ROMA - "Ho bisogno di bere qualcosa.
Un bar. Ci sarà un bar qui vicino".
Piazza delle Cinque lune, via dei Portoghesi. Nanni Moretti
cammina svelto
dentro al suo loden, si volta appena quando lo chiamano
per dirgli "bravo,
hai fatto benissimo". Sì grazie, sì sì.
Più svelto ora, in un vicolo buio.
Ha appena finito di dire, dal palco di piazza Navona: "E'
stata una serata
inutile, con questi dirigenti non vinceremo mai", parlava
a Rutelli e
Fassino, in piedi dietro a lui.
Ci vorranno generazioni prima che il centrosinistra
torni a vincere", gli
ha detto. Li ha lasciati secchi, bianchi come fantasmi,
a balbettare: "E'
un intellettuale, non è un politico, è libero
di dire quel che vuole". Ha
le labbra bianche anche lui. "Scusa, sono un po' agitato.
Non sono
abituato, non mi rendo nemmeno bene conto di quel che è
successo. E'
successo, così. No, no, non ero arrabbiato. Ero stupefatto,
poi ero sul
palco, poi ho parlato. Ho parlato molto?". No, non
molto, due minuti. "E
cosa ho detto esattamente?". Chiede sul serio? "Sì,
bisogna che chiami
qualcuno che era in piazza e mi faccia raccontare com'è
andata". Glielo
racconto io, se vuole. "Sì, racconta. Come fosse
un film".
Come un film, certo. E' andata così.
La manifestazione era finita. Era
durata due ore e non c'era tanta gente. "Eh certo,
lo vedi come fanno le
cose? Hanno detto alle tre in piazza Farnese, poi alle cinque
in piazza
Navona. Io l'ho saputo per caso, all'ultimo minuto, che
era alle quattro".
Insomma, c'erano quattrocinquemila persone. Hanno applaudito
molto quel
professore di Firenze, "il geografo", sì
Pardi, il geografo, poi Bachelet,
"bravissimo Bachelet", sì, Bachelet, poi
Sylos Labini. Dopo hanno parlato
Fassino, e Rutelli. "Come no, non ci potevo credere.
Sembrava che fossero
arrivati in quel momento, che non avessero sentito niente
prima. Ma come,
dico, si fa un po' di autocritica, si ricomincia a discutere,
una boccata
d'ossigeno, persone, persone normali che dicono cose di
buon senso, la
piazza applaude e respira e tu non li ascolti? ti metti
lì e fai il
discorsetto che ti eri scritto prima? Almeno cambialo, il
discorsetto".
Ecco, appunto. E' successo così. Nando Dalla Chiesa
ha detto: c'è qui Nanni
Moretti, ci fa un saluto. La gente stava già andando
via, si è fermata, è
tornata indietro. "Adesso dice qualcosa di sinistra",
ha riso una ragazza
mentre saliva in piedi su una panchina per sentire meglio,
per vedere.
Allora lei, Moretti, è andato al microfono e ha detto,
per prima cosa: "Ho
avuto qualche momento di ottimismo, oggi pomeriggio",
Rutelli ha sorriso,
era proprio dietro a lei, a sinistra, "poi ho sentito
gli ultimi due
interventi e ho pensato: no, anche questa è stata
una serata inutile". Si è
fatto silenzio. Fassino è indietreggiato: era proprio
sotto la U della
scritta "la legge è uguale per tutti".
Lei diceva: "Ci vorranno 2 o 3
generazioni prima che si vinca di nuovo, con questi dirigenti
non vinceremo
mai", e li ha indicati col braccio. D'Alema è
andato verso le scalette. "Ho
detto tre o quattro generazioni, non due o tre. Poi che
altro?". Poi ha
detto: "La burocrazia che sta alle nostre spalle non
ha capito nulla. Ci
aspettavamo un'autocritica degli errori. Comunque sono contento
si aver
sentito qui in questa piazza il nuovo leader dell'Ulivo".
Ha detto così.
"Il geografo, intendevo. Ho sentito
che si chiama Pancho". Pancho quando
stava in Potere Operaio, si chiama Francesco. Sempre il
geografo comunque,
e allora Rutelli ha cominciato a scuotere la testa, ha abbracciato
Albertina Soliani, quella signora bionda accanto a lui,
l'ha vista? "No,
non mi ricordo. Poi ho finito, no?". Quasi. Prima ha
parlato di Emilio
Fede, ha detto "la sinistra sbaglia a pensare che sia
comico, Fede è un
violento come gli squadristi che c'erano negli anni '50
'60 e '70", poi di
Berlusconi, "ha fatto il pieno nel suo elettorato perché
i voti se li
compra attraverso le televisioni non se li guadagna, l'Ulivo
l'ha fatto
vincere con una campagna elettorale timida", poi di
Bertinotti. Ha detto
"io voto Ds", "sì l'ho detto: voto
Ds", ecco, e ha detto anche "io non
riesco a parlare con Rifondazione, proprio non ce la faccio,
ma loro sì,
loro ci devono parlare, è il loro mestiere. Lo devono
fare bene, il loro
mestiere. E invece non sanno parlare al cuore, né
alla testa, né all'anima
della gente. Devono ascoltare, se no non vinceremo mai.
