Le più antiche forme letterarie riguardano la lirica
religiosa ("Carmen saliare", inno rituale dei sacerdoti salii,
che già in età repubblicana risultava incomprensibile
agli stessi sacerdoti, e che ci è giunto in frammenti
oscuri e probabilmente molto corrotti; altrettanto difficile
l'interpretazione del "Carmen arvale", inno rituale dei sacerdoti
arvali ecc.), popolare (canti di lavoro, militari ecc.), canzoni
epiche sulle gesta degli antenati che furono in parte alla base
della storiografia latina, oratoria (elogi funebri, politici),
cronache elementari ("Annales maximi", redatte dai pontefici
massimi, in 80 libri la pubblicazione risalente alla fine del
II secolo -). Con l'espansione in Italia meridionale, nelle
regioni civilizzate dai greci, e nel mediterraneo occidentale,
si formò un ceto imprenditoriale. Consistente divenne
l'influsso greco, pur riuscendo, la cultura romana, a esiti
propri. La sensazione che si ha è che i romani riuscirono
a usare il materiale umano e culturale proveniente dalle regioni
greche, per costruire una cultura romana autonoma ma non distante
da quella greca, avendo sempre, nei confronti della cultura
greca un atteggiamento ambivalente: attrazione verso forme più
raffinate e superiori di cultura, e sospetto per il pericolo
di una perdita d'identità. I romani derivarono dalla
colonia calcidica di Cuma l'alfabeto. Lo stesso "saturnius",
il metro latino arcaico (sostituito poi dall'esametro dattilico
greco), sembra strutturato a partire da modelli greci. Gli inizi
della letteratura latina propriamente detta si fanno risalire
all'opera di Livius Andronicus (III secolo -). Egli è
un ex schiavo tarantino: Taranto era la città greca più
importante conquistata dai romani fino ad allora. Fatto schiavo
durante la guerra tarantina, fu condotto a Roma (272-) dove
si occupò dell'istruzione dei figli del suo padrone,
un certo Livius Salinator che poi lo affrancò. Livius
tradusse l'"Odissea" in saturni facendola così conoscere
ai romani. Nel 240- rappresentò la prima tragedia, rielaborata
da un modello greco. Con questa rappresentazione si data tradizionalmente
l'inizio della letteratura latina. Del suo teatro, tragedie
e commedie, abbiamo scarsi frammenti. Sappiamo che nel 207-,
in occasione della battaglia del Metauro (seconda guerra punica)
compose per incarico ufficiale un inno a Iuno Regina. L'opera
di Livius Andronicus fu molto popolare: in seguito fu disprezzata
come rozza. Di poco più giovane era Gneus Nevius.
La denominazione di Circolo degli Scipioni risale a Cicero, ed è sostanzialmente azzeccata. Il "circolo" si formò intorno alla metà del II secolo (-) attorno alla potente famiglia degli Scipioni. Vi fecero parte nobili come Scipio Aemilianus, Gaius Laelius, Furius Filus. Essi promossero a Roma interessi letterari e filosofici, protettori di Terentius e di Lucilius, ebbero stretti contatti con grandi personalità della cultura greca del tempo, tra cui Panetius e Polibius. Ebbero una notevole influenza sullo sviluppo della letteratura e della cultura latina.
Titinius, Lucius Afranius, Titus Quintus Acta provano la commedia di ambiente italico (fabula togata).
Lucius Pomponius e Novius, nel periodo sullano, danno dignità artistica all'antico teatro popolare italico (fabula atellana).
Nel settore storiografico Polibios
produce una grossa trasformazione, che produce opere maggiormente
riflessive dal punto di vista concettuale e tecnicamente più
solide con Lucius Coelius
Antipatrus, e soprattutto Lucius Cornelius Sisenna
continuato da Sallustius.
Ellenistici sono un gruppo di poeti che traducono nella lirica breve il loro individualismo e precorrono il gruppo dei neòteroi: Quintus Lutatius Catulus, Porcius Licinius, Gaius Valerius Edituus.