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Un mondo che cambia

Tutti i paesi e tutte le regioni del mondo hanno approfittato, ma in maniera diversa "dell’era della Globalizzazione", che è cominciata nell’ultimo quarto del XX ° secolo, dunque circa trenta anni fa.

di Thierry Abdon AVI - giovedì 6 dicembre 2007 - 2274 letture

Le previsioni annunciano il 2008 come un anno particolarmente difficile: il rallentamento o forse addirittura la fine temporanea di una crescita economica alla quale ci siamo abituati, e un possibile ritorno dell’inflazione, questo male troppo rapidamente dimenticato e che, come un topo, corrode con apparente dolcezza il potere d’acquisto delle persone, e le sostanze delle imprese e dei paesi.

Se, purtroppo, queste previsioni fossero corrette, il mondo uscirebbe da uno dei periodi più belli e più lunghi di prosperità che abbia mai conosciuto, per entrare in una nuova crisi la cui durata non è assolutamente prevedibile.

Tutti i paesi e tutte le regioni del mondo hanno approfittato, ma in maniera diversa "dell’era della Globalizzazione", che è cominciata nell’ultimo quarto del XX ° secolo, dunque circa trenta anni fa.

Vediamo cosa ci dicono le cifre del 2006 (rapporto ONU, relazione generale 2006 Ministero Economia e Finanze Italia): il prodotto interno lordo mondiale è cresciuto di 5,4 %. Le economie dei paesi sviluppati hanno registrato un tasso di crescita del 2,9 %, mentre i paesi emergenti ed i paesi in via di sviluppo, hanno raggiunto il livello straordinario di 8,1 %. l’Asia è stata d’esempio con una crescita del 9,8% (11,1% per la Cina e 9,7% per l’India). Ma altri paesi si sono impegnati allo stesso modo : 7,7% di crescita nella “Comunità degli stati indipendenti" (con il 6,7% per la Russia ed il 6,3% per i paesi dell’Europa centrale ed orientale); 5,7% per l’Africa subsahariana e 5,6% per l’Africa nell’insieme; 5,6% in Medio Oriente; e 5,5% per le Americhe. Quest’espansione diffusa, si spiega con la crescita rapida del commercio mondiale (9,2% nel 2006), lo spostamento dei capitali, in particolare verso i paesi emergenti ed in via di sviluppo: 348,5 miliardi di dollari, cioè 280 miliardi di euro, nel 2006. La zona euro, da parte sua, si è svegliata: la sua crescita nel 2006 è stata pari al 2,8% (contro l’1,4% nel 2005). L’evoluzione accelerata dell’economia mondiale ha avuto per effetto, tra l’altro, di modificare la classificazione dei paesi ed il peso relativo dei continenti, gli uni rispetto agli altri. Gli Stati Uniti non sono più il primo esportatore mondiale, neanche il secondo: la Germania li ha superati per installarsi al primo posto e la Cina li ha appena “sloggiati” dal secondo. Quest’ultimo paese ha prodotto più macchine nel 2006 che gli Stati Uniti e, nel 2007, la giapponese Toyota prenderà il posto di General Motors, come primo produttore mondiale di automobili. Anche nel settore finanziario, l’America ed il dollaro sono caduti dal piedistallo; il dollaro si indebolisce di giorno in giorno, ma è sempre la valuta di riserva preferita delle banche centrali; ciò nonostante, non è più la forma cash gradita dalle casalinghe e dalle società, per non parlare delle top model...

Ci sono ormai in circolazione più euro che dollari. Sul mercato obbligazionario internazionale, l’euro ha sostituito il dollaro come prima valuta di scambio. E la capitalizzazione di Wall Street è oggi eclissata da quella dell’Europa (nel senso largo, Russia compresa). La prima impresa del mondo è americana, secondo la rivista Fortune, che ha attribuito questo posto a ExxonMobil nel 2006. Ma, in realtà, la saudita Aramco, che non appare nella classifica, ha un fatturato ben superiore. La Banca Goldman Sachs prevede che il PIL della Cina (ai tassi di mercato dei cambi) supererà quello dell’America verso 2027, ma sulla base della parità del potere d’acquisto, la Cina potrebbe diventare il numero uno entro quattro anni. Il settimanale The Economist, che ha tenuto a sottolineare questo declassamento degli Stati Uniti, ha aggiunto con umorismo: Ovviamente, l’America conserva un ampio vantaggio in molti settori. Ad esempio, è il paese più indebitato al mondo; il più grande consumatore di energia; ha la popolazione carceraria più numerosa. Ma non è certamente un pregio di cui vantarsi...

Denigrata, giudicata irregolare, la mondializzazione avrà permesso in ogni caso a molti paesi, fra cui le famose BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) che compongono la metà della popolazione mondiale e che sono sulla via dell’industrializzazione, di essere in corsa per mettersi oppure rimettersi nel gruppo di testa tra alcuni decenni.

Se crisi ci sarà nel 2008, sarà la prima di questo XXI° secolo, che tuttavia è ricco dei cambiamenti descritti sopra. Si pone la domanda: chi dei paesi emergenti o dei paesi sviluppati ne soffrirà di più? Nessuno lo sa. Le precedenti crisi, i due shock petroliferi del 1974 ed il 1979, il crac della borsa del 1987, la caduta dell’impero sovietico nel 1991, le crisi finanziarie asiatiche del 1997 e del 1998 hanno, ciascuno in modo proprio, modificato l’equilibrio politico economico mondiale. La crisi di cui ci viene annunciata l’imminenza potrebbe, se venisse confermata, portare a cambiamenti molto più sorprendenti!

Viviamo certamente in un mondo in movimento: i primi di ieri lo saranno ancora domani? I ritardatari di ieri proseguiranno nella via del recupero del tempo perso ? È la grande sfida di questo XXI° secolo che presto avrà otto anni.


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