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Giro81 / Zoom / festa di Lapis
Lillo Venezia: trent'anni di carta

Intervista a cura di Alex Calleri

Vogliamo iniziare a ripercorrere le tue esperienze editoriali, partendo dalla stagione del "Male"

Stiamo parlando della fine degli anni settanta, del settantasette in particolare. In quel periodo collaboravo come giornalista presso il quotidiano "Lotta Continua", un'esperienza anche quella davvero molto importante perché espressione diretta di quegli anni duri e contraddittori in cui il livello dello scontro politico e anche quello della militanza erano sonoramente avvertiti. Tutto fino a quando non mi venne proposto di metter su una nuova esperienza editoriale che trattasse della società guardando da un punto di vista veramente particolare, la satira. In quegli anni il panorama editoriale italiano era veramente povero e non credo che esistessero, allora più di adesso, iniziative giornalistiche davvero indipendenti e capaci di offrire punti di vista "alternativi" alla solita coralità dei giornali che, nonostante alcune differenze nel linguaggio, riportavano, tutto sommato, le stesse cose.

Allora possiamo dire che nasce la "satira" in Italia?

Non voglio assolutamente dire che la satira come strumento espressivo nasce con e grazie al "Male", ma, ed è un dato di fatto, fino a quel momento l'importanza data dagli editori ai fumettisti ed illustratori era sostanzialmente inesistente. Forse questo è anche uno dei motivi di successo del "Male" che, proprio per il suo linguaggio assolutamente innovativo, quello satirico dei fumetti e delle vignette, riusciva facilmente a identificarsi con le esigenze di una buona fetta della popolazione italiana che, stanca di leggere sempre le stesse cose, scritte spesso in un linguaggio articolato e difficile, si affezionò subito al giornale sin dalle prime uscite, facendo in modo che ogni tiratura andasse pressoché esaurita.

Nasce un caso "editoriale", una voce fuori dal coro?

Beh, diciamo che l'attenzione ricevuta dal Male non poteva passare inosservata, anche perché rappresentava un'esperienza assolutamente indipendente, e questa era la vera forza del giornale. Ovviamente la presenza dei migliori illustratori italiani quali Jacopo Fo, Andrea Pazienza, Angese e molti altri, che allora iniziavano a muovere i primi passi, e, quindi, la conseguente qualità delle illustrazioni di cui potevamo disporre, ci catapultò addosso molte attenzioni, positive e negative, una normale conseguenza di ogni cosa.

Rileggendo appunti sparsi sulla storia de "Il Male" ho notato che siete stati oggetto di "censura" in più di un'occasione; come vi ponevate verso questo problema?

(sorride)… Guarda. ehm... la censura era per noi una cosa un po' strana, davvero. Il Male aveva una tiratura da permetterci di avere una buona distribuzione, ma sicuramente non potevamo permetterci il lusso di avere rese, capirai…. Quindi non appena il Male usciva e arrivava presso le edicole veniva spesso esaurito in tempi davvero brevi. Conseguentemente all'uscita, il giornale arrivava sul tavolo di "qualcuno" che, quasi regolarmente, presentava delle denunce contro. Ora col passare del tempo si venne a configurare una situazione assolutamente paradossale. I carabinieri, quando andavano nelle edicole e presso la distribuzione per bloccare le vendite, difficilmente riuscivano a trovare copie disponibili, quindi non potevano far altro che andar via e lasciar stare. Ti assicuro che questo avveniva spesso, anzi, gli stessi carabinieri si erano stufati di questa situazione al punto che, dopo le prime volte che ciò accadde, e a seguito di nuovi esposti, non ci facevano neanche un pallido tentativo di provarci; forse si rendevano conto anche loro dell'assurdità della situazione. Fatto sta che il giornale arrivava regolarmente in edicola, anzi spesso erano necessarie ristampe, talmente era forte la richiesta.

Rappresentavate molto bene le esigenze del lettore italiano, come si concluse quell'esperienza e perché?