Facciamo che non
sia stata una serata inutile". Poi ha fatto un gesto
con la mano, un
saluto, e tutti in piazza urlavano, e applaudivano. "Una
liberazione,
bravo, finalmente", urlavano così. Li ha sentiti?
"No. Cioè sì, uno mi ha
detto di Tafazzi". Il comico, Tafazzi, quello che si
bastona fra le gambe:
era una critica.
Gliel'hanno detto mentre scendeva le scalette
del palco. Le ha scese
insieme a D'Alema ma non vi siete salutati. "Non l'ho
visto". Era proprio
accanto a lei. "Non l'ho visto. Cosa prendi da bere?
Posso avere una Coca?
Scusa, bisogna che mi riprenda un momento". Tavolino
in via dei Portoghesi.
Passa il portavoce di Fini, Salvo Sottile. Passa una signora
bionda.
"Bravissimo, Moretti, ma come ha fatto a parlare, lei
che è così timido?".
"Eh, si vede che proprio non ho resistito". Un
sorso di Coca. "No, non fumo
grazie. Capisci, quel professore ha fatto un discorso bellissimo,
semplice,
non demagogico non pomposo. Non come Cossutta che ha alzato
la voce sul
finale, urlando: "L'unità, l'unità della
sinistra", la retorica dei comizi
per prendere gli applausi. No, quello ha detto delle cose
semplici: che la
Bicamerale è stata un errore, che la legge sul conflitto
d'interessi si
doveva fare, l'hanno applaudito venti volte e quelli che
erano lì dietro
sordi. Bachelet. Bachelet è andato a dirgli: "Ci
avete fatti stare zitti
dopo il '96, ci avete detto non siamo in America la politica
la fanno i
partiti, e poi ecco dove siamo". Ma lo hanno sentito,
Bachelet?". La
politica dei partiti è il loro mestiere, però.
"Certo che è il loro
mestiere, ma bisogna che lo sappiano fare. Io devo e voglio
stare a sentire
chi mi fa delle osservazioni sul mio lavoro. Tu scrivi articoli,
io faccio
film, loro fanno politica di professione. Ma non la sanno
fare. Non fanno
bene il loro mestiere. Erano imbarazzati e imbarazzanti,
inadeguati. Ecco
cosa sono: inadeguati. Questi dirigenti dell'Ulivo che si
fanno dare i
calci in bocca, credono nel Costanzo...". Lo show?
"Il Costanzo show. Ma io
conosco deputati che sono stati eletti senza andare da Costanzo.
Non ce ne
è bisogno. Guarda, io non sono stato mai un mistico
della società civile,
della "base", mai, nemmeno negli anni Settanta,
ma dico però: se sbagli,
stai a sentire quello che ti dice chi ti vota".
Parla di sé? "Ma no, dico gli
elettori. Poi anche io, certo. Se leggo un
libro, se vedo un film che non mi piace lo dico. Se sento
un leader del
partito per cui voto che sbaglia devo essere libero di dirgli:
sbagli, e
quello deve ascoltare. Sennò rivinciamo fra 15 anni".
Tre o quattro
generazioni. "Ecco, appunto. Io c'ero in piazza quel
lunedì sera, dopo la
vittoria di Veltroni. Avevano portato il vecchio Foa sul
palco, a fargli
fare il bel discorso sull'unità, bello, poi il giorno
dopo, il martedì,
erano lì a litigare sui presidenti di commissione.
Ma come si fa? Ma ci
meritiamo questo spettacolo? Non dico che la vittoria di
Berlusconi sia
colpa loro, ma le dimensioni della vittoria sì. Ci
voleva il premio di
maggioranza, si sa. Senza quello nella migliore delle ipotesi
si andava al
pareggio, e non ci siamo arrivati. Ma le leggi, diceva il
geografo, le
leggi perché non le hanno fatte quando governavano?
E' da qui che si deve
ripartire, dagli errori. Non come dice Di Pietro: il passato
è passato. No,
perché sennò rifate lo stesso. Quelle tre
leggi, l'antitrust, il conflitto
d'interessi, la riforma della giustizia: andavano fatte.
E poi le
rogatorie, le potevamo ratificare, non l'hanno fatto per
sciatteria. Poi
così ci ha pensato Berlusconi alle rogatorie, molto
bene no? Io non credo
nemmeno nei complotti, non sono nemmeno... com'è
quella parola che usate
sui giornali... quelli che pensano dietro... quella brutta
parola". Un
dietrologo. "Ecco, no. Non lo sono. Penso che siano
sciatti e incapaci. Che
non ascoltino, e che non sappiamo parlare al cuore e alla
testa della
gente". Sì questo glielo ha detto in faccia:
né al cuore, né alla testa, né
all'anima. "Ecco. Perché a me dispiace, proprio
non ce la faccio a vedere
questo spettacolo, come ci siamo ridotti. Qualcuno lo deve
dire, no? Ora
basta comunque. Io politica non la faccio non la so fare.
Non parlo più,
stasera è andata così, e basta. Non so nemmeno
com'è successo. Anzi guarda,
vado a fare due passi, scusa sai. Devo fare qualcosa per
lo stomaco". Sì,
lo stomaco. "Allora vado. E' che è stato un
colpo, sai, anche per me. Una
sorpresa". Certo, una sorpresa. Un bel colpo per tutti.