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Il senso di Tiziano Renzi per Facebook

Come sempre due pesi e due misure. Ci sono detenuti che non possono comunicare e altri che possono usare i social

di Adriano Todaro - giovedì 21 febbraio 2019 - 4457 letture

Nelle pieghe dell’arresto domiciliare dei genitori di Matteo Renzi, c’è un aspetto che a mio parere deve essere sottolineato anche perché dimostra ampiamente come nel nostro Paese la giustizia e le norme sono abbastanza flessibili. Dipende sempre se sono applicate (le norme) nei confronti dei cosiddetti Vip oppure nei confronti dei poveracci.

Mi riferisco al fatto che dopo due giorni dall’arresto, Tiziano Renzi, dagli arresti domiciliari, ha inviato un messaggio Facebook al “mondo libero” con tutta una serie di motivazioni che vanno dal dichiararsi, ovviamente, innocente, di non augurare a nessuno quello che sta avvenendo a loro e di essere sottoposto a un “massacro mediatico”.

Per tanti anni ho fatto il volontario in un carcere milanese e proprio per questa mia piccola conoscenza penso che Tiziano Renzi dica cose abnormi e senza senso. Intanto per quella ipotesi di reato, i coniugi Renzi dovrebbero stare sicuramente in carcere. Non solo. Quando sei ai domiciliari, non puoi comunicare con nessuno, tantomeno con il telefono oppure con i social. Se lo fai, saltano i domiciliari.

Fra i tanti detenuti conosciuti, accusati di reati di tutti i tipi, ricordo bene uno, che chiamerò Gino, che era in carcere per motivi fiscali, un po’ come i coniugi Renzi. Aveva fatto tutto un percorso riabilitativo e, dopo svariati anni, era stato autorizzato a lavorare, per alcune ore, fuori dal carcere. In pratica, Gino, usciva dal carcere la mattina, prendeva un mezzo pubblico e si recava a lavorare. Doveva, però, sottostare a tutta una serie di imposizioni come fare sempre, tutti i giorni, lo stesso percorso, prendere sempre lo stesso mezzo negli stessi orari, non fermarsi a parlare con estranei, non frequentare bar e rientrare, in carcere, sempre alla stessa ora. Contemporaneamente i carabinieri, ogni tanto, capitavano nella ditta dove lavorava Gino e controllavano la sua presenza. Ebbene, un giorno, il mezzo pubblico è rimasto in panne. Gino è arrivato in carcere in ritardo e gli hanno tolto la possibilità di uscire a lavorare.

Detta così sembra una cosa da nulla. Ma impedire a un detenuto che ha “conquistato” la possibilità di lavorare per il comportamento corretto tenuto in carcere, è una cosa pesantissima, un vero incubo. Altro che la protesta di Tiziano Renzi che trova un “incubo non potersi difendere”. Lui ha tutte le possibilità, com’è giusto, di difendersi. E ha anche i soldi per poterlo fare. Migliaia di detenuti non sono nelle sue condizioni.

Mentre coloro che sono ai domiciliari non possono telefonare a nessuno, quelli in carcere possono avere un colloquio telefonico alla settimana, della durata massima di dieci minuti. Non tutti. Alcuni solo di due colloqui telefonici al mese. Altro che Facebook! Non è neppure pensabile cosa significhi non avere la possibilità di parlare con i propri familiari, con i propri figli. E non parliamo degli stranieri i quali hanno difficoltà anche logistiche, oltre che economiche per poter telefonare. Recentemente un detenuto messicano detenuto in Italia con il 41-bis, termina quel regìme carcerario (chi è al 41-bis non può telefonare) e giunge nel carcere di Padova. Appena arriva chiede al Magistrato di sorveglianza di mettersi in contatto con i figli, in Messico. Dopo due anni, sottolineo, due anni, il magistrato chiede al messicano il numero di telefono della sua famiglia. Dopo qualche mese la direzione del carcere comunica al detenuto straniero che il Consolato messicano non ha gli strumenti per poter risalire a chi è intestato questo numero di telefono per motivi di privacy. Fine della storia. Il messicano non può ancora telefonare, malgrado non sia più al 41-bis.

Di cosa, dunque, va cianciando Tiziano Renzi che usa, addirittura, un social? Perché si definisce “un cittadino massacrato preventivamente sui media”?

Sembra ci sia una spiegazione, però, del perché Renzi abbia potuto utilizzare Facebook pur essendo agli arresti domiciliari. Spiegazione che dimostra, ancora una volta, le differenze di comportamento nei confronti degli arrestati. Tiziano Renzi ha potuto scrivere perché il Gip non ha posto restrizioni di sorta e neppure il Pm. Questo aggrava, a mio parere, tutta la questione. La domanda è molto semplice: se invece dei coniugi Renzi ci fosse stato al loro posto Gino, avrebbe egli potuto utilizzare Facebook?

E mentre Tiziano usava i social, nel carcere di Marassi, a Genova, è arrivato un nuovo detenuto, un “nuovo giunto” come si dice nel gergo: un ragazzo italiano di 22 anni. Dopo poche ore l’hanno trovato morto. Un altro morto, un’altra giovane vita stroncata che avrebbe dovuto essere, invece, protetta perché affidata allo Stato. Cosa abbia fatto il giovane per finire in carcere non m’interessa. So solo che non doveva morire. Ora si indagherà e, magari, fra qualche anno si saprà, forse, qualcosa.

Il vero incubo è questo: le continue morti di detenuti. Niente a che vedere con l’incubo che sta passano Tiziano Renzi e la moglie Laura Bovoli i quali hanno giustamente il diritto di difendersi nel modo migliore. L’incubo per noi che non siamo “babbi” di nessuno è quello finire di un ingranaggio da cui non riesci ad uscirne, magari per non avere pagato qualche rata all’agenzia delle Entrate.


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