TRA DISSESTO E INFORMAZIONE

di Enea - martedì 16 dicembre 2008 - 4242 letture

“Le parole sono pietre”: mai citazione fu più appropriata come nel caso di Catania. Si continua, infatti, ad utilizzare il termine dissesto con la sua nefasta connotazione lessicale, ma, se al comune di Catania si parlasse, come sarebbe più appropriato, anche di risanamento, chi potrebbe dichiararsi contrario? Ricorrendo esclusivamente alla parola dissesto, appare più spontaneamente naturale mostrare il proprio dissenso nei confronti del concetto da essa veicolato, poiché l’immediata percezione del termine, purtroppo, con la sua connotazione emotiva, non incoraggia ad una ricerca più approfondita e meno semantica dei fatti. In vero, il Testo unico enti locali utilizza il concetto di dissesto intendendo con esso “fine del dissesto” ed “inizio del risanamento”, ma nessuno sembra essersene accorto. Tutti sono appiattiti, assai superficialmente, sulla mera enunciazione terroristica delle conseguenze negative che l’abuso del termine induce, senza essersi prima occupati del dovuto approfondimento concettuale. Posto che la normativa vigente nasce come opportunità offerta dal legislatore per il risanamento degli enti strutturalmente deficitari, non si capisce come il Comune di Catania, ove ricorrono tutti i presupposti per dover dichiarare il dissesto, fino a rendersi, in via sostitutiva, obbligatorio l’intervento dell’assessorato regionale agli Enti Locali, continui, a negarne l’evidenza, anche di fronte ai dubbi sollevati recentemente dalla Corte dei Conti. Certo è demagogicamente più facile appellarsi alla salvaguardia dei creditori, asserendo che verrebbero pagati in quota ridotta, senza però aver parlato prima della differenza fra procedura ordinaria e procedura semplificata e tacendo sull’obbligo nella procedura ordinaria di pagare per intero i fornitori con interessi e rivalutazioni maturati alla data di dichiarazione di dissesto. E’ altrettanto facile agitare lo spauracchio della temuta perdita di posti di lavoro, omettendo che il comune di Catania rientrerebbe nei parametri previsti per il mantenimento degli attuali livelli occupazionali, o ignorando che, in ogni caso, il costo del personale, eventualmente in mobilità, sarebbe sostenuto per intero e per tutta la durata dal Ministero dell’Interno. Un altro argomento terroristico, cui si fa frequentemente ricorso, è la presunta conseguente applicazione delle tariffe di base - imposte e tasse - ai massimi livelli. Anche qui si nasconde che la tassazione comunale è già in vigore al massimo livello, pur senza i benefici di efficacia ed efficienza che i catanesi meriterebbero. Soprattutto, appare assai malcelato l’intento demagogico, ove si tenti ancora di aggrapparsi all’asserita mancanza di risorse. Non si tiene, difatti, conto che la sola mobilitazione del patrimonio immobiliare basterebbe a coprire l’indebitamento pregresso, nonostante sia impossibile quantificare i debiti fuori bilancio, ivi compreso quelli, a sorpresa, dei famigerati “poteri speciali”. Non si parla, inoltre, degli avanzi di amministrazione destinabili nei cinque anni del risanamento, non si quantificano i residui attivi da riscuotere, non si dice della destinabilità dei mutui non utilizzati o della possibilità di nuovo indebitamento, anche se per limitate fattispecie, né si accenna alle probabili provvidenze statali o regionali fruibili, come avvenuto per altri comuni recentemente “dissestati”. Certamente sarebbe cosa assai diversa se quel patrimonio immobiliare disponibile venisse alienato da commissari indipendenti nominati dal Ministero dell’Interno o se la procedura di risanamento fosse attuata lungo un percorso predefinito e costantemente monitorato, a pena di scioglimento del consiglio comunale e a pena di sanzioni penali per gli amministratori inadempienti. Ma tant’è. Pur essendo certa, per buona pace degli amministratori di sempre, l’impossibilità di individuare, in quella sede, eventuali responsabili del dissesto galoppante e pur essendo ormai certo che la normativa vigente predispone un quadro per cui non si può uscire dal dissesto senza la dichiarazione di dissesto, si continua a rifiutare la soluzione proposta e imposta dalla legge. Frattanto, come nelle imprese private in stato di illiquidità, il perseverare produce sempre nuove voragini. Con l’apertura del risanamento, a seguito di dichiarazione di dissesto, invece, tutto ripartirebbe da zero, con la garanzia della eliminazione delle carenze strutturali, con la certezza del risanamento delle aziende partecipate o autonome e, soprattutto, senza il peso dell’indebitamento pregresso. Diciamo che i nostri rappresentanti, maggioranza e opposizione, non hanno studiato sufficientemente la questione e si accontentano del sentito dire. Forse non è solo disinformazione e allora, a voler essere sospettosi, cosa pensare? In ogni caso, quanto dovrà costare ancora alla città che va morendo ogni giorno che passa? L’alternativa è, infatti, lasciare le cose come stanno o star bene da subito. .

Dott.ENEA LENZO

(già presidente del Collegio dei revisori del Comune di Catania) (già presidente di Organo Straordinario di Liquidazione di Comune in dissesto finanziario)


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