Giro83
/ Movimento Patrice Lumumba, protagonista dell'indipendenza
del Congo, ucciso 41 anni fa di Tonino Bucci (Liberazione,
17 gennaio 2002)
«E venne il giorno in cui comparve
il bianco/ Fu più astuto
e cattivo di ogni morte, / barattò il tuo oro/ con
uno
specchietto, una collana, ninnoli, / e corruppe con
l'alcool i figli dei fratelli tuoi/ e cacciò in prigione
i
tuoi bimbi. / Allora tuonò il tam-tam per i villaggi/
e gli
uomini seppero che salpava/ una nave straniera per lidi
lontani/ là dove il cotone è un dio, e il
dollaro è imperatore».
Sono i versi di un figlio dell'Africa che oggi rischiano
di
cadere nell'oblio per una damnatio memoriae che inghiotte
i
simboli del Novecento. Persino i miti come Patrice Lumumba,
l'eroe africano, il simbolo della lotta contro
l'imperialismo e della liberazione dei popoli dal
colonialismo.
E' il 17 gennaio 1961 quando Lumumba, dopo
il
raggiungimento dell'indipendenza del Congo, viene
assassinato insieme ad altre due personalità dello
Stato
congolese. Tagliato a pezzi e dissolto nell'acido
solforico.
«Patrice Lumumba aveva trentacinque
anni. Questo è uno dei
motivi per cui la sua storia non può essere lunga
da
raccontare. Ma c'è anche un altro motivo, ed è
che, fino a
pochi anni fa - scriveva Romano Ledda su un numero speciale
della rivista "Perché i giovani sappiano"
del 26 febbraio
1961 - egli era soltanto uno dei tredici milioni di
congolesi condannati dai padroni bianchi del loro paese
alla miseria, all'ignoranza e allo sfruttamento, senza una
storia che potesse essere scritta sui giornali di quei
padroni. Lumumba, però, era più intelligente
e più
coraggioso degli altri. Figlio di poveri contadini della
tribù Balatele (nel Kasai settentrionale) era riuscito,
malgrado ciò, a studiare fino ai limiti posti ai
ragazzi
negri dalle leggi dei bianchi e aveva ottenuto a
Stanleyville un impiego in un ufficio postale».
Come spesso è accaduto per molti dirigenti dei movimenti
di
indipendenza africani, il primo passo compiuto da Lumumba
è
il superamento delle divisioni tribali e la scelta del
nazionalismo come terreno della lotta per l'indipendenza.
I
belgi costruiscono il proprio sistema di dominio facendo
leva proprio sulle rivalità tra gruppi tribali e
religiosi.
Quale fosse il segno del colonialismo belga risulta fin
troppo chiaro da un ritratto letterario di Mark Twain, Il
soliloquio di re Leopoldo: «E' vero: ho regnato come
sovrano assoluto di uno Stato ricchissimo..., sbarrando
le
porte a tutti i commercianti stranieri fuorché a
me stesso,
appropriandomi di tutti i profitti attraverso concessioni
a
persone che altro non sono se non miei fantocci,
impadronendomi del Congo e tenendomelo come mia proprietà
personale, considerando le sue sconfinate ricchezze come
"refurtiva" mia - mia, soltanto mia - trattando
la
popolazione del Congo come mia proprietà privata,
come miei
servi, miei schiavi: il loro lavoro è mio, con o
senza
stipendio, come piace a me». Le chefferies, le consulte
che
raggruppano le autorità locali tradizionali sono
utilizzate
dai colonizzatori come agenti di repressione e di
reclutamento di lavoro.
A usufruire della manodopera coatta sono
le piantagioni
statali belghe dove vige la coltivazione forzata, e le
grandi concentrazioni monopolistiche, come ad esempio
l'Union Miniere per l'estrazione mineraria nel Katanga.
Allo sfruttamento di forza lavoro si accompagna
l'imposizione di monocolture, come il caucciù, in
vaste
aree del paese, non prima di aver espropriato le terre che
prima appartenevano alle comunità locali. Una massa
di
proletariato rurale è pronto a lavorare sotto salario.
