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Elezioni. Dalle "convention" all’ "Hard Rock Cafè"

Il ruolo delle Tv e la modifica del linguaggio. Anche la sinistra copia Berlusconi e perde. Una volta c’erano le sezioni, oggi i "loft".

di Adriano Todaro - venerdì 25 aprile 2008 - 2886 letture

Cornate d’Adda, 32 chilometri a nord-est da Milano, lungo la riva destra dell’Adda. Conta poco più di 9 mila abitanti e, come dice il sito del comune, “La presenza longobarda sul territorio è corroborata da ritrovamenti archeologici che due diverse equipe di ricercatori hanno eseguito sul nostro territorio”. In questo paese, qualche giorno fa, due operai sono morti in una fabbrica di plastica mentre tentavano di riparare un macchinario. Uno era italiano, Raimondo Casati, 47 anni, sposato senza figli, l’altro un cittadino del Burkina Faso, Moussa Campaore, 28 anni. Quest’ultimo, regolarmente in Italia, aveva moglie e un figlio.

L’incidente avviene attorno alle 17. Corrono subito i vigili del fuoco, le autoambulanze, il servizio civile, i vigili urbani. Arrivano anche giornalisti e fotoreporter. C’è il vicesindaco e il sindaco di Cornate. Poi, nessun altro. Quando la moglie del ragazzo di 28 anni, arriva piangendo davanti alla fabbrica, con il bambino in braccio, non c’è nessuno del paese. Le villette attorno allo stabilimento sono tutte serrate. I cornatesi (si chiameranno così?) sono tutti nelle loro case e nessuno sente il bisogno di andare davanti la fabbrica e mostrare, così, con la loro presenza, una solidarietà umana ai familiari delle vittime.

Pochi giorni prima di andare a votare, un’agenzia di stampa lancia una notizia con questo titolo: “Roma, sgombero di un campo rom, tratti in salvo quattro gattini”.

Mi sembra che questi due episodi, valgano molto di più di tutte le analisi sociologiche che si stanno facendo in questi giorni per cercare di capire perché la sinistra non sarà più rappresentata in Parlamento e a chi sono andati i voti di sinistra. Da una parte il rinchiudersi nelle proprie case, la paura di uscire in un tardo pomeriggio, lo sbarrarsi con cancelli e chiavistelli per paura dei “negher”, degli stranieri. Dall’altro la preoccupazione per quattro gattini, ma non della fine che hanno fatto i bambini rom di cui non sappiamo nulla.

E’ inutile girarsi attorno. E’ questa la società in cui viviamo e dove ha attecchito, perfettamente, il messaggio della destra più rozza ed egoista d’Europa. Non è un fatto recente. E’ almeno dal 1994 che Silvio Berlusconi, ha imposto la sua visione, la sua cultura, il suo modo d’intendere il rapporto fra le persone. Ha vinto elettoralmente, ma prima ha vinto culturalmente. La sua visione della vita l’ha imposto anche alla sinistra che parla come parla lui, che sgomita per andare nelle sue televisioni. E, attraverso queste, Berlusconi ha stravinto complice l’ignavia di una sinistra balbettante che non ha saputo (o voluto) neppure fare una legge sull’emittenza televisiva, che considera Mediaset un grande patrimonio del nostro Paese, che non ha ottemperato alle indicazioni europee di dare una frequenta ad Europa 7 e mandare sul satellite Rete 4, che ha “garantito” a Berlusconi che non avrebbe mai toccato le sue tv.

Ogni giorno ci sono milioni di persone che passano, chiuse in casa, con serrature a doppia mandata, ore e ore davanti a programmi insulsi, ma molto redditizi sia dal punto di vista economico che elettoralistico. Milioni di pensionate e pensionati si bevono le liti, le false lacrime, gli amori, le divisioni, i ricongiungimenti dei vari personaggi televisivi. Dall’altra parte, la Tv pubblica, perfetta fotocopia della privata, con gli stessi programmi, le stesse false lacrime, gli stessi giochetti degli scatoloni. Questa è diretta dall’ex comunista Claudio Petruccioli che dopo aver fatto disastri all’Unità (uno per tutti, la vicenda Maresca) e, più indietro ancora, alla federazione Pci dell’Aquila, è stato premiato, con il parere favorevole di Felice Confalonieri, alla conduzione della Rai.

E non c’è solo il modo di esprimersi, copiato, clonato dalla televisione, ma anche il modo di vestire, di atteggiarsi. Per le strade vedi giovanotti con visi abbronzati anche in gennaio. Sciatori? No. Frequentatori dei solarium che nascono in continuazione anche nei più piccoli paesi della Brianza longobarda. Capelli impomatati e gippone fuori dal bar, pensano di vivere in un eterno grande fratello. Se i politici si venderebbero la madre per una comparsata sugli strapuntini bianchi di “Porta a porta”, loro farebbero altrettanto per arrivare dalla De Filippi o da Simona Ventura. Le ragazze sognano di fare le veline e tutti e due, ragazzi e ragazze, odiano i musulmani e rilanciano nei bar che frequentano, gli slogan razzisti-longobardi: “Aiutiamoli a casa loro”, “Padroni a casa nostra” e via discorrendo.