Come ti dicevo prima, in quegli anni la satira ed il fumetto non godevano di particolare attenzione presso i quotidiani nazionali, gli editori consideravano uno spreco lasciare spazio alle vignette. La situazione iniziò pian piano a cambiare, in seguito all'esperienza del Male. Si iniziarono a vedere sempre più illustrazioni sui giornali e in varie altre pubblicazioni, segno che avevamo fatto breccia nel panorama editoriale italiano di quell'epoca. La maggior parte delle illustrazioni che iniziarono a comparire sui giornali di allora era prodotta da autori che provenivano dal Male. Quello era il periodo della formazione dei grossi gruppi editoriali che potevano disporre di risorse molto superiori alle nostre, permettendosi di pagare anche profumatamente gli autori che disegnavano per loro. Quindi, fra le numerose vignette che ogni autore produceva settimanalmente, le migliori venivano date agli altri giornali e poi, sul Male, insomma, iniziarono ad arrivare "gli scarti". Poi oltre ciò, che rimane comunque uno dei motivi principali della fine di quell'esperienza, è chiaro che anche la creatività espressa in quegli anni dagli "indiani metropolitani" andava pian piano scemando, e anche il Male, in questo senso, visto che era espressione e punto di riferimento di quegli anni, così come il quotidiano "Lotta Continua", si avviava man mano a chiudere la propria esperienza.

Il Male si chiude, se non sbaglio, nell'82, sicuramente il primo tratto di creatività all'interno del panorama editoriale Italiano, ma la tua esperienza non finisce qui, anzi. Dopo la parentesi romana ritorni a Catania e, poco dopo tempo, ti ritroviamo protagonista di uno nuovo progetto editoriale non meno difficile ed impegnativo; sto parlando de "I Siciliani" di Giuseppe Fava, ti imbarchi in una nuova esperienza.

Il motore di tutta quell'esperienza è stato indubbiamente Giuseppe Fava, dopo gli anni difficili passati come direttore al Giornale del Sud. Molti giornalisti giovani come Riccardo Orioles, Claudio Fava, Roccuzzo, Michele Gambino, Rosario Lanza, Eliano Brancati, Nello Pappalardo, accettarono la strada che indicava Giuseppe Fava. Bisogna sottolineare che Fava era un uomo molto forte, prima di essere un bravo giornalista per cui, da parte nostra, c'era la massima disponibilità nei suoi confronti, sia per le idee che aveva, che per ciò che voleva fare; i Siciliani sono quindi una diretta espressione di questo carattere. Noi, io in prima persona, abbiamo accettato di seguire una strada che era molto difficile e piena di ostacoli. Lo stesso assassinio di Fava è stato emblematico, poteva immediatamente creare difficoltà al giornale e provocare la sua non più uscita. Però, nonostante tutto, si decise, con una forte dose emotiva di continuare finchè si riuscì a tenere in piedi il giornale. "I Siciliani" ha rappresentato una pietra miliare nella lotta contro la Mafia, ma non solo nella lotta contro la Mafia, ma anche su altri argomenti come la qualità della vita, l'ambiente, temi che in quel periodo stonavano rispetto al panorama editoriale esistente in Sicilia. Per me personalmente, aver conosciuto Fava mi ha emozionato molto, avendo avuto anche la fortuna di avere un rapporto particolare con lui. Parlavamo molto, andavamo spesse volte assieme nei viaggi ed in molte altre occasioni. Quindi, dopo il suo omicidio, ci è venuto a mancare qualcosa, la cerniera che teneva in piedi tutto; però siamo riusciti ad andare avanti. Il giornale "I Siciliani" ha rappresentato un punto di riferimento per chi vedeva nella lotta contro la mafia la priorità in Sicilia. Nello stesso tempo, bisogna pur dire che quel movimento che si cercava di stimolare, non è stato in grado di supportare e mantenere quell'esperienza. Le divisioni sorte all'interno del fronte antimafia hanno fatto sì che esso si indebolisse pesantemente. Ovviamente anche il giornale ne risentì fortemente; le vendite non erano più quelle che erano all'inizio, l'attenzione veniva a scemare. Questa, oltre alla causa economica ovviamente, è stata la causa della chiusura de "I Siciliani". Comunque un'esperienza che ha segnato molto la mia vita.

