Giro83
/ Movimento Appello per modificare il codice militare
di guerra documento a cura di Elettra Deiana (Capogruppo
PRC Commissione Difesa della Camera)
La guerra genera mostri e, nell'epoca delle
"Libertà infinite" e delle
giustizie senza confini di tempo e di luogo, rischia di
produrre guasti
inenarrabili, di non conoscere limiti di sorta. Siamo alla
fase della più
completa destrutturazione della Costituzione attraverso
l'attivazione di un
processo di banalizzazione della Carta del '48. La Costituzione
c'è ma è un
optional, una norma tra le tante che non costituisce nessun
vincolo. La
partecipazione di un corpo di spedizione italiano alla cosiddetta
guerra
contro il terrorismo, in realtà in tutto e per tutto
guerra contro
l'Afghanistan e contro la popolazione civile di quel Paese,
è stata così
accompagnata da una rilevante e negativa novità,
sotto il profilo normativo.
Per la prima volta, dal 1945, nell'ordinamento giuridico
italiano è entrato
di nuovo in vigore il Codice penale militare di guerra.
Mentre per tutte le
precedenti missioni all'estero compiute dalle forze armate
italiane, dalla
guerra del Golfo, all'intervento in Somalia, a quello in
Bosnia e a quello
nel Kossovo, è stata sempre emanata una norma speciale
che, in deroga a
quanto previsto dall'art. 9 del Codice penale militare di
guerra, prevedeva
che alla missione militare italiana all'estero dovessero
applicarsi le norme
del codice penale militare di pace. Molti giorni dopo il
voto del Parlamento
sulla partecipazione italiana, è stato emanato un
decreto legge (1° dicembre
2001 n. 421), recante norme urgenti per la partecipazione
di personale
militare all'operazione multinazionale denominata "Enduring
Freedom". Che
prevede che al "Corpo di spedizione italiano"
si applica il codice penale
militare di guerra, con esclusione delle disposizioni di
natura processuale.
Nello stesso giorno il Governo ha presentato al Senato un
disegno di legge
(S 915) avente ad oggetto modifiche al codice penale militare
di guerra.
Tali modifiche si riducono a ben poca cosa e lasciano interamente
in piedi
l'impianto normativo e ideologico del codice penale militare
di guerra, ivi
compresa la giurisdizione dei Tribunali speciali militari,
che invece il
decreto legge ha disapplicato, considerandola incostituzionale,
e tuttavia
introducono due peggioramenti significativi. Il primo è
che viene ampliata
la portata dell'art. 9, prevedendo che in caso di missioni
all'estero (anche
in tempo di pace), le disposizioni del codice penale militare
di guerra si
applicano non solo al Corpo di spedizione, ma anche al personale
militare
che svolge compiti di supporto nel territorio nazionale.
Il secondo è che
viene reintrodotto il cosiddetto "reato militarizzato",
vale a dire una
disposizione che sottopone alla competenza dei Tribunali
militari i reati
comuni commessi dai militari, che nell'ordinamento italiano
era stato
cancellato nel lontano 1956. Peraltro il "reato militarizzato"
viene
introdotto con una ampiezza molto più estesa di quella
vigente durante la
seconda guerra mondiale. Non è un caso che il disegno
di legge per la
conversione del decreto legge Enduring Freedom ed il disegno
di legge per le
modifiche al codice penale militare di guerra siano stati
presentati
contestualmente, in quanto sono funzionali l'uno all'altro
ed esprimono un
unico indirizzo che punta al recupero ed alla riutilizzabilità
ordinaria
delle leggi di guerra di cui la storia si era vergognata
per il loro carico
di tragiche assurdità. La cultura e la logica della
guerra sono infatti
inesorabili, invadono il cuore e le menti non solo degli
addetti ai lavori
ma, a lungo andare, della stessa società civile,
che rischia di rimanere
inerte di fronte all'accumularsi una sull'altra di tutte
le possibili
violazioni della legalità costituzionale. Il Codice
penale militare di
guerra risale al 1941, in piena guerra fascista e ben prima
della
Costituzione. E' rimasto là per decenni perché
l'Italia si era sottratta
costituzionalmente al ricorso alla guerra mettendone in
Costituzione il
ripudio. Oggi, ripudiato l'articolo 11 e violate tutte le
regole del diritto
internazionale. Rispunta non a caso un codice solo all'apparenza
di altri
tempi. I tempi sono quelli della guerra, quindi attualissimi.
Ben lo sanno i
ministri Martino e Castelli, presentatori del disegno di
legge 914. Sono
entrambi consapevoli che il loro Disegno di legge è
in contrasto con la
Costituzione. Lo ammettono nella loro relazione ma vanno
avanti. La
Costituzione? Carta straccia. Quello che appare assolutamente
inaccettabile
è il fatto che, seppure introducendo delle limitatissime
modifiche
migliorative, il disegno di legge di riforma del codice
penale militare di
guerra, ne lascia sostanzialmente immutato l'impianto ideologico
e culturale
e l'ispirazione di fondo, malgrado la palese incostituzionalità
e inciviltà
di tale ordinamento. Per di più il disegno di legge,
riconfermando ed
ampliando la portata dell'articolo 9 fa si che l'applicazione
dell'ordinamento militare di guerra diventi un fatto usuale,
se non di
routine, ove si consideri che le Forze armate del nostro
paese sono
impegnate in numerose missioni militari all'estero. In questo
modo viene
rilegittimato l'intero impianto del Codice, e viene dato
di nuovo vigore a
norme estremamente pericolose per la vita democratica ed
inammissibili dal
punto di vista costituzionale, come l'art. 5, che dà
al Governo la facoltà
di dichiarare applicabile le legge penale militare di guerra
anche in tempo
di pace, o l'art. 10, che prevede l'applicazione della legge
penale militare
di guerra ad operazioni militari per motivi di ordine pubblico.
Per non
parlare delle norme che cancellano il diritto al dissenso
e ad una
informazione non addomesticata, come l'art. 76 che punisce
la divulgazione
di notizie diverse da quelle ufficiali, o l'art. 80 che
punisce la
pubblicazione di critiche o scritti polemici sulla guerra
o l'art. 87 che
punisce la denigrazione della guerra. Viene inoltre riconfermata
la validità
di una giurisdizione speciale, i cui giudici sono privi
di ogni elementare
requisito di indipendenza ed imparzialità e le cui
sentenze non sono
ricorribili in Cassazione.
Forum delle donne di Rifondazione comunista
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