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E ora, “alliccatevi a sadda”

Alliccatevi a sadda = leccate la sardina salata. Detto siciliano, spregiativo, attribuito a chi si aggrappa disperato a qualcosa di residuale e povero.

di Sergej - mercoledì 20 novembre 2019 - 1583 letture

Con il larvale movimento delle sardine, che nei prossimi giorni vedremo quale reale consistenza abbia, “la sinistra” giovanile tornata in piazza. Dopo l’offuscamento sotto i governi “amici”, del PD, l’assenza di qualsivoglia reazione alle politiche governative; ora, dopo che il governo è passato in mani “nemiche” tornano in piazza. Finalmente un nemico. Perché la “sinistra” per smuoversi deve avere un nemico sennò sta a casa. C’è voluto un anno per capire come stavano le cose - quasi nessuna la mobilitazione sotto il breve governo DiMaio/Salvini se non l’episodica mobilitazione per la carognata fatta contro il sindaco di Riace, Domenico Lucano.

Le sardine si collocano sulla lunga fila della Pantera, Manipulite, Girotondi, No-global, del “Popolo viola”, “Se non ora quando” ecc_ da una parte; imitati e seguiti dai forconi, dai grillini ecc_. “Vocazione” mobilitazionistica della “sinistra” giovanile e giovanilistica - fatta di trentenni e di anziani “cattivi maestri” che in cuor loro si sentono ancora giovani e con i giovani stanno, e i giovani si portano appresso un po’ per pietà e un po’ perché sentono di aver bisogno di guide, cosa che del resto questi anziani proprio non riescono ad essere perché sono i sopravvissuti della sinistra più sconfitta della storia. Portatori di sana umanità rispetto a chi ha poltrone e prebende, i ragazzi li guardano con l’occhio umido e il timore di diventare "quegli altri". Lo “scendere in piazza” e “fare il corteo” come succedaneo all’atto militante e militaresco del “salire in montagna” della tradizione partigiana. La mobilitazione di piazza ha la sua data di nascita con le mobilitazioni di massa che precedono e accompagnano la nascita del movimento socialista, le rivolte per la fame (si ricordino le cannonate sulla folla di Bava Beccaris) e precedono la Prima guerra mondiale. Lì si scontrano interventisti e anti-interventisti: prima con la guerra in Libia e poi con le successive mobilitazioni del 1914 e 1915. Con la fine della guerra torna la mobilitazione, c’è il “biennio rosso” fino alla repressione sotto il fascismo quando le mobilitazioni sindacali e operaie vengono sostituite dalle adunanze fasciste. Con la guerra, la prima mobilitazione che si ricordi è la rivolta a Torino nelle fabbriche prima contro la fame e le restrizioni della guerra poi per evitare che i macchinari venissero distrutti dai tedeschi in rotta. E il movimento del “non si parte”. Finita la guerra, si comincia con i cortei della nuova Repubblica. Chi sta al potere in genere non ha bisogno di cortei, è l’opposizione che prova esibire la propria forza e il proprio consenso con la mobilitazione di massa.

Se nel 1994 ricordiamo ancora gli assembramenti davanti all’hotel, in occasione dell’uscita del potente fatto oggetto del lancio di monetine, la ricostruzione di una opposizione contro il nuovo nemico - Berlusconi - passa attraverso la grande mobilitazione a Roma organizzata dal quotidiano Il Manifesto: e già questo avrebbe dovuto suggerirci che c’era un patto di desistenza da parte del gruppetto di politici che aveva raccolto l’eredità del PCI e che aveva “cambiato nome” (e non solo), quel patto che con stupore Violante ebbe modo di rievocare in Parlamento stupendosi che Berlusconi lo avesse poi violato.

Con la repressione della Diaz a Genova viene represso per i decenni successivi il movimento no-global.

Le mobilitazioni costano e non sempre sono uno strumento efficace. Ne sa qualcosa il sindacato che ci pensa sempre bene due volte prima di organizzare qualcosa a livello nazionale. Difficilmente sono qualcosa di “spontaneo”, ma presuppongono organizzazione, soldi, energie e risorse spese. Lo si fa in genere per contarsi - far vedere a se stessi che si è ancora in vita; far vedere all’avversario scelto che si è una “forza”. È la manifestazione di una debolezza.

In questo momento la sinistra sa di essere debole, perché al potere vi sono partiti che definire centristi è una pia speranza: M5S, PD, Italia Viva sono forze di destra (anche se tiepidamente moderata). Ecco che allora si mobilita. I mestieranti della politica hanno appena confezionato il feticcio di un nuovo nemico (Salvini) e usano questo pupazzetto per cercare di unire una massa, che è divisa ed eterogenea. La mobilitazione per la difesa di Sebastopoli, di Stalingrado, ora dell’Emilia “rossa” che non è più tale da almeno un ventennio. Perché il neoliberismo alla fine è penetrato all’interno di tutte le strutture del Paese, è dentro la cultura e la società; ha ampiamente sostituito le vecchie ideologie uscite fuori dalla guerra, dopo il 1945. Sempre più i governi occidentali ragionano con un “partito unico” al potere - così come del resto è il modello vincente di Cina e Iran, di Russia e Arabia Saudita. Contro il partito unico a nulla servono le primavere arabe o gli studenti di Hong Kong.

Si attende ora l’imitazione al Sud del movimento - volenteroso ma, se non trova una sponda politica, destinato a smorzarsi davanti al prossimo polverone della macchina mediatica del sistema fuffatico dominante.


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Foto delle manifestazioni italiane del movimento ambientalista nato attorno a Greta Thunberg - 2019

Questo post nasce dalla lettura di due interventi: di Peppino Calderola su Lettera43, e Alessandro Paris su Gli Stati Generali. Sulla nascita del movimento delle sardine vedi Il Post.



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