La "nota stonata" "I Siciliani", faceva breccia all'interno del panorama giornalistico siciliano, rappresentava un'avanguardia anche sul piano nazionale. Come è cambiato secondo te il giornalismo in Sicilia in seguito a quell'esperienza, se è cambiato?

Appunto, se è cambiato. I giornali siciliani, parlo dei tre quotidiani, non credo che abbiano cambiato molto. Sicuramente qualche attenzione in più rispetto al problema Mafia c'è stata e c'è, però l'informazione è cessata in Sicilia, perché i tre quotidiani non offrono alternative, né la società civile ha capito che era importante muoversi per creare una nuova prospettiva. Il Giornale del Sud, così come lo faceva Fava, poteva essere un'alternativa, ma anche lì, dovette subire molti boicottaggi. La proprietà non era "sensibile" agli articoli e alle inchieste che Fava faceva, per cui anche quell'esperienza andò a morire. Però ciò che mi preme sottolineare è il fatto che in quegli anni la società civile non ha capito che bisognava creare un'alternativa dal punto di vista dell'informazione, o comunque, se non lo capiva, non si pose realmente il problema di cercare di fare qualcosa di concreto. Al di là dei numerosi convegni e tante chiacchiere l'unica cosa concreta erano "I Siciliani". "I Siciliani", dopo la morte di Fava, hanno sì avuto la solidarietà delle istituzioni e altri soggetti, ma è durata il tempo di un fiammifero, facendo le dovute proprorzioni. Dopodiché tutto è tornato a quello che era anti-Fava. Lo dico in modo abbastanza crudo ma, realmente questo è stato. Siamo sostanzialmente rimasti soli, dovevamo mandare avanti un giornale con i pochissimi mezzi a nostra disposizione, fino a quando non abbiamo dovuto chiudere. Anche la chiusura è passata sotto silenzio.
Da qui voglio collegarmi a tutti i tentativi fatti in seguito per far rinascere i Siciliani; tutti, a mio avviso, molto deleteri, perché non avevano nessuna base concreta e servivano solamente, forse, a far andare avanti alcuni personaggi che avevano fatto I Siciliani. Il solo sentire per alcuni anni che "I Siciliani" usciva addirittura come quotidiano è stato davvero deleterio, frustrante, credo che abbia incrementato ancora di più, quel senso di debolezza che avvolgeva la società civile.Non so se si riuscirà mai a creare un'alternativa, che non deve essere un'alternativa contro La Sicilia, Il Giornale di Sicilia o La Gazzetta del Sud, questo sarebbe uno sbaglio, ma è chiaro che c'è bisogno di un'informazione più libera che parli di cose che la gente non riesce a leggere su questi quotidiani. Ci sono altre esperienze significative, in Sicilia ed in giro per l'Italia, che però guardano più ad un'elite che alla società in quanto tale. Non so realmente a cosa possono servire esperienze del genere.

Qualcuno da ricordare, qualche compagno di viaggio che ti piacerebbe rivedere?

Hai ragione, prima che lo dimentico. Mi piace ricordare l'amico e compagno Riccardo Orioles perché credo che sia l'unico "fedele" all'idea originaria tutt'ora e che continua a lavorare cercando di portare avanti quest'idea da solo, purtroppo accompagnato da mille difficoltà. Riccardo avrebbe potuto scegliere di lavorare con grandi giornali, infatti, nonostante sia un giornalista eccezionale, molto creativo, ha fatto una sua scelta di vita, a differenza di altri che hanno intrapreso strade diverse a costo, credo, di molti compromessi. Io non so se ha ragione Riccardo o gli altri, però, mi sembra giusto ricordare che Riccardo Orioles è ancora così com'era ai tempi dei Siciliani.

