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Io sono te

La colpa non è della società in cui si vive ma nostra e tutti indistintamente possiamo essere innocenti o colpevoli.

di Enzo Maddaloni - martedì 25 gennaio 2011 - 3218 letture

Nel 1946 in Danimarca furono esaminati 60000 ex aderenti alla politica Qusiling (collaborazionisti al regime nazista in Germania) e venne fuori che l’indice medio sulle paranoie era due volte e mezzo in più del resto della popolazione. Fu anche rilevato che il 50% dei membri del Partito Nazional Norvegese erano psicotici.

“La politica non è altro che la psichiatria in grande scala” cosi il patologo tedesco Virchow dichiarava la politica. Virchow fu autore di numerosi studi sulle malformazioni del cranio ed eseguì un sondaggio nazionale, a scopo razziale sugli scolari, concludendo esplicitamente che non esisteva nessuna razza pura tedesca, ma solo una miscela di diversi tipi morfologici. Fu questa affermazione che lo discreditò agli occhi del regime nazionalsocialista. Oggi potremmo parlare di psicopolitica ed in questo senso è del tutto legittimo che anche i medici oltre agli architetti, ai filosofi ai poeti e tutto il resto si interessino di politica.

Oggi l’atteggiamento "provvisorio" non ci fa più pensare al diluvio universale ma alla bomba atomica, poi dopo l’energia nucleare adesso pare che possiamo morire per il fotovoltaico, le pale eloiche, per non parlare delle radici nordiche o celtiche, che pare che siano le sole cose che oggi ci possano salvare da questo miscuglio di razze che la globalizzazione ci impone e per questo sono necessarie ed urgenti ricerca archeologica di una antica identità che ci possa salvare da ogni tipo di esplosione (demografica) e semmai anche dal diluvio....per la bomba pensaci tu!

Il fatalismo ci educa alla paura e alla fuga dinanzi alle responsabilità personali. E’ come se l’uomo come prodotto di “un sangue e terra” venisse privato ogni volta della libera scelta e quindi della stessa colpa. Tempo fa un mio amico scrittore (bravissimo e molto umano devo dire nonchè paesologo, naturalista e comunitario) indicando una foto con alcuni giovani schierati a forma di croce diceva “sono tutti innocenti”, senza sapere che anche tra di loro ci poteva essere qualche colpevole.

Lo stesso Jung vedeva un archetipo arcaico nell’inconscio collettivo “tutti i tedeschi erano colpevoli…” , inglobando in questo giudizio anche gli antirazzisti rinchiusi nel campo di Dachau. Anche per il Partito Nazional Socialista bastava avere una mentalità collettivistica, bastava essere tedesco per essersi guadagnato un merito, così come bastava essere ebreo per essere colpevole. Il giudizio collettivistico crea l’alibi ad ogni uomo per scrollarsi di dosso la responsabilità delle proprie opinioni. Come posso pensare che tutti gli abitanti di Dachau erano colpevoli delle uccisioni nel campo?

http://radunonazionaleclowndottori.blogspot.com/2010/01/shoa-in-bianco-e-nero.html

Possiamo comprendere che una politica può essere la psichiatria in grande scala. In questo senso una comunità come la nostra non può che essere una comunità di persone responsabili, a differenza della massa che resta la somma di esseri spersonalizzati. In questo senso fare scuola oggi diventa pericoloso ed oggi anche scrivere libri può essere pericoloso. Specialmente se una scuola che pensa di fare un nuovo umanesimo delle montagne o insegnare le origini celtiche e razziali, quando ci sarebbe bisogno semplicemente cambiare atteggiamento.

I punti che ci spingono verso un processo di “massificazione” sono gli “slogan” ed in questo caso abbiamo ottimi esempi in Italia. Abbiamo molti maestri avendo anche a disposizione gli strumenti necessari. Ora possiamo noi demonizzare questi maestri della comunicazione se poi alla fine utilizziamo nel nostro piccolo gli stessi “slogan” e “strumenti”? La stessa politica oggi è un sintomo della stessa nostra malattia e ciò che è un sintomo non può essere la terapia.

E allora, come la mettiamo?

Nelle nostre Comunità di clown o provvisoria che sia ci chiediamo se l’arte, la bellezza, la paesologia, la scrittura, la poesia, il sorriso, da soli possono bastare, non potendo tollerare alcun programma politico, a meno che le stesse idee politiche dell’artista vuoi che sia clown o altro non siano fedeli alla sua ispirazione artistica, ed invece si lascia trasportare dai vortici della stessa, anche se resta fedele, alla sua condizione umana.

Ora ci chiediamo: si è capaci di vivere come si scrive o come si dipinge?

Qual è il senso di nuovo umanesimo "delle montagne" e che centrano "le montagne" con gli umani? Se ci riferiamo al simbolo del paradiso siamo certamente lontani e per questo crediamo che sia necessario “disumanizzare le montagne” o semplicemente “umanizzare” l’uomo, o meglio ancora superare l’umanesimo e l’umanità per andare l’uomo come immagine di un dio che è morto. L’uomo può andare oltre "se"? (non è un errore è un "se" non convinto ma semplicemente "congiunzione").

