietari della Candy e rappresentanti sindacali si sono incontrati all’Assolombarda a seguito della richiesta di circa 200 licenziamenti, cassa integrazione e tagli salariali. Dopo due giorni, il 28, l’annuncio della vendita ai cinesi e la “felicità” di Beppe e Aldo Fumagalli. Certo, 475 milioni di euro sono una bella cifra ma se centinaia di lavoratori perderanno il posto di lavoro, la “qualità della vita delle famiglie” peggiorerà e con loro anche l’economia di tutti. Per questo i sindacati hanno chiesto un incontro al ministero dello Sviluppo economico così da chiedere ai cinesi garanzie sul futuro dell’unico stabilimento italiano rimasto.

La Candy è l’ultima, in ordine di tempo, fra le aziende acquisite da stranieri. È di poche settimane l’acquisizione di Versace da parte americana. E poi Bulgari, Loro Piana, Emilio Pucci, Fendi per restare nel campo della moda. Addirittura il gruppo Louis Vuitton, fra le altre cose, si è annesso anche la caffetteria Cova di via Montenapoleone, a Milano. Ed è diventato americano anche il treno Italo venduto al fondo Global Infrastructures Partners come del resto anche Poltrona Frau e tanto altro.

Intanto apprendiamo che la squadra calcistica del Monza è stata acquistata da Silvio Berlusconi. Era proprietario del Milan e l’ha venduta ai cinesi. Appunto.



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