Mi viene in mente una parola difficile da trovare oggigiorno, "coerenza", è molto bello quello che hai appena detto. Ti immagino camminare per le vie di Catania con un grosso bagaglio emotivo ed esperienziale alle spalle, anni di silenzio giornalistico fino a quando, circa undici anni fa nasce Lapis, appare un piccolo foglio di informazione a Catania.

Finita l'esperienza "Romana", finita l'esperienze "Catanese", ho passato alcuni anni in cui mi sono occupato d' altro. Però nel frattempo avvenne l'incontro con i miei attuali collaboratori e soci, e la loro seguente entrata nella cooperativa che avevo precedentemente fondato, la cooperativa ARCA. Abbiamo discusso molto in quegli anni, un periodo, tra l'ottantasette e l'ottantotto, in cui Catania era caratterizzata dalla "morte civile". In Sicilia, ed a Catania in particolare, si discute molto delle cose da fare, ma molto, però si concretizza poco. Allora abbiamo deciso di rendere praticabile la nostra idea. Lapis sta per matita, segnatura. E' chiaro che l'uscita in campo di questo foglio a distribuzione gratuita, che doveva vivere solo della pubblicità, non era molto facile; dovevamo inizialmente mantenere il giornale, non noi, prima il giornale. Le difficoltà iniziali sono state parecchie, ci è voluto del tempo per far capire ai catanesi cos'era Lapis, far capire cos'era Lapis e come potevano utilizzarlo. Però con molta caparbia c'è l'abbiamo fatta. Dopo qualche anno di vita l'esperienza di Lapis si intreccia con i nuovi fermenti del centro storico catanese, la nascita di nuovi pub e di una ritorno alla vita sociale. Posso dire che i pub sono cresciuti insieme a Lapis e Lapis è cresciuto assieme ai Pub, perché ogni locale che apriva voleva la presenza sul giornale. Le ritrosie però restavano, soprattutto dai commercianti tradizionali, fino a quando non sono iniziate ad apparire sul giornale le pubblicità istituzionali, che hanno contribuito a consolidare la presenza sul territorio del giornale. Ciò ci ha permesso poi di crescere con le altre pubblicazioni che la cooperativa cura, fatte solo con i nostri sforzi, cercando pubblicità e con pochi interventi pubblici. La mia soddisfazione, ma anche quella degli altri credo, è che il giornale si pone come un punto di riferimento sicuro per i tantissimi che ci seguono.


In questi anni abbiamo avuto modo di assistere a numerosi cambiameti, è innegabile che Catania è molto più viva rispetto a molti anni fa, pur con le moltissime contraddizioni che la caratterizzano. Qual è il tuo punto di vista su questo tema.

Non voglio correre il rischio di fare della facile sociologia; viviamo in una società molto complessa sulla quale da tempo ho smesso di ragionare. Una mia scelta personale. Credo che i catanesi amino molto divertirsi ma, d'altra parte, sono pronti anche a rinchiudersi facilmente. In fin dei conti il nostro ruolo è stato quello di informare i catanesi, e non solo, del fatto che esiste un'attività, chiamiamola culturale in modo molto ampio, che è anche divertente. Non per forza la cultura deve essere qualcosa di serio e noioso. Credo che abbiamo contribuito a far capire che potevano scegliere tranquillamente un posto dove passare la serata senza troppi patemi d'animo; nei pub si fa della musica, non mancano i gruppi teatrali e numerosi altri che cercano di andare avanti in questo magma. In questi anni è cresciuta una vita culturale da parte dei giovani e per i giovani che fa di Catania una delle realtà più vive d'Europa. Certo non bisogna lasciarsi illudere dalle apparenze, ci sono altri problemi che giornalmente ci accompagnano, legati alla qualità della vita, alla pulizia della città, alla qualità dei servizi, problemi, certamente, riscontrabili anche in altri contesti, non lo nego. Purtroppo però, forse quello che manca è un progetto unificante per la città che abbracci i vari settori della società e, soprattutto, l'individualismo imperante che caratterizza questi anni. Credo che sia molto, ma molto deleterio e può causare molti danni a questa città. Credo che in questo momento stiamo vivendo una piccola fase di regressione, non lo dico per critica all'amministrazione attuale, ma credo davvero che troppo individualismo sia deleterio sotto molti punti di vista. Non posso accettarlo perché non sono mai stato un individualista. Personalmente ho sempre cercato di costruire sinergie con gli altri operatori culturali presenti a Catania. Alcune volte ci sono riuscito altre no, però non posso sicuramente rimproverarmi di non averci tentato.