Inoltre la stessa filosofia se pur capace di “diagnosticare le malattie” a volte da sola non le può guarire. E, ci chiediamo se ora non sia il caso di adottare una terapia dell’ “ esprit du siecle”. Neppure all’arte si può chiedere di fare cose belle o abbellire una realtà perché nel corso degli ultimi decenni abbiamo anche visto come l’uomo e la stessa arte sia capace di orientare e produrre “slogan” e “strumenti” di propaganda per altri fini e scopi.

Qui c’è bisogno di stare attenti.

L’uomo è sempre lui a decidere e lo può fare attraverso una scelta, sempre ed in ogni occasione anche la peggiore per lui. Gli esempi di prima nei campi di concentramento nazisti ci dovrebbero far riflettere su come un uomo o una donna possa dare un senso anche al loro "vivere" in luoghi dimenticato anche da quel dio degli uomini. Per questo, ci piace dividere gli umani in due razze: “le persone per bene” (e qui su tutti, i clown chiaramente) ed “i bastardi” (una volta ci mettemmo gli architetti per prima, ma ce ne sarebbero anche altri che potrebbe essere messi prima...fate un po voi!).

La prima specie umana come è a tutti noto è in netta minoranza.

Eppure quando abbiamo fatto questa operazione, qualcosa non quadrava. E, già viviamo nel massimo della conoscenza e nel minimo di coscienza. Per questo non crediamo che ci voglia un nuovo umanesimo delle montagne ma un “montagnesimo degli umani”. E, cosi tempo fa anche noi, come Nietzsche, avviluppato dal mio nichilismo ci siamo uccisi da soli, anche per tutti i sensi di colpa e per aver individuato i soli architetti nella specie umana dei bastardi. E, si! In verità, ci siamo accorti poi che non esistevano neppure più solo due specie, ma una sola perché ognuno di noi contiene tutto. Il problema semmai resta la “scelta” avendo coscienza che si può essere essere simpatici “bastardi” o antipatici "clown" o viceversa.

Ognuno di noi è unico ed irripetibile e dovremmo essere sempre più coscienti che gli slogan sono i più pericolosi “il fare”, “portare il megafono” ecc. e più che chiederci cosa possiamo fare o cosa ci è permesso fare, ogni giorno ci domandiamo cosa veramente dovremmo fare per identificarci in un valore. Attraverso l’impersonificazione del clown abbiamo vissuto molto l’unione degli opposti, grazie anche al fatto che nel clown si possono far vivere giocando, nel paradosso tutte le nostre contraddizioni. E, così è possibile che una tristezza ci faccia ridere ed un sorriso ci può far piangere.

Abbiamo capito quanto siamo importante “mettersi in gioco”, o meglio "rimettersi in gioco" che può restare più che uno "slogan" una "parola magica" come "abracadabbra" ... è cosi divenire (traducendo le tradizione) rompendo schemi mentali antichi, stereotipi, idolatrie, false credenze, rancori e autismo corale. Il gioco sta anche nella capacità di vivere il conflitto purchè questo sia rispettoso delle scelte e dei vissuti altrui, evitando con ogni mezzo di ferire l’altro. Questa però è scelta e responsabilità. Ecco perchè posso solo avere compassione anche per Berlusconi! E già, il gioco è disciplina. Il gioco è la sintesi tra esperienza e coscienza. Nel gioco si è capaci di divenire ciò che si può e si deve essere. Perché?

Perché, noi siamo un pezzo del mondo ed in questo modo ogni nostro aspetto è una “selezione” (non solo genetica, psicologica, antropologica, etnica, biologica, etnica, sociale o politica) di quel aspetto del mondo che non ci piace e nel quale riflettiamo una parte di noi e degli altri e perchè ci dobbiamo convincere che per cambiare il mondo dobbiamo cambiare il nostro atteggiamento verso il mondo e verso gli altri.

Non serve, per questo, essere umili, ma serve, c’è necessita di essere grandi, al di sopra delle nostre possibilità e pensare più al diluvio universale, che alla bomba atomica, perchè sarà la terra a ribellarsi all’uomo. Ciò non significa pensare nelle forme fataliste nel fare le cose, che non hanno nessun valore nessun senso se non avere tempi corti e non lunghi. In questo senso andrebbe approfondita anche una riflessione sul concetto di provvisorietà della vita che è fatta non solo di aspetti biologici, ma fondamentalmente di azioni, di scelte e queste restano in eterno.

Ecco spero che la nostra comunità: libertaria, provvisoria, virtuale, di clown, di sognatori pratici, paesologica o umanologica - insomma la possiamo chiamare come vogliamo - pensino di più a quello che ogni individuo, ogni comunitario possa "essere" per contribuire davvero a realizzare quell’uomo che si riconosca nei valori creativi dell’arte, delle esperienze tutte ma che resta libero (in ogni caso) nella realizzazione dei valori di atteggiamento, libero da ogni condizionamento e da ogni influsso emotivo ambientale, questo credo che farà la differenza dell’uomo nel XXI secolo.

Ecco perché ci sforziamo di fare una scelta anche se piccola ma di grande valore ogni giorno perché: Io sono un clown: io sono, te!


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