Se
non che lo stesso nazionalismo si rivela uno strumento
insufficiente senza un'analisi dello sfruttamento economico
dei paesi africani in generale e senza una politica di
emancipazione dalla miseria.
E' la critica all'imperialismo a spingere
Lumumba alla
svolta marxista che avviene dopo la sua partecipazione alla
Conferenza panafricana del 1958 ad Accra. In questi anni
di
attività politica Lumumba si dedica soprattutto
all'organizzazione della lotta per l'indipendenza ed è
instancabile figura di educatore.
La sua vita, come quella di tanti altri rivoluzionari del
Novecento, è costellata di persecuzioni e arresti.
Nel dicembre del 1959 una grande folla si riunisce per
ascoltare le sue parole, in occasione del congresso del
Movimento nazionale congolese a Stanleyville. Scatta la
repressione, la polizia belga spara tra la gente. Trenta
congolesi rimangono uccisi e Lumumba viene arrestato come
responsabile degli incidenti, condannato a dieci anni di
carcere. Il mese successivo migliaia di neri sfilano per
le
strade di Leopoldville, disarmati. Questa volta le vittime
sono settecento.
«I nostri nemici - scrive Lumumba dal
carcere - sono i
colonialisti, coloro che dividono i ricchi guadagni delle
società coloniali. Partigiani dell'amicizia tra i
popoli,
noi proveremo domani che non siamo dei razzisti e degli
antibianchi. I razzisti, di qualunque parte siano, neri
o
bianchi, non sono che degli idioti».
Nel febbraio 1960 il Belgio scende a patti e convoca a
Bruxelles una tavola rotonda di tutti i partiti congolesi
per discutere dell'indipendenza. Lumumba viene liberato.
A
lui va la maggioranza parlamentare nelle elezioni che si
tengono dopo la tavola rotonda.
L'indipendenza è ormai conquistata, la proclamazione
ufficiale è del 30 giugno 1960. Lumumba, nominato
primo
ministro, decide come primo atto di governo di
riportare sotto la piena sovranità del popolo congolese
le immense ricchezze
del paese fino ad allora spoliate dai colonizzatori.
Inutile aggiungere che
la nuova politica mette in allarme tutte le potenze occidentali,
in primo luogo
il Belgio che sperava di mantenere il controllo delle risorse
economiche. Sono
in gioco gli interessi delle concentrazioni monopolistiche
come l'Union
Miniere, controllata dai belgi ma anche da inglesi e francesi.
I servizi segreti dei tre paesi più gli Usa scrivono
il nome di Lumumba in
cima alla lista nera e attivano una rete di mercenari, collaboratori,
killer per
uccidere il dirigente, e per favorire disordini e secessioni.
E puntualmente espode una rivolta nella regione mineraria
del Katanga. Moise Ciombè, uomo
di fiducia dell'Union Miniere, Joseph-Desirè Mobutu,
alto ufficiale di polizia
e futuro despota dello Zaire, Joseph Kasabuvu, presidente
del parlamento: sono
i nomi più noti degli assoldati dalla Cia. A Leopoldville
calano i "paras"
belgi con il pretesto di riportare l'ordine in un paese
troppo
"filosovietico".
Con l'acqua alla gola Lumumba si rivolge
all'Onu e chiede
l'invio di truppe per difendere l'integrità nazionale.
Ma è
un'illusione. Gli ufficiali Onu, corrotti dalla Cia, usano
i caschi blu per controllare e isolare Lumumba e, infine,
per ucciderlo. Da Madeleine Kalb (Congo cables, McMillan
1982) a J. Claude Willame, esiste una vasta letteratura,
ormai, sulle implicazioni della Cia, del governo belga e
della Francia di Charles De Gaulle nella faccenda. A
settembre giunge il colpo di stato del colonnello Mobutu,
con i soldi americani e la protezione dell'Onu che si
schiera a suo favore. Lumumba fugge, ma il 2 dicembre viene
catturato. Lo attende, il 17 gennaio, un plotone
d'esecuzione comandato da un belga, a cinquanta chilometri
da Ciombè, nel Katanga. Torturato, assieme ai due
compagni
Mpolo e Okito, crivellato dalle pallottole, fatto a pezzi
con un'ascia e dissolto nell'acido solforico.