Zoom 85
in questo numero:

"Un altro mondo è possibile":
speciale Girodivite su Porto Alegre

Girodivite scrive a Letizia Moratti...

Consigli per la dieta...
(in collaborazione con MacDonald's)
Rosso o blu: la riforma fiscale del governo...
Indymedia / Storia del coniglietto vibratore, di gaetano mangiameli
Micromega / Un referendum contro la legge sulle rogatorie. Come aderire.

Savoia Vittorio Emanuele, tessera P2 numero 1621...

Bologna / Il Forum Sociale nazionale: sì allo sciopero generale, di gaetano mangiameli.
Addio alla lira... ma siamo già europei?, di alessandro calleri
Le cifre del "villaggio globale"

[Kaoticamente] Avvistamenti
Un altro mondo è possibile... non in Italia: Scaloja, Sgarbi, Rai, i komunisti...
Accade... A Catania le associazioni sfrattate, Libera ha "finalità poco chiare", conviamo con la mafia...

[StopBus]
Voci catturate aspettando il bus, a cura di angelo l. pattavina
StopBus two

[Segnali di fumo]
a cura di Pina La Villa

[ZeroBook]
La banda dei (giro)brocchi (Coe)
Una stanza chiusa a chiave (Mishima)
Nick Horby narratore dei nostri giorni

[Kaoticamente]

[Risonanze]
Michael Gira
Visioni: Dazeroadieci (Ligabue)
Jimmy Grimble (Hay)

[Movimento]
L'attacco a Indymedia...
Parla la madre di Carlo Giuliani
Lo sciopero nazionale del 5 aprile.

[Catena di san Libero, di Riccardo Orioles]


Nel numero (84): "Rissi u surci: Rammi tempu ka ti perciu..."
Moratti Letizia... assente! Iniziativa di Girodivite: Fà una domanda alla Moratti.
Le immagini della manifestazione: Aspettando Letizia

Il quiz per i lettori di Girodivite: "Cosa c'è dietro?"
Il Vittorini: il giornale del liceo scientifico di Lentini
Cravatta dell'anno? Paolo Limiti. Moretti, Berluska, la rinascita della DC, piccoli Cucuzza crescono...
Alessandra Mussolini e la circoncisione, Dario Fo, le vignette di ElleKappa e Vauro...

Nel numero (83): "Fatti a nomina e vo' kukkiti"
No alla chiusura dell'Auro / le foto del sit-in, i documenti
Librino l'ombelico del mondo
Intervista a Bartolomeo Pirone: alla ricerca dell'Islam perduto.
Un carro armato per lavorare: a Catania Job-Sud 2002
"Gent.le vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini: Girodivite Le scrive..."
"Hai un'amico idraulico? Chiamalo subito!": un buon consiglio di Dario Fo & Franca Rame
[Humour] Upgrade...

Nel numero (82): Ku nun mancia, nun fa muddiki
Abbiamo le prove: Berlusconi ci ha scritto!
La satira sul web: Votantonio Previti e la Boccassini...
Come dovrebbe essere il "perfetto europeo"...
Storie di ordinaria immigrazione, di Alex Calleri
Catania / Più topi o più biblioteche?

Nel numero (81): "Nkoppu kabbanna nkoppu dabbanna..."
Festa di Lapis
speciale con foto, articoli ed interviste
Girodivite chiede a Ezio Mauro direttore di La Repubblica...
Gli insegnanti del Boggio Lera contro la Moratti e con gli studenti
Intervista a Babbo Natale
Il discorso all'umanità di Beppe Grillo

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