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C’è bisogno di parole nuove

Dietro alle parole ci sono sempre delle persone. E delle storie.

di Sergej - domenica 19 novembre 2023 - 378 letture

Le parole riflettono l’universo non solo linguistico ma sociale e concettuale in cui ci si muove. Si è sempre detto: chi conosce più parole è "avvantaggiato" perché ha un’arma in più rispetto a chi conosce meno parole. I gruppi sociali elaborano un proprio universo di parole, un universo concettuale. Attraverso questo universo filtrano il mondo, lo "interpretano" ovvero cercano di capire sulla base di una "riduzione" (la parola è riduzione, metafora, scheggia, traduzione/travisamento rispetto al reale) ciò che è e ciò che avviene o sembra avvenire. I gruppi sociali passano la propria vita a scandagliare attraverso l’apparato del proprio universo concettuale, con le parole che si hanno, il mondo. Scoprono quello che possono attraverso le parole di cui dispongono. La lingua di cui dispongono permette di scoprire cose nuove, ma nello stesso tempo - alla fine - diventa una gabbia. Un limite. Esaurito quello che è possibile eviscerare, si gira a vuoto. Per questo, a un certo punto, occorrono parole nuove. Le parole nuove sono il segno della crisi del sistema esistente, denunciano l’insufficienza dell’universo concettuale attuale. Minano il sistema, lo portano altrove. La lingua "si evolve", si dice. E noi riesaminiamo il mondo (che nel frattempo ha avuto uno scarto, è cambiato ma anche no) con nuovi strumenti, con utensili nuovi. Proviamo e riproviamo. Prima o poi troveremo la brucola che ci permetterà di stringere il mondo nella sua reale consistenza.

Oggi sentiamo il bisogno di nuove parole. Non sappiamo più come definirci: "Occidente"? "Nord del mondo"? "Europa"? "Sinistra"? "Democratici"...? Chi parla con parole vecchie non può che ribattere vecchi concetti, che possono anche non essere sbagliati, ma che comunque sappiamo non hanno funzionato. Non chiederci la parola che mondi possa aprirti... ma noi lo stesso cerchiamo di definire le cose che sfuggono, cambiano, sgusciano via come anguille e diventano evanescenti, fantasmi...

Dominque Gravili si è trovata a maneggiare una parola molto bella, una parola nuova. Artificenza. Ha qualcosa di "magnifico" (magnificenza) questa parola, lascia in bocca - quando pronunciata - un sapore buono. Abbiamo bisogno di parole nuove. Abbiamo bisogno di un mondo nuovo e migliore di quello che abbiamo costruito e che ci è dato. Siamo umani, abbiamo la parola come strumento: usiamolo per costruire nuove parole. Un altro mondo è possibile.

Prima che a cambiarci le parole sottobanco (la neolingua, quello che sta accadendo), senza che noi neppure ce ne accorgiamo, ci pensi qualcun altro.

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war quote george orwell 1984

Ps: la "brucola" è un tipo di vite, in genere esagonale; la si chiama anche "chiave a brugola". Indica uno strumento, un utensile, ben preciso: c’è dunque una parola da una parte e una "cosa" ben precisa dall’altra. Fu ideata nel 1945 da Egidio Brugola. Dietro alle parole ci sono sempre delle persone. E delle storie.

Ps2: vi invito a seguire la rubrica di Alessandra Calanchi, Binomi di parole, in cui Alessandra sta procedendo a una rimappatura, una ricoquizione ricoquitiva sulle parole vecchie che diventano nuove, o acquistano nuove sfumature cozzando le une con le altre...

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Albert Einstein - foto by Arthur Sasse, Princeton, 14 marzo 1951 -


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