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Diario di scuola

Recensione di "Diario di scuola" di Daniel Pennac

di Donatella Guarino - mercoledì 25 giugno 2008 - 6405 letture

Essenziale la copertina, fondamentale il libro. "Diario di scuola" di Daniel Pennac è un libro da leggere ad ogni costo. Non perché parli bene della scuola, non perché parli bene di “tre o quattro professori”, non perché è scritto bene, non perché è un libro di esperienza vissuta e quindi non inventa niente… Meglio, va letto per tutti questi motivi ma soprattutto perché dà speranza…

In una società nella quale sembra tutto andato alla malora, in cui i professori sono in toto considerati alla stregua di niente, bistrattati da alunni e famiglie, da asini (e non mi riferisco a quadrupedi) e raccomandati a tutti i costi, "Diario di scuola" appunta in forma di diario la vita di un alunno che tra paure e tentativi di farcela cade sempre più nello sconforto.

Scritto con uno stile leggero, spassoso, il libro è la riflessione di un ragazzo difficile, che va male a scuola. “E’ sufficiente un professore – uno solo – per salvarci da noi stessi e farci dimenticare tutti gli altri […]” si legge a p. 209.

Le riflessioni personali si alternano a puntualizzazioni pedagogiche.

E’ la riflessione di un insegnante, e di quanto bello e difficile sia questo mestiere. “O mia così britannica signorina G., quell’assenso silenzioso è uno dei miei più bei ricordi di professore! In Marivaux […] ho trovato la frase che dovrebbe servirle da motto: ‘In questo mondo bisogna essere un po’ troppo buoni per esserlo abbastanza’ […] (p. 208).

Fatta di frasi fatte, di ripetizione di gesti, di noia, di abitudine per molti - “qual è la differenza tra un prof e un utensile? Il prof non è riparabile” (v. p.214) - , la professione di insegnante è altro (per fortuna) per tanti.

Per tanti. Che lavorano in silenzio, che incoraggiano, che si fermano a ripetere, a capire. A spiegare una subordinata causale anche se è suonata la campana.

Nel romanzo autobiografico Pennac si sofferma su alcune analisi sociologiche. I ragazzi di oggi hanno la stessa voglia di sapere, di imparare dei ragazzi degli anni Cinquanta.

Ma sono diversi, diverso è il loro universo, diverse le classi (multiculturali). “[…]La differenza fondamentale tra gli studenti di oggi e quelli di ieri è un’altra: non portano i maglioni smessi ereditati dai fratelli maggiori […] scrive l’autore a p. 225. Ora sono le marche, i cellulari, lo scooter, ora è “nonnaccia Marketing” ad avere il sopravvento.

Nelle ultimissime pagine è pronunciata una grande verità. L’empatia, l’amore sono il nocciolo della questione, il segreto delle relazioni tra studenti e insegnanti. Ora come allora.

Non mancano i metodi, manca (scusate la parolaccia) l’amore!

Diario di scuola di Daniel Pennac – Feltrinelli 16,00 euro p. 241


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Diario di scuola
25 giugno 2008, di : Lucia

Esatto. Peccato che OVIDIO abbia scritto solo l’ars amandi e non L’ars docendi. Un messaggio a tutti gli insegnanti del sito: sappiate amare il vostro lavoro.