segnali dalle città invisibili
  Giro87 Speciale 23 marzo
23 marzo 2002, Manifestazione a Roma: Diario di un viaggio

a cura di Angelo Luca Pattavina

L'ANTEFATTO
Il governo Berlusconi vuole cambiare l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, lasciando così libere le aziende di poter licenziare i lavoratori anche senza giusta causa.
La Cgil indice una manifestazione per sabato 23 marzo, in disaccordo con Cisl e Uil che decidono di non scendere in piazza.


Giorno 19 marzo, a 4 giorni dalla manifestazione di Roma, a Bologna viene ucciso il prof. Marco Biagi, consulente del ministero del lavoro.
I preparativi per la manifestazione di Sabato non si fermano, ma il clima cambia (vengono eliminate tutte le manifestazioni musicali collaterali) e si decide di scendere in piazza, non solo per protestare contro le riforme del governo ma anche contro il terrorismo.

L'Italia tutta risponde compatta al richiamo del sindacato.
Vengono organizzati più di 9000 pullmann, 61 treni speciali, 5 voli charter e 4 navi. Appuntamento a Roma.

Girodivite partecipa attivamente alla manifestazione e questo è il diario di viaggio dei suoi due inviati: Pattavina e Rossitto.

IL VIAGGIO
ore 15.30 del 22 marzo
Assembramento in piazza Dante a Catania. Da lì e da piazza Alcalà partono i nostri pullmann alla volta della capitale.
Alle 16.30 ci muoviamo con un sottofondo musicale ("La Locomotica", "Contessa" e tutta l'Italia del rock che fu) che sembra riportarci nel tempo che appartiene più ai nostri padri che a noi.
Tentiamo di costituire un Movimento Anarchico per la Musica Moderna (MAMM) riuscendo a coinvolgere però solo due ragazze, le uniche che nell'autobus sembrano non essere rimaste ibernate nel passato. Siamo circondati infatti da giovani della sinistra giovanile di Paternò e paesi limitrofi che non brillano certo per lucidità ed intelligenza politica e che per tutto il viaggio d'andata hanno continuato a chiederci "Che cosa siete?" e "A chi appartenete?". Purtroppo per loro non siamo riusciti ad identificarci in maniera precisa (il fatto di scrivere per un giornale non gli è sembrato soddisfacente), quindi il dubbio è rimasto fino a quando non è scesa la notte e tutti hanno cercato (s)comodamente di dormire.
Dopo due soste notturne negli autogrill di Calabria e Campania finalmente arriviamo alla meta.

LA MANIFESTAZIONE
Sono le 5.30, una parte del popolo della protesta, arrivato da tutta Italia, si ritrova alla stazione della metropolitana di Anagnina, alle porte di Roma. Da lì, lungo un sottopassaggio illuminato in maniera surreale da luci arancioni, si muove in direzione Piazza San Giovanni.

E' l'alba ma la piazza già comincia a colorarsi di rosso. Bandiere-striscioni-cappellini-casacche-fiori-foulard di tutto di più, il sindacato non ha badato a spese (forse sarà l'ultima grande uscita del suo leader, Cofferati). Giovani e meno giovani, famiglie intere, riuniti in questo giorno così importante per tutti.
Ci sono sei cortei organizzati, con partenza da altrettante piazze della capitale. Da San Giovanni parte quello principale con a capo Cofferati.

Noi ci spostiamo da un punto all'altro della città per cercare di seguire un po' tutta la manifestazione e per avere una visione più completa della situazione.
In piazza Esedra si distingue il corteo dei No-global e del Social Forum per consistenza e vivacità. Raccogliamo i commenti di Vittorio Agnoletto, Luca Casarin, e dell'onorevole Cento e poi spostandoci incontriamo il corteo dei Verdi con l'ex-ministro Alfonso Pecoraro Scanio e Grazia Francescato a capo.
Roma si tinge di rosso. Sbuca da ogni angolo un corteo e tutto va in direzione del Colosseo.

IL CIRCO MASSIMO
ore 11.00
Tutti i cortei confluiscono al Circo Massimo che diventa un unico immenso tappeto umano. In sottofondo riecheggiano le musiche e le parole del capolavoro di Benigni, "La vita è bella".
Verso le 11.30, introdotti dall'inno di Mameli, cominciano gli interventi.
Prima quello di Ludovica Modugno, attrice e speaker del giorno della Cgil, che grida i suoi "sette sì" e i suoi "sette no" alle politiche del governo.
Poi, un momento un po' più intellettuale e romantico, con la lettura di un testo di Neruda e l'ascolto dal vivo del pianoforte di Nicola Piovani (un pezzo tratto dal film "La notte di San Lorenzo" dei fratelli Taviani, e un pezzo tratto da "La vita è bella" di Benigni).
Poi è la volta, prima di Ottavia Piccolo che legge un messaggio del sindaco di Roma, Walter Veltroni, poi dell'intervento di uno studente del liceo classico di Foggia, a seguire Massimo Ghini che presenta il caso di una lavoratrice licenziata senza giusta causa e reintegrata grazie all'art. 18, poi quello di un immigrato e a concludere l'intervento del segretario della Camera del Lavoro di Bologna.
Sono quasi le 13.00.
Prima un lungo e silenzioso minuto di silenzio in memoria del prof. Biagi.
Poi l'intervento più atteso, quello del segretario generale della Cgil, Sergio Cofferati. Un intervento senza troppe retoriche, di mezz'ora circa, dall'alto di quel palco che a stento era visibile dal centro del Circo Massimo. Due i passaggi fondamentali, il primo di risposta a chi accusa il sindacato di fomentare un clima d'odio tale da portare agli atti terroristici, l'altro, più politico riaffermando quanto già detto a proposito dell'art.18, e cioè che il dialogo con il governo può ripartire solo se lo statuto non viene toccato.
Una sfida coraggiosa quella di Cofferati che, nonostante tutto e tutti, è riuscito a portare in piazza quasi due milioni di persone. Sì, le cifre tanto discusse. Tre milioni secondo gli organizzatori, 700000 secondo la questura di Roma. Onestamente pensiamo di poter affermare che due milioni è un numero che riflette di più la realtà.
Quello che più conta, comunque, al di là dei numeri, è l'unità e la solidarietà con cui le persone presenti (due generazioni) hanno manifestato. Un popolo pacifico ed ordinato, unito nella lotta per il rispetto dei propri diritti, presenti e futuri, e per il rispetto delle vite umane stroncate da un assurdo movimento chiamato terrorismo.
Questa è la vera vittoria da registrare.

IL RITORNO
ore 19.00
Appuntamento alla stazione di Anagnina per ripartire alla volta della Sicilia.
Sull'autobus ritroviamo i nostri "compagni" di viaggio. Riprendono le discussioni politico-popolari che ci avevano tenuti accesi all'andata. Con una piccola variazione, adesso ci hanno identificato, non so come, non so perchè. Scopro che siamo comunisti, forse no-global, forse anarchici, non so bene. Siamo accusati di essere troppo retrogradi, di non riuscire a far guardare avanti il paese. Continuiamo a non capire, ma forse era la stanchezza. Meglio dormire. Per quel che si può.
E magari sognare di vivere in un paese in cui non ci siano più né i democristiani, né i diessini, e neanche i fascisti e i comunisti. Il posto delle fragole. O il paese delle banane.

Il Progetto
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