Il gippone deve essere, regolarmente, parcheggiato in doppia fila, così tutti lo possono notare. Prima di scendere, puliscono il portacenere, gettando il contenuto sulla strada, ma vogliono fortemente una città pulita, senza stranieri che sporcano e che pisciano in qualche angolo. La signora, invece, pettinata di fresco, anch’essa con gippone e abbronzatura d’ordinanza, scende e porta a spasso il cane in qualche giardinetto. Lì, il suo cane può fare i propri bisogni e sporcare. Lui è tollerato, dopotutto è un cane. Gli stranieri no.

E la sinistra come risponde a tutto questo? Non risponde affatto, ma s’immedesima e compie gli stessi rituali dei berluscones. I partiti non esistono più. Dalla fine del Pci, i partiti devono essere “leggeri”, talmente leggeri che qualcuno è addirittura sparito. Per dimostrare di non essere più “vetero”, di essere moderni si chiamano gli strateghi del marketing dagli Stati Uniti. Loro detteranno come debbono vestirsi, cosa dire, come parlare. L’immagine è la prima cosa così come ha sempre fatto Berlusconi. Ecco, allora, il linguaggio. Basta con l’italiano che è vecchio. Bisogna esprimersi in inglese, lingua moderna, giovanile, ottimista. L’ottimismo profuso a piene mani e mutuato da Barak Obama con “Yes, we can” e tradotto in “Si può fare” anche se significa “Noi possiamo cambiare”, ecco che per radunare i propri militanti, si organizzano le “convention”, mentre i giorni delle elezioni si definiscono “election day”. I festival dell’Unità spariranno per dare posto ai “party” regolarmente con Fratelli d’Italia come colonna sonora.

Il rapporto con le persone è ormai obsoleto. Oggi il contatto si fa con internet. E quelli che non l’hanno? Pazienza, peggio per loro che non riceveranno la lieta novella elettoralistica. In questi giorni, leggendo le cronache, ho scoperto che si sono fatti i “flash party” che non è altro che un camion con l’impianto rigorosamente “sound system” e i ragazzini dietro. Lo hanno fatto quelli dell’Arcobaleno e da un articolo del manifesto vengo a sapere che i giovani dirigenti del Prc, giovani, ma sempre oltre i trent’anni, tiravano notte giocando, cascasse il mondo, con la “playstation”.

Si poteva mai vincere Berlusconi sfidandolo alla “playstation”? D’altronde i risultati elettorali i capi di Rifondazione li hanno attesi dandosi appuntamento davanti all’ambasciata degli Stati Uniti, a Roma, in via Veneto. No, niente manifestazione antiUsa. Di fronte c’è l’Hard Rock Cafè ed è lì che Bertinotti ha atteso la sua sconfitta pensando, comunque, che “il comunismo resterà come tendenza culturale”. Anche i luoghi sono sintomatici, ma avrei dovuto scrivere le “location”. Sì, perché se una volta i risultati si aspettavano nelle sezioni, a contatto con i militanti, oggi si aspettano nei “loft” o all’Hard Rock Cafè.

Oliviero Diliberto è per la falce e martello. Però è amico di Marcello Dell’Utri perché tutti e due hanno una grande passione per i volumi antichi e rari. In Tv litigano amabilmente perché Dell’Utri afferma di voler cambiare i libri di storia. Diliberto, giustamente, risponde che “sono tutte le tendenze autoritarie e i regimi dittatoriali a voler riscrivere i libri di storia. Spero che non ci si metta mano, vorrebbe dire che stiamo andando verso un regime”. Ma va! Poi, magari, terminata la trasmissione, si sono raccontati degli ultimi costosi acquisti di libri dei secoli addietro. Ricordo una vecchissima “Tribuna politica” di tanti anni fa. Giancarlo Pajetta, del Pci, alla sola presenza di un candidato del Msi, si era alzato ed era uscito dallo studio televisivo, affermando: “Con voi le cose le abbiamo chiuse il 25 aprile 1945”. Povero Pajetta. Altri tempi si dirà. Sì, forse, Ma anche altra cultura. Oggi si discetta amabilmente in televisione con uno che è stato condannato definitivamente per false fatture e frodi fiscali, condannato in primo grado in un altro processo e salvato dall’immunità parlamentare dalla richiesta di arresto nel 1999. Però è un bibliofilo.

E ci domandiamo perché la sinistra ha perso? Bertinotti ha compiuto un gesto rispettabilissimo. Nelle sue dimissioni c’è tutto il dramma di non aver saputo interpretare la società. E gli altri? Quando decideranno di andarsene, di tornare nelle fabbriche se non per fare propaganda elettorale, quantomeno per lavorare? Possibilmente – ci raccomandiamo – senza “playstation”.


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