Malpensa

Per ritornare nella realtà si potrebbe proporre di dedicare Malpensa ad un lavoratore morto sul lavoro. Un lavoratore preferibilmente “uomo”, solo perché i morti sul lavoro sono in gran parte uomini che svolgono attività manuali.

di Salvatore A. Bravo - martedì 23 luglio 2024 - 223 letture

L’aeroporto di Malpensa è stato dedicato a Silvio Berlusconi. I giovani dem raccolgono firme per “detitolare” l’aeroporto. Si valuta il ricorso al TAR e si organizzano manifestazioni. Di Palma (Enac) ha dichiarato: “Stupito dalle polemiche, negli Usa hanno dedicato un aeroporto a Kennedy”. Insomma, ancora una volta, va in onda la Versailles italiana. Le sinistre al suono della parola Berlusconi ritrovano l’unità, i giovani dem si organizzano sulle piattaforme per “lo scandalo”, mentre la sinistra sostiene la guerra che si finanzia tagliando i diritti sociali. La solita Italia della “politica minima” e “senza ideali”.

Un aeroporto dedicato ad un uomo condannato per frode fiscale e che non è stato un fulgido modello di trasparenza è sicuramente anomalo, ma in linea con la politica trasversale ad ogni partito finalizzata a difendere i particolarismi e le oligarchie. Il paragone con Kennedy potrebbe far sorridere, malgrado il Presidente degli Stati Uniti sia anch’esso personaggio discutibile tra ombre e luci.

In tutto questo marasma resta fuori il paese reale sempre più precario e sempre più sotto lo zoccolo di ferro dell’aziendalizzazione totalitaria. In questo clima da Versailles o da scollatura schizoide dal “crudo vero” taluni propongono di titolare l’aeroporto ad una donna. Si risponde al divorzio con la realtà mediante il politicamente corretto. Si resta prigionieri delle grammatiche del potere che utilizzano certi temi dal facile consenso irriflesso per essere “popolari”, mentre la nazione reale è lacerata da contraddizioni e da violenza. Per ritornare nella realtà si potrebbe proporre di dedicare Malpensa ad un lavoratore morto sul lavoro. Un lavoratore preferibilmente “uomo”, solo perché i morti sul lavoro sono in gran parte uomini che svolgono attività manuali.

Nel 2023 i morti sul lavoro sono stati 1041, 86 donne riportano le statistiche. Ogni vittima è meritevole egualmente della nostra attenzione e della nostra rabbia etica. Sono uomini e donne che lavoravano per portare il pane a casa e che lasciano dietro di sé il dolore dei sopravvissuti spesso lasciati soli e disperati dal sistema Italia.

Dedicare Malpensa ad uno di loro sarebbe un bel modo per denunciare che in Italia ci sono uomini e donne che si sfiancano di lavoro fino a morirne e che la competizione anglo-globalista richiede misure di sicurezza al ribasso e orari di lavori disumani. I ricchi diventano sempre più ricchi, mentre i poveri perdono se stessi (reificazione) e anche la vita sul lavoro.

Si dovrebbero dedicare piazze e strade, anche, ai lavoratori e alle lavoratrici che sono stati cannibalizzati sul lavoro, affinché il sistema possa essere competitivo e produttivo. I caduti sul lavoro: uomini, donne o migranti che siano, sono tutti egualmente vittime di un sistema in cui si lavora e si può essere poveri; si lavora e si può morire. Non sono considerati esseri umani, ma braccia e forza muscolare, ovvero dei semplici mezzi da rimpiazzare. I sindacati e il popolo del lavoro dovrebbe cominciare ad esigere tali intitolazioni, perché la ricchezza prodotta dalla nazione non è immacolata ma macchiata dal sudore, dalle lacrime e dal sangue di circa un migliaio e anche più di martiri del lavoro senza dimenticare parenti, mogli, mariti e figli. Il dolore è esperienza sociale.

La coscienza di classe può cominciare a ricostituirsi congedandosi dai “grandi” e guardando la storia dalla prospettiva dei “piccoli” che la fanno realmente fino a morirne.


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